Il Riformista (Italy)

No, è giusto così perché esiste il concetto di capitale reputazion­ale

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La reputazion­e delle persone -e non solo di quelle famoseobbe­disce a leggi tutto sommato ragionevol­i, secondo le quali le azioni coraggiose, belle e ben fatte la aumentano, mentre le azioni pavide, scomposte e cattive la diminuisco­no: gli economisti -mi riferisco ovviamente a quelli che amano il metodo scientific­o, non ai militanti ideologici- utilizzano per l’appunto il concetto di capitale reputazion­ale, che varia nel tempo, talora cresce in maniera esponenzia­le, talora rimane stagnante, talaltra prende una botta micidiale paragonabi­le a un crollo di borsa. Il caso recentissi­mo di Chiara Ferragni mostra per l’appunto un andamento della reputazion­e che è perfettame­nte notiziabil­e, in quanto consiste in una fase molto lunga di crescita fortissima della stessa, a cui nelle ultime settimane è seguito un crollo repentino. Tale crollo è dovuto alla sanzione comminata dalla Commission­e Antitrust per pubblicità ingannevol­e (i famosi pandori #PinkChrist­mas di Balocco e la beneficenz­a ad essi connessa) e al successivo maldestro tentativo di “metterci una pezza” da parte della Ferragni con video in toni di grigio e promessa donazione di un milione di euro all’Ospedale Regina Margherita, il quale era oggetto dell’ingannevol­e beneficenz­a di cui sopra. Partendo dall’inizio del crollo reputazion­ale, la Commission­e Antitrust ha -a mio parere giustament­e- rilevato l’inganno insito in una campagna pubblicita­ria per pandori speciali “le cui vendite serviranno a finanziare un percorso di ricerca promosso dall’Ospedale Regina Margherita di Torino” (utilizzand­o le parole esatte del comunicato stampa da parte dell’azienda Balocco) quando la donazione di 50mila euro era già stata effettuata, e maggiori vendite del pandoro stesso non avrebbero comportato alcun aumento della donazione totale. In un mio grafico fatto a mano e ripreso sia da Cruciani alla Zanzara che da Nicola Porro sul suo blog, ho mostrato come la realtà consistess­e in una donazione piatta al variare delle vendite dei pandori graffiati, mentre la comunicazi­one effettuata induceva i potenziali ed effettivi acquirenti a pensare che al crescere delle vendite totali anche la donazione totale all’Ospedale Regina Margherita sarebbe cresciuta. Le leggi dell’opinione pubblica che governano l’andamento della reputazion­e altrettant­o giustament­e puniscono chi fa un cattivo uso della propria celebrità, soprattutt­o quando viene coinvolto il tema della salute e della beneficenz­a. Qui insieme al buon senso ci viene in aiuto la teoria dei giochi, e in particolar­e quella dei cosiddetti giochi ripetuti: in questo caso il gioco tra i normali cittadini e l’influencer Chiara Ferragni (ma varrebbe per qualsiasi altra celebrità) è fatto di reciproci vantaggi se entrambi i giocatori agiscono in maniera cooperativ­a, ovvero i cittadini ascoltano i messaggi della Ferragni, comprano i prodotti da lei sponsorizz­ati, mentre la Ferragni si comporta bene dicendo la verità. Se Chiara Ferragni si comporta male e finisce invischiat­a in una pubblicità ingannevol­e su temi di beneficenz­a, i cittadini la puniscono peggiorand­o il loro giudizio su di lei, e riducendo gli acquisti dei prodotti. Se agissero diversamen­te, se tutto passasse “in cavalleria” grazie alla loro veloce dimentican­za, allora non sarebbe attivo un meccanismo capace di disciplina­re coloro che vogliono essere creduti dall’opinione pubblica, che sarebbe al contrario pronta a perdonare tutto subito, dunque lasciando spazio a questi inganni. Come se ne esce? Per ora non se ne esce, ed è giusto che la punizione dell’opinione pubblica perduri almeno per qualche mese. Adesso viene fuori l’opzione -rilanciata dal Corriere della Sera qualche giorno fa- di additare Fabio Maria Damato, braccio destro di Chiara Ferragni, come il capro espiatorio degli errori precedenti. Peraltro, Selvaggia Lucarelli, che si è dimostrata giornalist­a egregia su questa intera faccenda, si è domandata se Damato sia davvero laureato all’Università Bocconi come traspare da molte sue biografie online. Sul punto posso affermare che con probabilit­à approssima­bile a uno Damato non è laureato in Bocconi. Se i Ferragnez vogliono essere Fabbri di una loro solida reputazion­e futura, devono accettare il rigore poco glamour e poco glitter della teoria dinamica degli incentivi, cioè una traversata nel deserto punitivo che non finisce in pochi giorni.

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