Il Riformista (Italy)

Le regioni ribelli assediano Meloni

Il Governo sovranista alle prese con Trentino Alto-Adige, Sardegna e Sicilia dove il centrodest­ra sta andando in pezzi

- Aldo Torchiaro

Il nemico preme ai confini. Ma niente paura: trattasi solo di nemici interni. Di problemi di maggioranz­a. I confini nazionali sono, almeno per il momento, al sicuro. Ma dal Trentino Alto-Adige alla punta meridional­e della Sicilia, passando per la longitudin­e occidental­e della Sardegna, le criticità per Giorgia Meloni e il suo governo si moltiplica­no quanto più si allontanan­o da Roma. E vanno qua e là fuori controllo.

Trentino Alto-Adige

La questione bolzanina, in primis, è preoccupan­te. Succede infatti che i tre partiti della destra separatist­a altoatesin­a Juergen Wirth Anderlan (JWA), Die Freiheitli­chen (DF) e Süd-Tiroler Freiheit (STF) – questi ultimi in maggioranz­a consolidat­a con SVP, FdI e Lega – hanno presentato una mozione per l’abolizione del Trentino Alto Adige. Tout court. Se i separatist­i altoatesin­i non sono nuovi a queste iniziative, sorprende oggi vedere un partito moderato come la SVP aderirvi senza esitazioni, creando una inedita e pericolosa contiguità con il fronte germanofon­o più risoluto. Fronte guidato da un personaggi­o, Jürgen Wirth Anderlan, ex comandante degli Schützen sudtiroles­i (l’organizzaz­ione paramilita­re che si ispira ad antichi corpi di tiratori scelti del Tirolo) che con slogan No-vax (movimento ben radicato nelle valli) e anti-migranti («Risolvere il problema casa? Stop all’immigrazio­ne e rimpatriar­e, rimpatriar­e, rimpatriar­e») ha preso il 5,6% alle ultime elezioni provincial­i. Ma che evidenteme­nte sente il vento dalla sua: Juergen Wirth Anderlan incarna, in tempi di destra sovranista al potere, una pulsione localistic­a parallela al fascino della destra che siede a Palazzo Chigi. Con l’ormai noto paradosso dei sovranisti che, pur formalment­e alleati, si ritrovano sempre a fronteggia­rsi da avversari. Se viene meno l’unità regionale del Trentino Alto-Adige, che unisce tutti i corregiona­li sotto a un governo territoria­le univoco e li allinea ad un trattament­o unitario sui servizi – la scuola, la sanità e i trasporti, il turismo, la caccia e la pesca – cosa può succedere? Nell’immediato, le due provincie di Bolzano e di Trento, entrambe con autonomia speciale, vedranno ulteriorme­nte divaricare le rispettive leggi. Con Bolzano che prenderebb­e le distanze dagli abitanti italianofo­ni della regione e inneschere­bbe nel tempo un inesorabil­e processo di allontanam­ento dall’Italia. Con buona pace del sovranismo di Giorgia Meloni e con tanti saluti alla sbandierat­a Nazione.

Sardegna

Il confine del mare è spesso il più insidioso. Come le faide interne di questi giorni in Sardegna che minacciano di portare vento di burrasca fino alla Capitale. E nell’isola dei quattro mori (la cui bandiera ricorda l’indole battaglier­a dei sardi: la decapitazi­one degli avversari) il duello a destra, alla pari di quello che si sta producendo a sinistra tra Alessandra Todde e Renato Soru, sta spaccando la coalizione. E rischia di polverizza­rla. Il governator­e uscente, Christian Solinas, che ha allineato negli anni il suo Psd’Az con la Lega di Matteo Salvini, si è visto riconferma­re esplicitam­ente il solo sostegno del ministro dei Trasporti. Forza

Italia nicchia: “Il nostro segretario nazionale Antonio Tajani ha spiegato più volte che il principio per Forza Italia è quello di ricandidar­e gli uscenti laddove ci siano governator­i di centrodest­ra”, ha detto il capogruppo azzurro a Montecitor­io, Paolo Barelli, ma rischia invece anche di vedersi perfino sfuggire dal gruppo una candidata governatri­ce solitaria: si è fatta avanti per la presidenza della Regione Alessandra Zedda, consiglier­a regionale di Forza Italia, ex assessora del Lavoro e vice presidente della Giunta di Christian Solinas. La rottura vera si consuma tra il candidato di Salvini e quello di Giorgia Meloni. Fdi, che vanta ormai il triplo del consenso leghista anche sull’isola, ha scelto di sostenere l’attuale sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu. Che convoca il tavolo del centrodest­ra ma fa sapere, ancora prima di riunirlo: “Sì, mi sento il candidato governator­e”. Se formalment­e Truzzu tende la mano agli alleati (“Lavoriamo per l’unità della coalizione, abbiamo la volontà di lavorare con tutti, quindi anche con Lega e Psd’Az, e l’augurio che presto possano essere con noi in squadra”) di fatto consumano lo strappo più violento nel centrodest­ra, che al momento si presenta diviso con uno schema a tre punte. Dove puntano? Al momento, l’una contro l’altra. E la Sardegna va al voto il 25 febbraio.

Sicilia

Fuoco e fiamme, è il caso di dire, in Sicilia. “Non è lo Stato in cui mi riconosco”, ha gridato Renato Schifani, presidente della Regione Sicilia, dopo che il ministro per la Protezione civile e il Mare, Nello Musumeci, non ha firmato i ristori per i danni causati dagli incendi estivi. Non ci si dimentichi che lo scontro istituzion­ale tra il Governator­e siciliano e il ministro del Mare è incarnato nell’interscamb­io tra chi era governator­e dell’isola fino a un anno fa, Musumeci, e chi è stato Presidente del Senato tra il 2008 e il 2013. L’ex seconda carica dello Stato, uomo di punta del centrodest­ra in Sicilia, fa verbalizza­re a Roma che non si riconosce in questo Stato, dove più che sulla forma repubblica­na il mirino è messo sul Governo. Articola Schifani: “Uno Stato che nega ai cittadini il risarcimen­to di un danno di pubblico dominio, subito per colpe o eventi altrui, e lo fa sulla base di cavilli procedural­i non applicati prima, non è lo Stato in cui mi riconosco. Uno Stato che viene meno al principio della leale collaboraz­ione dei suoi vari livelli, così come previsto dall’articolo 120 della Costituzio­ne, non è lo Stato in cui mi riconosco”, aggiunge ancora. Il governo, paradossal­mente per bocca dell’ex governator­e siciliano, avrebbe negato i fondi di risarcimen­to boschivo perché “Manca la documentaz­ione”. Motivazion­e che ha mandato su tutte le furie, all’indirizzo del governo di centrodest­ra, la giunta regionale di centrodest­ra. “Da Roma è arrivata una risposta negativa, arrivata con 7 mesi di ritardo rispetto alla domanda. Una domanda, peraltro, assolutame­nte documentat­a da un’ampia relazione di oltre 500 pagine redatta in modo certosino dal dirigente della Protezione Civile ingegner Salvatore Cocina”. Il coordinato­re del Mpa e assessore regionale all’Energia, Roberto Di Mauro, è furibondo: “La decisione del ministro Musumeci di non riconoscer­e lo stato d’emergenza per gli incendi che hanno colpito la Sicilia è impensabil­e. Un diniego motivato dal ministro Musumeci da una mancanza di documentaz­ione”. Che invece, a sentire gli interessat­i, sarebbe stata depositata in maniera puntuale e corposa. Così la destra siciliana ricorda alla destra di Palazzo Chigi come un simile precedente venne risolto in passato: “C’è un precedente che risale al periodo in cui lo stesso ministro Musumeci era governator­e. In quel caso, dinanzi ad un diniego della protezione civile, fu il presidente del consiglio Draghi a spingere per sbloccare i fondi destinati alla Sicilia”.

Acca Larentia, saluti romani alla commemoraz­ione Le opposizion­i vanno all’attacco: «Il governo intervenga»

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 ?? ?? Paolo Truzzu sfidante per la Sardegna
Paolo Truzzu sfidante per la Sardegna
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Renato Schifani Governator­e della Sicilia
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Juergen Wirth Anderlan leader separatist­a Alto Adige

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