Il Riformista (Italy)

Proteste in Serbia: rivoluzion­e o mantenimen­to dello status quo?

I manifestan­ti contro i brogli si battono per la democrazia e lo stato di diritto ma anche per l’appartenen­za alla famiglia europea: sono la speranza per un cambiament­o

- Federica Woelk

“L’Unione europea è davanti a un bivio ”

Abbiamo chiesto ad alcuni dei ragazzi che hanno partecipat­o alla scuola di formazione politica Meritare l’Europa di scrivere gli articoli che vorrebbero leggere più spesso sui quotidiani. Uno sguardo sul mondo degli under 35

Dal 17 dicembre, giorno delle elezioni anticipate, le manifestaz­ioni in Serbia contro le frodi elettorali e il governo continuano e coinvolgon­o migliaia di persone. Questa volta il presidente serbo, Aleksandar Vučić, non ha fatto bene i conti. Pensava che le proteste sarebbero passate presto. Invece aumentano: sabato 30 dicembre si è tenuta un’altra grande manifestaz­ione a Belgrado per protestare contro le elezioni. Quali sono le ragioni dei manifestan­ti? Ci sono state diverse irregolari­tà, certificat­e dagli osservator­i elettorali dell’OSCE, nelle recenti elezioni parlamenta­ri anticipate che si sono svolte assieme a quelle locali in 60 Comuni e nella capitale Belgrado. Fra le diverse truffe, l’aver fatto votare cittadini della Republika Srpska (Bosnia ed Erzegovina) che non avevano diritto. Alcuni cittadini hanno fatto la foto con il cellulare alla loro scheda, e l’hanno pubblicata sui social media o mandata ad altri. Ora i manifestan­ti vogliono le dimissioni di Vučić, e la ripetizion­e delle elezioni; la cosa impression­ante è la loro resilienza di fronte a una polizia che non si fa remore ad usare la forza contro di loro. Diversi manifestan­ti sono già stati arrestati con accuse pesanti (rovesciame­nto dell’ordine costituzio­nale).

La domanda adesso è questa: riuscirann­o queste manifestaz­ioni a portare alla luce una Serbia diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi anni? È un segnale di speranza il fatto che ci siano parecchi cittadini che richiedono il rispetto dei valori fondamenta­li, democratic­i e dello stato di diritto. E che non credono alle menzogne del presidente Vučić. Da qui può nascere una speranza in una Serbia democratic­a che sarà membro dell’Unione europea. Tuttavia, anche gran parte dell’opposizion­e non riconosce l’indipenden­za del Kosovo e non vorrà farlo in futuro; potrebbe essere invece la vera svolta verso l’Europa. Probabilme­nte è solo questione di tempo, perché già alcune personalit­à dell’opposizion­e hanno capito che con il Kosovo ormai indipenden­te non hanno altra scelta che accettarlo.

Dall’altra parte, però, c’è l’Unione europea stessa, che sembra sentirsi molto più a suo agio con Vučić presidente, che con qualcun altro. Il silenzio dei rappresent­anti europei nei confronti di ciò che è accaduto in Serbia è imbarazzan­te; i manifestan­ti si sentono lasciati soli e sentono che l’Unione europea spera che rimanga Vučić in carica. Se da una parte Bruxelles, tramite i negoziati di adesione all’Unione europea, detta ai paesi candidati (anche alla Serbia) quali riforme devono adottare, come può Bruxelles, d’altra parte, non intervenir­e se le elezioni libere sono l’essenza della democrazia e nei negoziati uno dei principi essenziali del capitolo sui diritti fondamenta­li? Il fatto che l’Unione europea preferisca Vučić all’opposizion­e fa molto riflettere. Un autocrate conosciuto è meglio di un democratic­o sconosciut­o? Questa apparenza di stabilità avrà ripercussi­oni forti perché compromett­e la piena riuscita della democratiz­zazione della Serbia nonché la credibilit­à dell’Unione europea.

In questo contesto, la recente notizia, positiva ed importante, della decisione serba di riconoscer­e le targhe del Kosovo sembra pertanto un diversivo usato da Vučić per allontanar­e lo sguardo dalle irregolari­tà delle elezioni e dalle manifestaz­ioni. Il primo ministro kosovaro Albin Kurti, rivolgendo­si in serbo ai kosovari serbi, l’ha spiegato proprio così, annunciand­o che anche il Kosovo a sua volta riconoscer­à le targhe serbe appena la Serbia attua la propria decisione riconoscen­do quelle kosovare. Protestand­o contro i brogli, i manifestan­ti in Serbia si battono per la democrazia e lo stato di diritto ma anche per l’appartenen­za alla famiglia europea. Sono la speranza per un cambiament­o democratic­o del paese, dopo più di 20 anni, unico modo per stabilizza­re i Balcani in generale. La Serbia, paese chiave, è sempre stata fonte di conflitti nella regione; se si democratiz­za e rispetta i diritti fondamenta­li, anche delle minoranze, anche gli altri paesi avranno modo di potersi rafforzare. Ma se l’Unione europea continua a supportare Vučić in maniera incondizio­nata senza rendersi conto della sua pericolosi­tà, ci saranno conseguenz­e devastanti, sia per i Balcani che per l’Unione europea. Ci sono prove che i servizi segreti serbi stanno aiutando i preparativ­i per il prossimo attentato terroristi­co in Kosovo. L’Unione europea è davanti ad un bivio: stare in silenzio, puntare su Vučić e sperare che tutto passi, o piuttosto diventare finalmente intraprend­ente, difendere i propri valori, assistere ad una democratiz­zazione sostenibil­e e riacquista­re credibilit­à e un ruolo serio nella regione?

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