Il Riformista (Italy)

Sovraffoll­amento nelle carceri Situazione gravissima figlia del «panpenalis­mo di questo governo»

L’occupazion­e media è del 127% per ciascun istituto Tutto nell’illegalità e nel tradimento della Costituzio­ne

- Aldo Torchiaro

«La situazione è gravissima, i diritti non possono rimanere fuori dal carcere » : il grido di Rita Bernardini, Nessuno Tocchi Caino, squarcia l’aria. La conferenza stampa che riunisce attivisti per i diritti e parlamenta­ri riporta le lancette del problema alla mezzanotte. E’ una lunga nottata, il tunnel di chi sta in carcere. « Le regole del Consiglio d’Europa dicono che la vita all’interno delle carceri deve somigliare, pur in assenza della libertà, alla vita fuori ». In Italia non ci si avvicina nemmeno. Ci sono carceri in cui le infermerie non hanno i medicinali di base. Altri in cui per regolament­o interno non viene ammesso ai famigliari di consegnare alimenti ai propri cari. I 189 istituti penitenzia­ri italiani hanno 3640 celle inagibili. La capienza regolament­are effettiva, al netto, è di 47540 posti. Peccato che i detenuti siano 60166. Il sovraffoll­amento medio è del 127% per ciascun istituto. A spanne, Giorgia Meloni ha detto di conoscere che il sovraffoll­amento è del 120 per cento. Arrotondav­a per difetto. La media del pollo la conosciamo : se c’è qualche carcere al 100%, significa che altre hanno il 150% dei posti occupati. E tutto nell’illegalità, nel tradimento della Costituzio­ne e di tutto l’ordinament­o che norma la detenzione. Con il paradosso che per riparare ad un reato, i condannati – o anche i detenuti in attesa di giudizio – vengono sottoposti ad abusi e illeciti, in un regime illegale. Il governo cosa sta facendo ? Poco e niente, assicurano Sergio D’Elia e Elisabetta Zamparutti, che insieme a Rita Bernardini portano avanti da molti anni le attività di Nessuno Tocchi Caino. « Basti guardare all’organico sottodimen­sionato nelle carceri. Se soffrono i detenuti, soffrono anche gli agenti della Polizia Penitenzia­ria. Unica forza di polizia costretta a fare gli straordina­ri obbligati », viene illustrato da Nessuno Tocchi Caino. « I concorsi vanno deserti, i dirigenti penitenzia­ri rinunciano, perfino gli educatori faticano a stare dentro ai meccanismi di questa macchina infernale, inceppata. Tutto l’organico è sotto dotato. Anche i magistrati di sorveglian­za (260 in tutta Italia) sono pochissimi. E hanno un carico di lavoro incredel dibile, devono occuparsi di mille adempiment­i con obbligo di reperibili­tà 24 ore su 24, per turni su tutto l’anno. Non ce la fanno, non ce la possono fare ». Basti pensare ai centomila « liberi sospesi » che stanno fuori dal carcere per anni, prima di aspettare una decisione del magistrato di sorveglian­za. Un quadro drammatico e struttural­e.

E’ urgente correre ai ripari. Una prima proposta, a prima firma deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti, prevede di portare da 45 a 75 i giorni di liberazion­e anticipata. Una misura piccola ma efficace per ridurre l’impatto degli oltre 14mila detenuti con due anni di pena da scontare. E poi una seconda iniziativa : affidare la facoltà di concedere pene alternativ­e ad una parte della detenzione ai Direttori degli istituti di pena, che conoscono i detenuti e non solo gli incartamen­ti. Una misura che alleggerir­ebbe il carico di lavoro dei magistrati di sorveglian­za. « Abbiamo avuto il primo governo Conte dove il contributo di Bonafede e del capo del Gap, Basentini hanno contribuit­o ad aggravare la situazione nelle carceri, dove la situazione è diventata esplosiva ». Giachetti mette in luce il cuore del problema : « Il panpenalis­mo di questo governo, autentica fabbrica di nuovi reati, è insostenib­ile. Il 26% dei detenuti sono in attesa di giudizio, non è accettabil­e in uno Stato di diritto ». Maria Elena Boschi, concludend­o l’incontro, lancia un’idea ulteriore : « Bisognereb­be rendere obbligator­ia per tutti i parlamenta­ri una visita in carcere. Questo aiuterebbe i decisori a capire quanto sia grave la situazione umanitaria nelle case di pena. « Visto che il problema riguarda le competenze del Sottosegre­tario Delmastro, chiediamo che perlomeno le sue deleghe vengano distribuit­e ad altri, con una postura istituzion­ale meno scivolosa di quella che abbiamo visto finora da lui », conclude Boschi. Proposte e appelli che non rimangono sulla sola carta ma saranno sulla pelle dei promotori, che tra pochi giorni inizierann­o un Satyagraha, uno sciopero della fame a staffetta per chiedere alla premier Giorgia Meloni di ascoltarne le ragioni.

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