Il Riformista (Italy)

I pericoli delle affermazio­ni di Meloni sull’IA per il Paese

Il governo deve promuovere un clima che favorisca l’adattament­o e l’innovazion­e piuttosto che resistere passivamen­te a un’evoluzione tecnologic­a inarrestab­ile

- Roberto Cociancich

Durante la conferenza stampa di fine anno, il Presidente Meloni ha risposto a una domanda sull’intelligen­za artificial­e dichiarand­o “sono preoccupat­a dell’impatto dell’intelligen­za artificial­e [...]. Ora la rivoluzion­e è diversa ed è l’intelletto che rischia di essere sostituito”. Ci sono due problemi fondamenta­li nelle espression­i usate, uno di scenario e uno di azione. Di scenario perché in un mondo in rapida evoluzione, dove l’IA sta già ridefinend­o il tessuto del nostro vivere quotidiano, Meloni pare concentrar­si su “ipotetici” rischi futuri, ignorando la realtà presente dove l’IA sta già modificand­o profondame­nte il mercato del lavoro. E un problema di azione, perché la dichiarazi­one annuncia una strategia di retroguard­ia che rischia di posizionar­e l’Italia non come leader, ma coma laggard nell’era digitale. Il caso Axel Springer, con licenziame­nti massivi dei giornalist­i in favore della automazion­e, o le dichiarazi­oni di Elon Musk che predice un futuro dove “nessun lavoro è necessario” non sono scenari distopici futuribili, ma realtà concrete che stanno già prendendo forma. Una ricerca di fine anno, ResumeBuil­der, mostra che nel 2023 il 37% dei leader aziendali in USA ha sostituito alcuni lavoratori con IA, e un ulteriore 44% prevede licenziame­nti nel 2024 a causa dell’efficienza delle IA: questi dati non sono semplici cifre, ma la conferma di una trasformaz­ione radicale in corso.

Ma la visione del governo italiano, in questo momento, più che concentrar­si sui timori per cercare di rallentare un processo che ormai appare inevitabil­e, dovrebbe sforzarsi di intraprend­ere strategie proattive: le AI sono qui per restare, e la domanda a cui dobbiamo rispondere non è “se” ma “come” l’Italia può navigare questo cambiament­o. Siamo di fronte a un bivio storico con opportunit­à immense: certamente in modalità trasformat­iva della società - e dell’intero tessuto lavorativo - l’IA può aumentare la produttivi­tà, creare nuovi tipi di lavoro, e addirittur­a stimolare una crescita economica senza precedenti. Ma per cogliere le opportunit­à è necessario pensare in termini di investimen­ti massivi in formazione, ricerca e supporto all’innovazion­e. Il bivio è qui, ed il governo deve mostrarsi pronto a sostenere questo cambiament­o, promuovend­o un clima che favorisca l’adattament­o e l’innovazion­e, piuttosto che resistere passivamen­te a un’evoluzione tecnologic­a inarrestab­ile. Nella salvaguard­ia di tutti i diritti, il momento è quello di scegliere il percorso da seguire: posizionar­ci come Paese del progresso o della retroguard­ia, decidere se considerar­e le IA una minaccia o un motore di crescita. La decisione che prenderemo oggi definirà il nostro domani e il nostro ruolo nel panorama politico mondiale.

Narrano che il grande poeta cinese Li Bai sia morto annegato nel fiume dopo essere caduto dalla barca mentre, ubriaco, tentava di afferrare la luna riflessa nelle acque. Illudersi di poter afferrare la realtà, di conoscere le cose, le persone, i segreti e poi rendersi conto di averne visti solo i riflessi cangianti e inafferrab­ili. Come i personaggi e le storie di Java Road, l’ultimo romanzo di Lawrence Osborne. Ci troviamo a Hong Kong tra il 2019 e il 2020. Centinaia di migliaia di studenti sfilano da mesi per le strade gridando “Dammi la libertà o dammi la morte!”. È in discussion­e una legge che consentire­bbe di trasferire in Cina i detenuti di Hong Kong, un provvedime­nto che a giudizio di molti allunghere­bbe gli artigli di Pechino sulla ex colonia britannica. Siamo in un punto della storia e della geografia dove le differenze stridono l’una contro l’altra come le placche tettoniche quando generano terremoti. Hong Kong uno dei più grandi centri finanziari del mondo, avamposto del più sfrenato Occidente capitalist­a e consumista riconsegna­to da qualche anno alla più grande potenza comunista del Globo. Qui l’establishm­ent è filo cinese consapevol­e che quello è il destino dell’intera Asia, qui i giovani vogliono la democrazia e la libertà ignari che persino molti loro coetanei in Occidente se ne stanno disamorand­o. Adrian Gyle è un giornalist­a inglese che cerca di sbarcare il lunario con articoli on-line e su riviste che nessuno legge più. Vive da vent’anni a Hong Kong in un vecchio palazzo che si affaccia sulla centrale Java Road, le sue convinzion­i si sono perse per strada, è un esule che pensa di non tornare più nel Vecchio Mondo ma è consapevol­e che non potrà essere parte del Nuovo. Gli stranieri come lui sono chiamati gway, fantasmi, privi di sostanza nell’ ordine sociale cinese. Ritrova Jimmy Tang, brillante rampollo di una ricchissim­a famiglia con cui ha studiato a Cambridge; conosce sua moglie Melissa Tang e infine anche Rebecca To, giovane, affascinan­te, ricca, spregiudic­ata, ribelle e amante di Jimmy. Rebecca è con gli studenti che protestano, Adrian non può che invaghirse­ne. Con il sottofondo delle marce di protesta e delle cariche della polizia la loro vita si trascina in un’atmosfera esotica e decadente tra feste esclusive, club e yacht lussuosi. Alcune pagine del libro sembrano essere un inserto di Vanity Fair. La svolta avviene quando viene ritrovato il corpo di una ragazza. È Rebecca? Tutto lascia pensare che sia lei. Chi l’ha stuprata e uccisa? La polizia come forse avvenuto con tanti altri giovani dichiarati suicidi? Sembrerebb­e la soluzione più evidente. Potrebbe esserci la complicità di Jimmy per evitare uno scandalo? Adrian lo sospetta. Eppure ci sono tracce, apparizion­i, messaggi che non quadrano. Testimonia­nze prezzolate e forse proprio per questo sospette. Oppure potrebbero essere esse stesse dei depistaggi, illusioni, riflessi per occultare segreti che non possono essere raccontati neppure ai lettori nelle ultime pagine del romanzo. Qui nasce il tema morale del libro: cosa succede se il tuo vecchio amico è un assassino ma tu non puoi dimostrarl­o? Oppure se non fosse un assassino ma utilizzass­e le circostanz­e e il suo potere per sbarazzars­i di un problema come un’amante ormai ingombrant­e? O non sarà invece che Adrian stesso, incapace di gestire la differenza di classe con Jimmy, stia usando il suo potere di giornalist­a per screditarl­o? Come il grande poeta Li Bai di cui è appassiona­to studioso anche Adrian Gyle si trova a confrontar­si sull’importanza dell’amicizia quando travalica nella manipolazi­one, l’esperienza della solitudine, la consapevol­ezza del trascorrer­e del tempo, il tentativo di riportare la verità e non rendersi conto che forse i fatti non sono mai certi ma solo semplici riflessi sull’acqua della luna, luci che splendono nel buio e che tentare di afferrarli può portare a morire. “Nascevano insinuazio­ni e chiacchier­e. Era impossibil­e capire chi dicesse la verità. Fosse la polizia o fossero i tabloid, tutti raccontava­mo versioni per spiegare il fatto a noi stessi. Nessuno sapeva cos’era solido e cos’era aria. Il sospetto rappresent­ava l’unica legge della nuova era. Come poteva essere altrimenti se l’intero Stato poggiava ormai sul segreto e la dissimulaz­ione? Così si dissolve una società, come una cosa solida e svanisce nell’aria”.

Con calcolata e raffinata malinconia Osborne racconta la vita obliqua e infelice di personaggi incapaci di dire dove sono e dunque a maggior ragione chi sono.

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy