I salari italiani sono fermi al 1991 Serve una rinnovata produttività
Bisogna incentivare i lavoratori a non uscire dal mercato del lavoro, oltre che ridurre il divario salariale tra le regioni del nord e quelle del sud
Uno studio presentato dall’Inapp – Istituto Nazionale per le Analisi sulle Politiche Pubbliche - presso la Camera dei Deputati, ha messo in luce come i salari italiani sono di fatto rimasti fermi al 1991, con una crescita dell’1%, contrariamente a quanto accaduto nel resto dei Paesi Ocse dove la crescita dei salari ha fatto registrare un aumento del 32% circa. Per tradurlo in un linguaggio più comprensibile ai lettori potremmo dire che se nel 1991 la quantità di beni che un lavoratore italiano con il proprio salario poteva acquistare era uguale a X, nel 2023 quella stessa quantità risulta più difficile da acquistare a causa di un potere d’acquisto diminuito. In sintesi una bassa produttività del lavoro che resta però superiore rispetto alla retribuzione media. Ma perché si fa riferimento proprio al 1991? Sicuramente perché a partire dal 1992 venne abolito il meccanismo della cosiddetta Scala Mobile. Tale metodo veniva considerato essenziale per tutelare sia gli stipendi che le pensioni perché agganciava automaticamente il valore delle retribuzioni al costo della vita così da non permettere alle oscillazioni inflazionistiche di assorbire tutto il potere di acquisto dei lavoratori. La Scala Mobile veniva calcolata analizzando i prezzi dei beni di largo consumo e i salari venivano adeguati soltanto sei mesi dopo l’aumento dei prezzi. Meccanismo che iniziò ad essere demonizzato già sul finire degli anni Settanta quando persino la Banca D’Italia esternò previsioni negative sull’applicazione della Scala Mobile come metodo di contrasto all’inflazione galoppante. Neanche le associazioni sindacali si sottrassero al confronto su questo tema, stimando al ribasso tale meccanismo ed eliminando alcune voci di calcolo dal paniere dei beni acquistati perché considerati ormai obsoleti. Persino alcuni partiti dell’allora centro sinistra non guardavano di buon occhio a questo sistema di adeguamento della retribuzione, considerando la Scala Mobile come causa dell’inflazione piuttosto che effetto della stessa, pervenendo alla sua definitiva eliminazione. Altro fattore incisivo sui salari italiani è sicuramente quello legato al costo del lavoro ovvero a tutti quei costi sostenuti dal datore di lavoro in cambio della prestazione lavorativa, quindi non solo le retribuzioni ma anche le imposte e i contributi pagati su di esse. Tema questo più volte incriminato e negli anni considerato come il male cardine del mercato del lavoro, tentando spesso di comprimerlo senza contestualmente pensare ad una tutela effettiva dei diritti dei lavoratori. Se si parla di lavoratori non possiamo non riflettere su un altro fenomeno che deve preoccupare gli analisti, cioè la carenza di personale in alcuni settori che si traduce in una profonda difficoltà per i datori di lavoro a coprire i posti rimasti vuoti. Se prima si poteva addossare la colpa del fenomeno, definito anche come “labour shortage” (lett. Carenza di manodopera), all’erogazione del reddito di cittadinanza, adesso bisognerebbe riflettere su come arginare questo trend che fino a qualche mese fa ha messo in ginocchio parecchi settori del mondo lavorativo italiano. Un’adeguata remunerazione potrebbe essere una soluzione, ma anche riuscire nell’intento di garantire un giusto equilibrio fra lavoro e vita privata potrebbe incentivare gli italiani a non uscire fuori dai confini nazionali per realizzarsi professionalmente. A dimostrazione di questa tesi vi è l’aumento delle dimissioni dei lavoratori che consapevolmente e contemporaneamente cercano un’occupazione più vicina alle proprie esigenze ma meglio retribuita. Restando in tema di retribuzioni troviamo differenze abissali anche all’interno della stessa nazione, tra nord, centro e sud Italia. Dati Inps del 2021 ci dicono che un lavoratore in Lombardia ha una busta paga più pesante rispetto a quella di un lavoratore siciliano di almeno il 90% in più. Sicuramente complice il fatto che le aziende più grandi, le multinazionali, le grosse società finanziarie ed assicurative, trovano tutte ubicazione al nord mentre il sud vive di lavoro sommerso, di micro imprese, e di una contrattazione collettiva applicata solo in linee generali trascurando la contrattazione di secondo livello che stabilisce il valore dei premi di produttività e che maggiormente inciderebbe sulle paghe dei lavoratori, soprattutto se abbinata ad un taglio significativo dell’Irpef. Inoltre andrebbe anche modificato l’uso del lavoro a tempo ridotto che, specie nelle regioni del centro sud, si traduce in un abuso dello stesso. In conclusione possiamo dire che se da una parte i salari italiani sono più bassi rispetto a quelli degli altri Paese dell’Ocse, dall’altra non mancano le soluzioni per contrastare efficacemente questo fenomeno ma bisognerebbe renderle strutturali, sia per incentivare i lavoratori a non uscire dal mercato del lavoro, sia per ridurre il divario salariale tra le regioni del nord e quelle del sud, tutto a favore di una rinnovata e migliorata produttività.
Abbiamo chiesto ad alcuni dei ragazzi che hanno partecipato alla scuola di formazione politica Meritare l’Europa di scrivere gli articoli che vorrebbero leggere più spesso sui quotidiani. Uno sguardo sul mondo degli under 35
Finisse adesso il campionato, con l’Inter campione d’Italia, toccherebbe a Juventus, Milan, Bologna e Fiorentina disputare la prossima edizione della rinnovata Champions League. Al momento, infatti, l’Italia occupa una delle prime due posizioni del ranking europeo, garanzia di un posto in più tra le qualificate alla competizione europea per club più importante. Si tratta ovviamente di una simulazione, mancano ancora due partite alla conclusione del girone di andata e molta acqua dovrà scorrere sotto i ponti prima di sapere se effettivamente le italiane in Champions potranno essere cinque. Tuttavia questa semplice ipotesi - quantunque non irreale - rende davvero interessante la nostra serie A che vede raggruppate in soli nove punti otto formazioni; considerando il quinto posto della Fiorentina, che sarebbe l’ultima piazza nobile, risulta chiaro come anche Torino e Lazio, attualmente a quota 24, possano aspirare a saltare su un vagone utile per disputare la Champions 2023/2024. Tra Lazio, Torino e Fiorentina troviamo in classifica Atalanta (26 punti) Napoli (27) e Roma (28), una situazione che rende divertente e incerta questa stagione. Anche perché il Milan, terzo a quota 33, non è di certo al sicuro e dunque anch’esso da inserire nella bagarre. Discorso diverso per Juventus (40 punti) e Inter (44) a contendersi il titolo, con i nerazzurri che cercheranno di allungare prima dello scontro diretto fissato a Milano il prossimo 4 febbraio e la banda di Allegri intenzionata invece a non mollare la presa attendendo dal mercato di gennaio i rinforzi necessari per puntare a uno scudetto che in avvio di stagione appariva come un miracolo. È la lotta per l’Europa, dunque, a mettere il pepe su una pietanza già appetitosa: tante squadre in lizza implicano scontri diretti ogni turno con la possibilità di ribaltoni continui e sorprese dietro ogni angolo. Vero è che a Firenze o a Bologna brinderebbero anche in caso di qualificazione per l’Europa League, ipotesi che per Milan e Napoli equivarrebbe a una sonora bocciatura, che i rossoneri peraltro hanno già patito quest’anno retrocedendo dalla Champions. Mancare la Coppa dei Campioni rappresenterebbe un problema anche per la Roma di Mourinho, Lukaku e Dybala. Oltre che sotto un profilo squisitamente sportivo, le big necessitano assolutamente dei soldi della Coppa, senza i quali sarebbero costretti a rivedere le loro strategie con inevitabili sacrifici di campioni che potrebbero causare un ridimensionamento difficilmente reversibile. Juventus-Roma di domani sera ad esempio potrebbe affossare, almeno momentaneamente, le speranze giallorosse o gelare i sogni scudetto dei bianconeri; un’impresa del Torino a Firenze (oggi ore 18.30) potrebbe rilanciare i granata e frenare la corsa dei viola che viceversa, se ottenessero la terza vittoria consecutiva, potrebbero consolidare ancora di più le loro ambizioni. Chi sembra stare meglio di tutti è il Bologna: solo due sconfitte in campionato, quarto a due punti dal Milan, supportato dai brillanti schemi di mister Thiago Motta e dalla classe cristallina del nuovo crack del campionato, Joshua Zirkzee. Sbancare domani Udine potrebbe aiutare a scavare un solco tra il quarto posto e le inseguitrici. L’anno si chiude però con una brutta notizia per i felsinei, la lesione riportata ai flessori della coscia destra terrà Dan Nodoye lontano dai campi di gioco fino a febbraio: peccato perché lo svizzero, dopo un necessario periodo di ambientamento, aveva dato segnali decisamente confortanti aiutando la squadra a conseguire gli ultimi risultati positivi. Gli appassionati, tra l’altro, aspettano con ansia i quarti di finale di Coppa Italia che il 9 gennaio vedranno sfidarsi al Franchi Fiorentina e Bologna: in campionato fu 2 a 1 per i viola ma stavolta sarà un’altra storia, con vista semifinale. Il Napoli chiederà al Monza di Palladino tre punti indispensabili per non perdere il treno Champions, a questo punto il vero obiettivo della stagione; a Fuorigrotta non osano immaginare una stagione fuori dall’Europa dei big. Milan, Atalanta e Lazio, tutte in casa rispettivamente contro Sassuolo, Lecce e Frosinone, cercheranno di sfruttare un turno sulla carta favorevole per recuperare punti e posizioni nella cortissima classifica delle aspiranti grandi. Nemmeno il tempo di brindare al nuovo anno e sarà di nuovo campionato, nella calza i tifosi troveranno Roma-Atalanta e Napoli-Torino, due scontri diretti che chiuderanno il girone d’andata. Nessuno può ipotizzare quale sarà la classifica al giro di boa. In tanti sognano, pochi vedranno esaudire i loro desideri. Lo sanno i dirigenti che sperano - attingendo al mercato che si aprirà tra pochi giorni - di trovare gli elementi giusti per trasformare i sogni in realtà.