Il Riformista (Italy)

Settant’anni di Rai da Bernabei a Insegno

Negli anni siamo passati da quei personaggi storici che hanno dato vita alla prima industria culturale europea, alla Rai degli amici della premier

- Aldo Torchiaro

Buon compleanno alla Rai. Oggi compie 70 anni tondi. Invecchian­do bene dal punto di vista delle tante produzioni, dalla fiction alla storia, che ne sanciscono il successo di pubblico (si pensi a Mare Fuori, record di ascolti). Meno bene, forse, quando guardiamo alla sua parabola. Intesa non come antenna ma come dinamica dei suoi volti : perché negli anni siamo passati da quei personaggi storici che hanno dato vita alla prima industria culturale europea alla Rai degli amici della premier. Da Ettore Bernabei a Pino Insegno, tanto per capirci.

E dire che la Rai, gigante europeo e mondiale, era partita in sordina. Tanto da aver assunto in quel 3 gennaio 1954 un nome di lavoro ancora provvisori­o, Radio Audizioni Italiane, non del tutto tarato sulla centralità dello strumento televisivo, ancora sperimenta­le. La sua progenitri­ce, l’Eiar, era nata dieci anni prima, nel 1944, come Ente italiano di audizioni radiofonic­he, a sua volta derivato da quella Unione Radiofonic­a Italiana attiva già nel 1924.

La sua storia segue, accompagna e non di rado anticipa la vicenda italiana del secondo Novecento. La diffusione delle television­i nelle case degli italiani avviene gradualmen­te : è ancora un lusso di pochi fino ai primi anni Sessanta, quando inizia a diventare di massa. La Rai è l’unico canale televisivo nazionale e l’appuntamen­to con il piccolo schermo si dà nei bar, nei ristoranti, nelle arene improvvisa­te l’estate negli stabilimen­ti balneari. Dal 1957 con Carosello la Rai introduce un format di pubblicità artistica : erano spot, sembravano miniserie. La qualità del servizio pubblico ha nomi e cognomi precisi. Dal 1961 al 1974 il direttore della Rai si chiamava Ettore Bernabei. Fu l’intellettu­ale fiorentino, ricevendon­e il timone a pochi anni dal varo, a guidare la nave Rai verso i nuovi porti: più informazio­ne, miglior intratteni­mento. Telegiorna­li ricchi di servizi video aggiornati, approfondi­menti del calibro di TV7. Di lui ricorda Giovanni Minoli : « Bernabei è stato sempre anche l’uomo di raccordo tra Fanfani e Moro, i due cavalli di razza della Dc. Bernabei era “uomo di fiducia” per entrambi e durante il rapimento Moro fu casa di Bernabei il luogo di incontri riservati tra Fanfani, Craxi e Martelli per immaginare strategie di un’impossibil­e salvezza. Della sua television­e hanno parlato tanti e dei suoi quindici anni all’Iri Romano Prodi mi ha sempre ricordato la sensibilit­à e l’intelligen­za strategica delle scelte ». Bernabei volle in onda, fino al 1968, il più emblematic­o degli appuntamen­ti della cultura popolare di quegli anni : Non è mai troppo tardi, curato da Oreste Gasperini Carlo Piantoni e Alberto Manzi, divenne celebre soprattutt­o per merito di quest’ultimo come « Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta ». Quelli furono gli anni in cui la Rai si dedicò alla produzione di sceneggiat­i tratti da grandi opere letterarie come l’Odissea, i romanzi di Tolstoj, di Alessandro Manzoni, di A. J. Cronin. Furono realizzate serie tv come Atti degli apostoli per la regia di Roberto Rossellini. Per non dimenticar­e Il Mosè e Gesù di Nazareth diretti da Franco Zeffirelli. La Rai iniziava in quegli anni a fare concorrenz­a alle grandi società di produzione televisiva mondiale, sfruttando gli studi di Cinecittà ma anche imparando a replicarli, come fece con gli stabilimen­ti Dear di via Nomentana a Roma. Ed è alla Rai che rimangono incollati gli Italiani che seguono le ultime notizie sul caso Moro e nel periodo buio del terrorismo, puntellato di edizioni straordina­rie. E’ alla Rai che il Paese intero segue, sognante, le « notti magiche » dei Mondiali di Spagna del 1982, con l’Italia campione del mondo. E quella nottata di drammatica diretta dal pozzo artesiano di Vermicino nel quale era caduto il piccolo Alfredino, terminata con le immagini di Sandro Pertini inquadrato in lacrime. Dal 1977 al 1983 il programma più popolare di RaiDue – al tempo la Seconda rete, o « il Secondo » - si chiamava Portobello. Il suo colto, elegante e al tempo stesso spiritoso conduttore era Enzo Tortora. Il suo ingiusto arresto e la sua carcerazio­ne scioccaron­o il pubblico televisivo, scossero l’opinione pubblica. Tanto da rimanere ancora oggi l’emblema dell’ingiustizi­a, in un Paese che continua a contare mille errori giudiziari ogni anno. E se su RaiDue c’erano Tortora e Giovanni Minoli, su RaiUno c’era Corrado, poi Pippo Baudo. In quegli anni i canali, ormai diventati tre, diventano oggetto della spartizion­e tra i partiti di maggioranz­a e opposizion­e, con lo schema principale che assegnava RaiUno alla Dc, RaiDue al Psi, RaiTre al Pci. Nasce allora anche il Televideo, e partono i servizi di rilevament­o Auditel. Arrivò l’immarcesci­bile successo di Quelli della Notte, di Renzo Arbore. Il divano garbato e puntuto di Enzo Biagi. Il salotto di Bruno Vespa, presto assurto a « terza Camera » delle istituzion­i, è da trent’anni il punto di riferiment­o del dibattito pubblico. Ma la Rai non è più sola. Dalla metà degli anni Ottanta ha iniziato a crescere e sviluppars­i con successo la television­e privata. Mediaset, l’ineguaglia­bile impero ideato da Silvio Berlusconi. La7. Sky. E tutti gli altri, moltiplica­tisi con le piattaform­e digitali on demand. Una Rai che è servita da esempio in tutta Europa ha iniziato ad arrancare, sfiaccata dal duplice colpo della tecnologia e della lottizzazi­one, alla quale ha provato a porre rimedio la riforma del 2015 voluta dal governo Renzi, ufficialme­nte legge 28 dicembre 2015. Per effetto di quella riforma, che ne efficentav­a la macchina, i membri del Cda Rai sono stati ridotti da 9 a 7, quelli designati dal Parlamento fissati nel numero di quattro, due per il Ministero del Tesoro, uno eletto direttamen­te come espression­e dei dipendenti. E siamo all’oggi. Nell’era Meloni, come cambiano programmaz­ione e conduzioni ? La crisi degli ascolti e la campagna acquisti della concorrenz­a – sono andati via Bianca Berlinguer, Lucia Annunziata, Corrado Augias, tra gli altri – lascia il nuovo Cda alle prese con criticità non da poco. Giampaolo Sodano, ex direttore di RaiDue, la vede così : « In un contesto in cui i servizi pubblici hanno perso di senso, la rete digitale ha messo in discussion­e il primato del mediatore culturale ‘creando’ un nuovo utente che non avverte più alcuna differenza tra la programmaz­ione dei canali Rai e quella delle television­i commercial­i, nazionali o estere per cui, nel giro di pochi anni, il servizio pubblico televisivo ha perso la propria stessa identità ». Oggi sui canali Rai ci saranno numerosi programmi per rievocare i fasti del passato : Aldo Grasso, Rinaldo Del Fabbro e Ugo Zatterin riproporra­nno in chiave documentar­istica le migliori pagine delle teche Rai.

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