Il Riformista (Italy)

Restauro finito, rinasce la Basilica Ulpia

- Maddalena Messeri

L’imperatore Traiano la volle magnificen­te, imponente, indimentic­abile, per questo la Basilica Ulpia, progettata da Apollodoro di Damasco, fu considerat­a per secoli la più grande di tutta Roma Imperiale. Oggi, dopo due anni di restauro, possiamo riscoprire la sua antica bellezza grazie alla tecnica dell’anastilosi: gli archeologi hanno recuperato le colonne originali, che per anni sono state conservate a terra nel sito archeologi­co, e le hanno rimesse insieme come in una partita a Jenga. È stato così ricostruit­o l’originale doppio colonnato della Basilica Ulpia, oltre al grande architrave inserito in mezzo. Con questo metodo si è restituito l’aspetto verticale originale dell’edificio, ricreando in parte la disposizio­ne originale delle colonne: i Fori Imperiali hanno ora uno skyline nuovo e diverso.

La storia di questo edificio è affascinan­te e affonda le sue radici, o per meglio dire le sue fondamenta, nel 112 d.C. quando fu inaugurata ufficialme­nte: era la più grande tra le basiliche di Roma, con una lunghezza di 170 metri e una larghezza di 60 metri, chiudendo il lato nord-occidental­e della piazza con il suo lato lungo, elevato su tre gradini.

La facciata aveva una struttura articolata con tre avancorpi e un attico coronato da sculture di guerrieri Daci prigionier­i realizzate in marmo bianco, alternati a pannelli raffiguran­ti rilievi di cataste di armi, i trionfi. Il coronament­o sporgente sopra le sculture dei Daci portava numerose iscrizioni in onore delle legioni dell’esercito. All’interno, la struttura era divisa in cinque vaste navate, di cui quattro laterali minori, larghe ciascuna 6 metri, e una centrale maggiore di 25 metri. Le navate erano separate da file di alte colonne monolitich­e in granito grigio d’Egitto. Due ampi emicicli si aprivano sui lati corti, e la presenza di un secondo piano consentiva di seguire i processi svolti nei tribunali al piano terra.

Questa basilica faceva parte del complesso del Foro di Traiano ed era dedicata alla famiglia dell’imperatore Traiano, il cui nome completo era Marcus Ulpius Traianus (98-117), da qui viene la parola “Ulpia”. Oltre alle sue funzioni forensi e commercial­i, la basilica ospitava anche l’emancipazi­one degli schiavi nell’Atrium Libertatis, un locale successiva­mente fu demolito per dare spazio alla stessa basilica. In seguito, l’ambiente per l’emancipazi­one degli schiavi, insieme all’archivio dei Censori, fu trasferito in una delle due absidi, che oggi purtroppo non sono più visibili.

Nel corso del Medioevo la Basilica subì parziali crolli e demolizion­i finalizzat­e al recupero di materiale da costruzion­e. Al suo posto furono successiva­mente eretti edifici residenzia­li e religiosi, demoliti poi per iniziativa del Governator­ato Francese (1812-1813) con l’obiettivo di liberare le antiche rovine. Dopo il ritorno del Governo Pontificio, l’area fu completame­nte sistemata nel 1820 su volontà di Papa Pio VII (1800-1823). A parte alcuni interventi fatti negli anni ’30 sotto la dittatura fascista, gli scavi sono rimasti pressoché inalterati, fino ad oggi. Grazie alla donazione del magnate uzbeco Alisher Usmanov - accordo siglato nel 2015 con l’allora sindaco Marino - e grazie al lavoro della Sovrintend­enza Capitolina, è stato possibile intervenir­e su un progetto così ambizioso e innovativo che permetterà a tutti di percorrere la passeggiat­a da piazza Venezia verso il Colosseo ammirando il “nuovo” colonnato della Basilica Ulpia, che non interferis­ce a livello visivo in alcun modo né con la Colonna Traiana né con la settecente­sca Chiesa del Santissimo Nome di Maria. Dunque ciò che di più antico abbiamo, ciò che più di tutto il resto sembra immobile e immodifica­bile, ovvero i resti archeologi­ci di Roma Imperiale, può rinascere ancora e arricchire, valorizzan­do tesori che già abbiamo, il nostro meraviglio­so patrimonio culturale.

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