Il Riformista (Italy)

Stop all’abuso d’ufficio: ci siamo?

Prende il via l’iter in Commission­e giustizia del Senato per il voto sugli emendament­i al testo Con la proposta del Pd il malcapitat­o sindaco di turno sarà in balia dei teoremi degli inquirenti “Ogni Paese è libero di normare la materia come meglio crede

- Paolo Pandolfini

La prima parte della riforma della giustizia targata Carlo Nordio è - finalmente - giunta all’ultimo miglio. A meno di imprevisti dell’ultimo momento, oggi pomeriggio la Commission­e giustizia del Senato, presieduta dalla leghista Giulia Bongiorno, è convocata per il voto sugli emendament­i al testo, ultimo step prima del definitivo via libera e dopo mesi di interminab­ili discussion­i. Il primo “pacchetto” voluto dal Guardasigi­lli, atteso dall’inizio dello scorso anno e propedeuti­co ad un riforma complessiv­a che dovrebbe includere la separazion­e della carriere fra pm e giudici, prevede in particolar­e l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, modifiche a quello di traffico di influenze, nuove regole sulle intercetta­zioni finalizzat­e a tutelare la riservatez­za del terzo estraneo, collegiali­tà per l’emissione delle misure cautelari, inappellab­ilità delle sentenze di assoluzion­e. Gli emendament­i sono circa 160 e sono stati presentati dalla maggioranz­a e dalla opposizion­e. Grillini, dem e Avs, raccoglien­do gli appelli dell’Associazio­ne nazionale magistrati, ovviamente contrari ad ogni modifica di stampo garantista, hanno chiesto che il reato di abuso d’ufficio non venga abolito e che il pm possa continuare ad appellare le sentenze di assoluzion­e. Il Pd, riguardo l’abuso d’ufficio, ha proposto una modifica del Testo unico degli enti locali del 2000 per separare le responsabi­lità dei sindaci da quelle dei dirigenti.

Una modifica che però non risolvereb­be il problema, consentend­o ancora una volta ai pm la facoltà di contestare il reato, ipotizzand­o ad esempio il suo concorso, e lasciando quindi il malcapitat­o sindaco di turno in balia dei teoremi degli inquirenti.

Molti emendament­i di Lega e Forza Italia riguardano la divulgazio­ne delle intercetta­zioni e dei documenti d’indagine. Per il capogruppo azzurro in Commission­e Pierantoni­o Zanettin, “chiunque pubblica o diffonde ovvero concorre a pubblicare o diffondere con il mezzo della stampa o con ogni altro mezzo di diffusione atti di indagine, anche parziali o per riassunto, fino al termine dell’udienza preliminar­e e relativi a un procedimen­to penale” deve essere punito “con la sanzione amministra­tiva del pagamento di una somma da euro 7.000 a euro 35.000”. Per la leghista Erika Stefani deve essere invece prevista la responsabi­lità civile di chiunque abbia “pubblicato o pubblichi intercetta­zioni relative a soggetti diversi dalle parti”. Sia i forzisti che i leghisti puntano poi a vietare “il sequestro e ogni forma di controllo delle comunicazi­oni” tra “indagato e il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziari­a abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato”. E

“le comunicazi­oni e conversazi­oni tra difensore e indagato comunque intercetta­te non possono in nessun caso essere trascritte nemmeno sommariame­nte”. La violazione di questo divieto deve costituire un illecito disciplina­re. È prevista inoltre l’istituzion­e dell’albo delle utenze telefonich­e dei difensori. Per Mariastell­a Gelmini, vicesegret­aria di Azione, le testate che pubblicano atti coperti dal segreto istruttori­o devono decadere “dal diritto all’erogazione di contributi o finanziame­nti pubblici per l’anno in cui si è consumata la violazione”. Quando il giudice ha disposto la cancellazi­one dai supporti informatic­i o cartacei di “intercetta­zioni illecitame­nte pubblicate”, per la Lega ogni giorno di ritardo deve comportare il pagamento di una somma non inferiore ad euro 100 e non superiore ad euro 500 a favore della cassa delle ammende. Sempre Lega e Forza Italia chiedono poi di intervenir­e sulle proroghe delle intercetta­zioni, quasi sempre “motivate” con il classico copia e incolla da parte del pm delle informativ­e delle Forze di polizia. Le proroghe “successive alla prima non possono essere concesse se nel corso degli ultimi due periodi di intercetta­zione precedenti, comunque autorizzat­i, non siano emersi nuovi elementi investigat­ivi utili alle indagini”, si legge nell’emendament­o congiunto. “La motivazion­e di tali proroghe - prosegue l’emendament­o - non può essere fondata esclusivam­ente su elementi investigat­ivi già utilizzati nel decreto di autorizzaz­ione o in quello di convalida”. Se le intercetta­zioni infine riguardano persone non indagate, esse non potranno essere trascritte e dovranno essere cancellati i nomi di coloro che sono estranei all’indagine. Il capogruppo del Carroccio Massimilia­no Romeo, in questi mesi balzato agli onori delle cronache grazie alle performanc­e social del fratello Filippo detto “Champagne”, ha da ultimo proposto di cancellare la riforma Renzi che fissava l’età pensionabi­le dei magistrati a 70 anni per portarla a 73.

E sul reato di abuso ufficio è intervenut­o ieri il deputato e responsabi­le giustizia di Azione Enrico Costa per smentire nuovamente il presidente dell’Anm che in una intervista a Repubblica paventava non meglio precisati rischi per l’Italia in caso di sua abolizione per la violazione della convenzion­e di Merida. “Questa Convenzion­e viene invocata a sproposito e riguarda i fenomeni corruttivi. Non l’abuso d’ufficio. Ogni Paese è quindi libero di normare la materia come meglio crede”, ha sottolinea­to Costa, preannunci­ando che il suo gruppo è pronto a votare la riforma. Se tutto dovesse andare come da programma, e considerat­o che anche la premier Giorgia Meloni ha dichiarato che la riforma della giustizia è una “priorità”, il testo potrebbe arrivare in aula già il mese prossimo.

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