La sinistra sociale nel Centro riformista
Quando si parla di questione sociale non possiamo non pensare a quell’esperienza storica che è stata definita come la “sinistra sociale” di ispirazione cristiana
La questione sociale resta una costante nella vita democratica del nostro paese. Una costante che cambia nel tempo, come ovvio, ma che segna in ogni fase politica l’evoluzione e la crescita della società. E la questione sociale nell’attuale stagione politica è altrettanto grave e carica di incognite. Certo, tocca di norma alla politica saperla affrontare individuando ricette e scelte concrete che siano in grado di aggredirla e, possibilmente, cercando di attenuare i rischi che sono quasi sempre devastanti per i ceti popolari e i ceti meno abbienti. Per non parlare di un ceto medio sempre più debole ed impoverito.
Ora, se nel passato erano i grandi partiti popolari e di massa a farsi carico di queste domande e di queste istanze che si presentavano in forma e con modalità profondamente diverse rispetto alla stagione contemporanea, è altrettanto indubbio che si tratta di un tema - o meglio di un’emergenza - che non può essere aggirata o qualunquisticamente archiviata. E, al riguardo, la risposta non può essere appaltata esclusivamente al populismo assistenzialista e pauperista dei 5 stelle, all’ideologismo della sinistra della Schelin o ad una destra sociale che è sempre più incolore e sbiadita. Perchè quando si parla di questione sociale non possiamo non pensare a quell’esperienza storica che è stata definita come la “sinistra sociale” di ispirazione cristiana che nel passato, recente e meno recente, è stata decisiva e determinante nell’affrontare questa piaga e cercare, soprattutto, quelle risposte politiche e legislative che erano anche e soprattutto il frutto concreto del pensiero, della cultura e della tradizione del cattolicesimo sociale italiano. Un pensiero che non è affatto storicizzato nè archiviato dopo la fine della Democrazia Cristiana e di alcuni partiti che sono succeduti al tramonto del “partito italiano” per eccellenza. Penso, nello specifico, al Partito Popolare Italiano e alla Margherita. E quando cito la “sinistra sociale” di ispirazione cristiana il pensiero corre velocemente all’esperienza che per quasi mezzo secolo hanno svolto le correnti o le componenti o le aree che erano il frutto e il prodotto di quella cultura. Una corrente su tutte, la ‘sinistra sociale’ di Forze Nuove della Dc di Carlo Donat-Cattin, di Franco Marini, di Guido Bodrato, di Sandro Fontana e di tanti altri autorevoli leader e statisti di quel partito.
E proprio oggi, forse, diventa nuovamente necessario se non addirittura indispensabile recuperare quella cultura per rispondere, in termini aggiornati e contemporanei, alle nuove sfide che provengono da una altrettanto insidiosa e pericolosa questione sociale. Una esperienza che, com’è altrettanto evidente, deve essere presente in un partito, cioè in uno strumento concreto e pragmatico che sia in grado di veicolare anche quella storia politica e culturale ai fini dell’elaborazione progettuale complessiva del partito.
Sotto questo versante, un partito che si definisce centrista, dinamico, riformista, plurale e di governo non può non farsi carico di questa tradizione ideale, di questa cultura politica e di questa sensibilità etica. E questo per la semplice ragione che il Centro non è un luogo geometrico stabile e statico ma, al contrario, elabora il suo progetto attraverso la compresenza e la compartecipazione di più culture politiche e di più filoni ideali. E proprio la riscoperta di una nuova e rinnovata “sinistra sociale” può essere, oggi, una carta importante non solo per qualificare e rafforzare il progetto politico di un Centro riformista ma anche, e soprattutto, per ridare forza e vigore ad una cultura, quella del cattolicesimo sociale, che continua ad essere straordinariamente moderna ed attuale. In particolare quando dobbiamo fare i conti con una sempre più drammatica questione sociale che coinvolge e interessa, purtroppo, milioni di persone.