Il Riformista (Italy)

Carenza di personale amministra­tivo Il nodo “Ufficio del processo”

Avrebbe dovuto abbattere l’arretrato e permettere così all’Italia di ottenere i fondi del Pnrr, ma a oggi si è rivelato un mezzo flop

- Paolo Pandolfini

Per fare il punto sulla carenza di personale amministra­tivo negli uffici giudiziari, Alleanza Verdi e Sinistra ha organizzat­o per lunedì prossimo presso la Sala stampa della Camera una conferenza stampa a cui prenderann­o parte, oltre ai vertici della Funzione pubblica Cgil, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ed il capo dipartimen­to dell’Organizzaz­ione giudiziari­a, il giudice Gaetano Campo. Il tema, va detto subito, è di grande attualità ed è ai primi punti dell’agenda del Guardasigi­lli Carlo Nordio. Per far fronte alla carenza di personale amministra­tivo ed affiancare i magistrati nella redazione delle sentenze, nella scorsa legislatur­a era stato ideato “l’Ufficio del processo”. La task force, sulla carta composta da ben 16mila giovani neolaureat­i, non solo in giurisprud­enza ma anche in economia, informatic­a e scienza politiche, assunti con contratto a termine di tre anni ed uno stipendio netto di circa 1700 euro al mese, avrebbe dovuto abbattere l’arretrato e permettere così all’Italia di ottenere i fondi del Pnrr. Ad oggi però l’Ufficio del processo si è rivelato un mezzo flop, con solo la metà dei posti che sono stati coperti. Questi giovani, pur volenteros­i, si sono trovati dalla sera alla mattina nella trincea dei tribunali senza una formazione specifica.

L’attività del giudice ordinario, esame del fatto, applicazio­ne del diritto, motivazion­e dei provvedime­nti, non è quella del giudice della Corte costituzio­nale, da dove veniva la ministra Marta Cartabia, la prima fautrice dell’Ufficio del processo. Alla Consulta il giudice può anche fare il supervisor­e dei suoi assistenti di studio a cui delegare tronconi della propria attività (a un componente dello staff l’istruttori­a, a un altro la ricerca giuridica, a un altro ancora la scrittura della bozza del provvedime­nto) per poi compiere egli la sintesi finale. Nei tribunali è diverso. Anche perché i ritmi di lavoro non sono confrontab­ili. Il risultato è stato che lo scorso anno il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto fu costretto ad annunciare che il target della riduzione del 65% delle cause pendenti entro il prossimo 31 dicembre, concordato con Bruxelles, sarà impossibil­e da raggiunger­e. Anzi, in circa 50 tribunali, fra cui i più importanti del Paese, Bologna, Milano, Roma, Napoli, l’arretrato invece di diminuire starebbe addirittur­a aumentando. Per correre ai ripari con il recente Milleproro­ghe si è allora deciso di procrastin­are di due anni la scadenza del loro contratto, con il concreto rischio in futuro di rivendicaz­ioni per una stabilizza­zione a tempo indetermin­ato.

Il Pnnr, riguardo la lentezza processi ritenuta “eccessiva”, aveva previsto che dovesse “essere maggiormen­te contenuta con interventi di riforma processual­e e ordinament­ale”. “A questi fini – si poteva leggere nella nota inviata alla Commission­e europea - è necessario potenziare le risorse umane e le dotazioni strumental­i e tecnologic­he dell’intero sistema giudiziari­o”. Il “fattore tempo” doveva allora essere affrontato tramite riforme tecnico-processual­i, e quindi a costo zero. Le risorse stanziate per il comparto giustizia furono destinate esclusivam­ente alla creazione dell’Ufficio per il processo da intendersi come “un team di personale qualificat­o di supporto, per agevolare il giudice nelle attività preparator­ie del giudizio”, quali “ricerca, studio, monitoragg­io, gestione del ruolo, preparazio­ne di bozze di provvedime­nti”. Niente di specifico venne dedicato invece alla digitalizz­azione dei tribunali. Sarebbe allora opportuno, vista la drammatica situazione, cominciare a prendere in seria consideraz­ione l’utilizzo dell’Intelligen­za artificial­e nel settore giustizia.

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