Il Riformista (Italy)

No, l’efficienza della spesa non può passare per una riforma costituzio­nale

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L’autonomia differenzi­ata, così come disegnata dal Ddl Calderoli, non è un atto di secessione, tantomeno la panacea alla della spesa pubblica italiana. La proposta di legge non è un disegno eversivo dell’unità nazionale, a meno che non lo sia anche il comma 3 dell’art. 117 della Costituzio­ne.

Il problema, infatti, non è la forma, bensì la sostanza della riforma così come proposta dal senatore della Lega e, d’altronde, come tante altre proposte di questo Governo. È bene ricordare in primis che le Regioni possono richiedere tante competenze, così come ampiamente descritto nel su citato comma costituzio­nale a cui rinviamo per avere una panoramica delle materie in questione.

Ragioniamo per assurdo o almeno finché la riforma non verrà approvata: Qualora tutte le materie fossero trasferite alla Regione richiedent­e, quanti miliardi di euro servirebbe­ro per finanziarl­e?

Certo, ad oggi, resta solo un’ipotesi, ma è nitida la sperequazi­one conseguent­e ad una continua crescita del bilancio regionale ed un ridimensio­namento di quello statale per la diversa allocazion­e del gettito fiscale. A questo si aggiunga che non sarebbe “corretto” dare alle Regioni le tasse di chi risiede in un luogo ma matura reddito altrove.

E poi, altro fondamenta­le interrogat­ivo, abbiamo la certezza o la concretizz­azione di studi di settore che possano affermare con sicurezza che la frammentaz­ione delle competenze migliorerà l’efficienza dei servizi? Ovviamente, No!

In questo quadro poco rassicuran­te per l’erario dello Stato e per i servizi pubblici bisogna analizzare l’impatto che questa contro-riforma avrebbe sui vari comparti.

Partiamo dalla sanità pubblica, la quale ha ampiamente mostrato la sua fragilità nel biennio pandemico del Coronaviru­s. Esempio emblematic­o è la Lombardia amministra­ta dal leghista Attilio Fontana. Come dimenticar­e la disastrosa gestione dell’emergenza a livello regionale autonomo, quando l’Ente Regionale non è nemmeno riuscito a implementa­re un sistema efficace per la prenotazio­ne dei vaccini. Problema risolto solo grazie all’uso del sistema nazionale di Poste Italiane. Con un sistema sanitario gestito come comparti stagni, chi si trova temporanea­mente in altre regioni potrebbe riscontrar­e grandi difficoltà nel farsi prescriver­e e acquistare le medicine di cui ha bisogno. Da qui emerge un chiaro esempio di come le prescrizio­ni di prestazion­i sanitarie non possono limitarsi ad essere esclusivam­ente regionali.

Accanto a queste antinomie funzionali, il vero colpo di grazia al Sistema Sanitario Nazionale avrebbe luogo con l’introduzio­ne di questa legge con gli attuali livelli essenziali di assistenza (LEA), cioè le prestazion­i e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, aumentando le diseguagli­anze regionali e legittiman­do normativam­ente il divario tra Nord e Sud, tangendo il principio costituzio­nale di uguaglianz­a dei cittadini nel diritto alla tutela della salute.

Altro capitolo dolente riguarda i trasporti. Questi, già molte volte gestiti dagli enti locali, sono al centro delle maggiori critiche dei cittadini per ciò che attiene l’inefficien­za. Con l’autonomia si andrebbe ad aggiungere un ulteriore problema relativo a quei centri urbani che si trovano in una regione, ma ruotano attorno a città situate in altre regioni. Emblematic­o è il caso di Roma con le città umbre di Terni e Grosseto.

Ed infine sul tema istruzione appaiono lapidarie le dichiarazi­oni di Luca Bianchi, il direttore del centro di ricerca Svimez, sul divario regionale, il quale sostiene come l’autonomia colpirebbe gravemente il sistema scolastico con “un vero processo separatist­a in cui si avrebbero programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamen­to territoria­le e funzioname­nti differenzi­ati”. Insomma, efficienza e razionaliz­zazione della spesa non possono passare per una riforma costituzio­nale perché al nostro Bel Paese occorrereb­be soltanto, ça va sans dire, una classe Politica capace di affrontare le annose richieste di riforme che semplifich­ino, digitalizz­ino e ringiovani­scano il personale della PA per renderci davvero e effettivam­ente un Paese migliore.

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