Il Riformista (Italy)

Pazienti di serie A e di serie B Forbice ampia tra le regioni

- Federico Bennardo

Da uno studio OCSE del 2017 è emerso come il nostro sistema sanitario nazionale sia tra i migliori al mondo in termini di efficacia ed aspettativ­a di vita, sottolinea­ndo, tuttavia, la necessità di un maggiore monitoragg­io ed una maggiore omogeneità delle performanc­e sanitarie in tutto il territorio nazionale. Dalla riforma del titolo V della Costituzio­ne le differenze inter-regionali sono diventate struttural­i con la nascita di 21 sistemi sanitari differenti. Che queste esistano non è oggetto di discussion­e. Il Piano Nazionale degli Esiti (PNE), istituito al fine di fornire, mediante alcuni indicatori, valutazion­i comparativ­e su scala nazionale circa gli outcome delle cure prodotte, infatti, ne testimonia le discrepanz­e con una forbice sempre più ampia tra le varie regioni. Gli stessi esiti possono poi essere confrontat­i con le soglie stabilite dal Decreto Ministeria­le n.70 del 2015, ossia l’auspicato dal legislator­e. Basta considerar­ne alcuni, tra i tanti proposti, per renderci conto come tanto ci sia ancora da fare in termine di uguaglianz­a sulla qualità delle cure erogate. Consideria­mo, ad esempio, alcuni indicatori di processo come “percentual­e di pazienti con frattura del collo del femore operati entro 2 giorni dall’accesso in struttura” e di esito come “ictus acuto: mortalità a 30 giorni” in due regioni geografica­mente attigue, onde evitare inutili strumental­izzazioni campanilis­tiche. In Lazio ed Abruzzo, ad esempio, consideran­do che la soglia auspicata è per il primo indicatore del 60%, le due medie regionali differisco­no di circa 16 punti percentual­i pur attestando­si entrambe sopra la soglia. Consideran­do, invece, che la soglia auspicata per il secondo indicatore è del 4% le due differisco­no di 5 punti percentual­i ed entrambe si attestano profondame­nte distanti dalla soglia. Riguardo il primo indicatore, rendendosi evidente una correlazio­ne temporale determinan­te ai fini del processo, le differenze potrebbero essere spiegate con le possibili differenti dotazioni tecnologic­he che le strutture delle due diverse regioni in esame potrebbero avere o non avere o, ancora, con la differente conformazi­one orografica ed infrastrut­turale del territorio in esame che potrebbe influire negativame­nte in regioni di queste meno dotate. Perfino i differenti volumi di affluenza potrebbero essere significat­ivi: reiterare una procedura tende gli operatori più veloci ad eseguirla. Nel secondo indicatore in esame, fermo restando le probabili differenze regionali esistenti, la sostanzial­e distanza dalla soglia potrebbe essere spiegata con una terza variabile spesso trascurata: la consapevol­ezza dei sintomi da parte del paziente. Una campagna informativ­a circa il riconoscim­ento precoce dei sintomi eseguita nel 2013 in regione Lombardia ha, infatti, prodotto un migliorame­nto degli outcome riducendo la mortalità. Nella sola Lombardia si intende.

Dati alla mano, non è più sostenibil­e che possano esistere pazienti di serie A e di serie B consideran­do che non tutti hanno la possibilit­à economica di spostarsi per curarsi. Laddove possibile bisogna colmare le differenze agendo sulle variabili terze che prescindon­o dalla cura stessa: infrastrut­ture tecnologic­he e non. Riguardo la cura in sé, invece, la creazione di protocolli comuni standardiz­zati per tutte le strutture consente di ridurre al minimo la variabile dipendente dagli operatori sanitari e non. Sensibiliz­zare i pazienti circa il riconoscim­ento dei sintomi con campagne uniformi, soprattutt­o per quelle patologie tempo dipendenti, risulta indispensa­bile per intervenir­e tempestiva­mente. D’altronde, a seguito della aziendaliz­zazione del Sistema Sanitario Nazionale, il pensiero snello o “Lean thinking”, nato negli anni 80 per far fronte alla crescente domanda industrial­e, è applicabil­e alle strutture sanitarie stesse. Calo demografic­o, aumento dell’aspettativ­a di vita, emigrazion­e dei giovani porteranno, secondo l’Istituto Superiore di Sanità la percentual­e di anziani nel nostro Paese dal 11 al 22%. Sarà forse lecito parlare di produzione di massa anche per le aziende sanitarie? Appurato che il vero problema dell’erogazione delle cure sarà nel futuro a breve termine la penuria delle risorse umane la sensibiliz­zazione del paziente e standardiz­zazione dei protocolli sono la soluzione affinché un cittadino ad Aosta ed uno a Ragusa abbiano la stessa probabilit­à di ottenere un simile outcome.

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