il podcast spietato e sincero
Arriva inaspettata una brutta malattia e ti mette alla prova. Ti fiacca, ti indebolisce, ti fa pensare che non tornerai mai più come prima. Nei casi più fortunati può cambiarti e farti fare cose che non avresti fatto mai. Per Alessandro Baricco, che ha affrontato due trapianti di midollo spinale a causa della leucemia, una nuova sfida è stata sicuramente quella di mettersi a nudo in un’intervista particolare. Con Matteo Caccia hanno creato qualcosa che prima non c’era, un prodotto culturale fatto per l’ascolto, un dialogo fiume di due ore intitolato “Wild Baricco”. Il podcast è fatto da una sola puntata, wild dunque selvaggio, spietato e sincero come le risposte dell’intellettuale che prova a togliersi la maschera. Baricco, sabaudo e sempre schivo, si butta un po’ per promuovere il suo nuovo libro (Abel ed. Feltrinelli) un po’ per superare certi antichi tabù e regalarci uno sguardo diverso sull’esistenza e sull’Italia. Così basta un clic e si entra nel Baricco-mondo, in una chiacchierata intima e piacevole, dove le voci calde e pacate non si sovrammettono ma si fondono in un botta e risposta che coinvolge l’ascoltatore fino alla fine.
L’infanzia, la famiglia cattolica, l’esperienza scout, gli inizi, anni ’90, il successo, la malattia, la rinascita. Sembra il plot di un romanzo e invece è la sua vita. “Le interviste ho sempre cercato di evitarle. Su alcuni temi non ho mai detto nulla perché se ho voglia di dire qualcosa, scrivo. Poi è uscito Abel, un libro che mi sta nel cuore, speciale, e allora avevo questa idea di pazziare, festeggiare… e così mi è venuto in mente di parlare a lungo e di parlare di cose di cui non ho mai voluto parlare”. Inizia così “Wild Baricco” e le promesse vengono umanamente mantenute.
Partiamo dal presupposto che il successo viene dato da una dose di talento e una di fortuna, e Baricco questo lo sa bene perché racconta senza vergogna che i suoi inizi in TV sono stati totalmente casuali (vi ricordate “Pickwick”?).
Questo podcast è anche un’ode agli anni ’90, l’incubazione di tanti cambiamenti radicali per la nostra società perché “in quegli anni il futuro era una cosa aperta, disponibile. Anche la testa era diversa, come il mondo lo era”. Anni di coraggio e di imprenditoria, perché nel 1994 il giovane Baricco si indebita e con quattro amici crea la “Scuola Holden”, la scuola di narrazione di Torino che oggi è tra le più importanti del Paese e riconosciuta come Università. Non fu solo un’intuizione azzeccata, una visione anticipatrice, ma il frutto dell’amore sincero per l’insegnamento e per le storie: “A quei tempi la narrazione era considerata una cosa da puttane… ma ci sono poche cose belle nella vita come l’insegnamento e l’apprendimento, è erotismo puro, pulito.” Interessante anche il rapporto dello scrittore con la politica, e il suo incontro con Matteo Renzi: “Era l’unico del PD che diceva cose in cui mi riconoscevo. Ho incontrato un sindaco, un ragazzo brillantissimo e ci siamo piaciuti.” Inizia così un sodalizio intellettuale che ha portato una ventata fresca nello scenario italiano, l’epoca delle Leopolde e della “rottamazione”, periodo in cui Baricco ha addirittura rischiato di diventare Ministro della Cultura.
I ricordi scorrono e i minuti scompaiono ascoltando la voce tranquilla di uno scrittore realizzato che sembra non covare più alcun odio per nessuno. Certo la consapevolezza di essere stato “un antipatico” esce fuori e viene raccontata da una parte come una tendenza innata al voler essere Primo, dall’altra come una risposta alle ricorrenti critiche. “Le offese mi hanno reso peggiore, ho avuto vent’anni di combattimento di cui non vado fiero. Avrei preferito avere vent’anni di dolcezza”. Ecco la dolcezza è una parola che ricorre spesso in quest’intervista, come un mantra. Ed è bello sentir dire da uno che nella vita ha sempre lottato, che a volte si vince di più esercitando la grande - magica - forza del lasciare andare.