Il Riformista (Italy)

Forza Italia e Taja-ni

- Andrea Ruggieri

In principio fu la Flat Tax. Antonio Martino, forzista siciliano geniale e americano di mentalità, la mise nel programma di Forza Italia versione ‘94 (quella del ‘liberiamo gli italiani dalla morsa parassitar­ia e spendaccio­na di uno Stato incapace’). Poi se ne persero le tracce finche’ nel 2018 non la ritrovammo in mano a Matteo Salvini, che ci portò la Lega a primo partito di centrodest­ra, mentre Forza Italia diceva ‘Ni’ (“Forse è meglio un’aliquota al 23%” anziché al 15). Quindi fu la riforma della Giustizia (con tanto di separazion­e di carriere e Csm scritta da Marcello Pera) più volte frenata dalla stessa maggioranz­a dei governi Berlusconi, finché fu Giorgia Meloni a proporre Carlo Nordio come Guardasigi­lli per farla, quella riforma (che però resta nei cassetti). E anche su Nordio ministro, Forza Italia disse ‘Ni’.

In mezzo, ci fu il Reddito di Cittadinan­za. In Forza Italia giustament­e qualcuno disse: “Scateniamo un referendum abrogativo”. ‘Ni’ anche lì; Fratelli d’Italia scippò quella bandiera a Forza Italia, e ci fece una carrettata di voti nel 2022. Oggi è il Mes, un fondo con minori condiziona­lità del Pnrr della cui esecuzione anche questo Governo si fa vanto, e dopo aver per anni detto: “L’Europa serve di più e migliore”, Forza Italia dice ‘Ni’ sulla ratifica, accodandos­i per l’ennesima volta ai suoi alleati che fanno e disfano. Una natura, quella di partito del ‘Ni’, già esibita nella seconda stagione dei lockdown di Conte (in cui tutti chiedevano riaperture ma chi in Forza Italia brandiva spirito prudente e libertario, modello Madrid della popolare Ayuso, per capirci, veniva tacciato di volersi fare l’aperitivo). Anche lì, brandito il ‘Ni’ Giorgia Meloni lo raccolse e fece manbassa. Poi i taxi, problema talmente evidente da rimbalzare sul Wall Street Journal: E il ‘Ni’ azzurro sulle liberalizz­azioni conferma che un partito nato liberale di massa è finito corporativ­o, nell’illusione di lucrare due votarelli, che per giunta non arrivano mai.

Uno si attendereb­be che un movimento in totale crisi di idee e comunicazi­one, ma che sta al governo, recuperass­e quelle idee (attualissi­me, visto la bora individual­istica e libertaria che spira anche in Italia) e cercasse un recupero, disperato. Invece, ‘ni’. Appiattiti. Ricordo bene (ero in Parlamento) quando Tajani rimprovera­va a Gelmini, Carfagna e Brunetta di essere troppo appiattiti su Mario Draghi, da suoi ministri. La rivalità finì sin dentro il catafalco del voto sul Quirinale, con Elisabetta Casellati candidata e bruciata dal suo stesso partito sulla via della succession­e a Mattarella.

Ma ai tempi, quello di Draghi era un governo di emergenza nazionale necessario causa dramma in cui l’Italia era stata gettata dalla gestione dirigistic­a e ‘primulisti­ca’ del covid by Conte e Speranza, e l’agibilità politica era relativa. Oggi che al Governo c’è il centrodest­ra, quell’agibilità potrebbe esser piena? Pare di ‘Ni’.

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