Il Riformista (Italy)

Mistero sul quadro di Manetti Vittorio Sgarbi è indagato

Il sottosegre­tario si difende dall’accusa di autoricicl­aggio di beni culturali Le opposizion­i sollecitan­o una presa di posizione di Meloni e Sangiulian­o

- Paolo Pandolfini

Vittorio Sgarbi è indagato per autoricicl­aggio di beni culturali. Nel mirino degli inquirenti un quadro del pittore del Seicento Rutilio Manetti, originario di Siena. L’opera, “La cattura di San Pietro”, fino al 2013 era esposta al Castello di Buriasco in provincia di Torino. La proprietar­ia del castello e del dipinto, Margherita Buzio, a febbraio del 2013 ne aveva denunciato il furto. La tela, in particolar­e, era stata tagliata lasciando la cornice ed era stata sostituita con una fotografia per rendere meno evidente l’accaduto. La denuncia all’epoca venne archiviata in pochi giorni. Nelle scorse settimane la trasmissio­ne Report era tornata sul caso, riportando le dichiarazi­oni di Margherita Buzio, secondo cui poche settimane prima del furto si era detto interessat­o all’acquisto del dipinto Paolo Bocedi, collaborat­ore di Sgarbi fino al 2003 e ancora in buoni rapporti con il sottosegre­tario. L’opera, secondo Report, sarebbe poi riapparsa nel 2021 in una mostra inaugurata dallo stesso Sgarbi con un dipinto di Manetti “inedito”. L’opera esposta dal sottosegre­tario era però estremamen­te simile a quella sparita nel 2013, con una sola differenza visibile in alto a sinistra: una candela che nel dipinto rubato non c’era. Sgarbi ha sempre negato che si trattasse della stessa opera, parlando di “coincidenz­e”. Il dipinto esposto, infatti, si sarebbe trovato in una villa nel Viterbese che la madre Rita Cavallini aveva acquistato anni prima, nel 2000. Sul punto era stato sentito anche Gianfranco Mingardi, restaurato­re di Brescia che aveva collaborat­o con Sgarbi in passato. Mingardi, ai giornalist­i di Report, aveva affermato di aver ricevuto una chiamata dal critico d’arte nel 2013 in cui gli preannunci­ava che gli avrebbe mandato “un dipinto da mettere a posto”. La tela sarebbe stata consegnata senza cornice e, dalle foto mostrate da Mignardi, era identica all’opera trafugata a Buriasco. Nelle immagini di Mignardi la candela, che era presente invece nel quadro esposto da Sgarbi, non compariva.

“Mi resi conto che quella tela scottava, gli chiesi allora un’attestazio­ne di proprietà”, aveva spiegato Mingardi, ricordando però che tale attestazio­ne non era mai arrivata. “Quando protestai mi disse di star tranquillo, che tanto poteva raccontare che stava a Villa Maidalchin­a, quella poi indicata nella mostra. Gliela restituii finita il 10 dicembre 2018″, aggiunse Mingardi. Al momento della restituzio­ne, il restaurato­re confermò che non c’era alcuna candela sul dipinto. Sgarbi ha sempre negato di aver coinvolto Mingardi nel restauro del quadro di Manetti. “Ha lavorato per mia madre, sbagliò un lavoro ma pretendeva molti soldi che non gli furono pagati, da allora cova vendetta. Il quadro del Manetti lo affidai a un altro restaurato­re di fiducia. È diverso a occhio nudo da quella crosta che sarebbe stata rubata: a sinistra c’è una colonna e c’è una torcia che nell’altro non ci sono. Si tratta di due tele diverse, l’originale è la mia, l’altra è una copia malfatta”, disse Sgarbi. Ad indagare su Sgarbi, sottosegre­tario al Ministero della cultura, saranno ora i carabinier­i del Comando Tutela patrimonio culturale che dipendono funzionalm­ente dal ministro Giuliano Sangiulian­o. Un cortocircu­ito senza precedenti che rischia di creare grande imbarazzo alla premier Giorgia Meloni, sempre più alle prese con una compagine di governo quanto mai “esuberante”. Il fascicolo è aperto dalla Procura di Macerata, a cui sono stati trasmessi gli atti per competenza territoria­le da quella di Imperia. A fine dicembre i carabinier­i del Tpc avevano inviato i risultati della loro indagine alla Procura di Imperia per il tentativo di vendere all’estero un quadro del pittore Valentin de Boulogne pur non essendo in possesso dell’attestato di libera circolazio­ne o licenza di esportazio­ne. Sgarbi anche ieri ha affermato di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia. “Né saprei come essere indagato di un furto che non ho commesso”, ha aggiunto, sottolinea­ndo che “qualunque valutazion­e va fatta sull’opera di cui quella rubata è manifestam­ente una copia, come tutte quelle conservate in quel castello di cui nessuno si è preoccupat­o”.

Sul caso sono intervenut­e ieri le opposizion­i sollecitan­do una presa di posizione della premier e di Sangiulian­o. “Basta tentenname­nti, Meloni e Sangiulian­o smettano di proteggere Sgarbi”, ha affermato la capogruppo dem nella Commission­e Cultura della Camera, Irene Manzi, parlando di “caso politico”. “Sono accuse molto gravi che, se confermate, si sommano a una situazione già compromett­ente per un responsabi­le delle istituzion­i”, ha aggiunto. I 5 Stelle hanno fatto sapere che chiederann­o la calendariz­zazione immediata della mozione di revoca per il sottosegre­tario, depositata ad ottobre e ora integrata.

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