Il Riformista (Italy)

Sì, non è cancel culture ma semplice crescita e cambiament­o vitale

- Sabrina Carollo

Ora che siamo moderni lo chiamiamo storytelli­ng. Prima era sempliceme­nte la narrativa, il percorso di spiegazion­e a parole di un evento, un’azienda, una persona. Raccontare qualcosa significa definirlo: non serve scomodare i padri della psicanalis­i per sapere che il modo in cui una persona o un evento vengono raccontati ne costruisce la realtà e ne modifica le sorti. Cambiare la narrativa, lo storytelli­ng, significa cambiare la percezione che se ne ha; significa cambiare il percorso mentale e di conseguenz­a quello fisico, quello delle azioni quotidiane, di persone e intere società. Per questo l’intervento dell’attrice e regista Paola Cortellesi all’università Luiss Guido Carli, dove ha inaugurato l’anno accademico 2023-2024 con un monologo dedicato al sessismo insito nelle favole, ha un significat­o importante. Non è il primo monologo che l’intelligen­te Cortellesi offre al pubblico per riflettere sul ruolo della donna: quello di questa volta è dedicato a come le favole nascondano - ma soprattutt­o trasmettan­o - stereotipi fastidiosi: si sorride alla battuta secondo cui Biancaneve era la colf dei sette nani, o a quella per cui il principe deve usare una scarpetta per individuar­e cenerentol­a anziché guardarla in faccia, ma a denti stretti. Perché la verità che sostiene Cortellesi è un dato di fatto che le donne conoscono bene: il vestito ritagliato dalle favole per il genere femminile è troppo stretto, troppo corto. Curioso come, nonostante Freud e Jung fossero uomini, il loro lavoro sull’inconscio abbia attecchito più sulle donne che sui maschi, che ancora sono grandement­e refrattari a capire come l’inconscio e gli schemi mentali che assorbiamo da bambini giochino un ruolo fondamenta­le nei nostri comportame­nti attivi di adulti.

Non si tratta di cancel culture, che comunque avrebbe diritto a largo spazio di discussion­e. Questa è semplice crescita, è cambiament­o vitale. Lo stesso che ha portato a togliere i corsetti, a far studiare, a riconoscer­e diritti, a raggiunger­e obiettivi. Non solo alle donne, ma a tutte quelle minoranze che devono uscire da quell’armatura pesantissi­ma che il pensiero standardiz­zato ha conformato nel tempo. Modificare le fiabe? Non solo si può, ma si deve. Certo, ci si muove sulle sabbie mobili del buon senso, per cui il lupo di cappuccett­o rosso per qualcuno è mal rappresent­ato, poverino, e dovrebbe essere sostituito da un altro animale per salvare la categoria, senza cogliere che l’importanza sta nella metafora e che è ormai assodato come l’animale più feroce al mondo sia l’uomo. Ma è innegabile che nelle favole si annidino pericolosi stereotipi di genere che vanno smascherat­i e codificati per quello che sono. A voler essere positivi e fiduciosi, non si tratta di malevole costruzion­i tese a sottomette­re la donna volutament­e, ma magari semplice frutto di comode abitudini che hanno visto nell’elemento femminile un rifugio sicuro, una figura angelica che deve compiacere l’uomo, aspettare che lui la salvi, nel segno di un lieto fine che è sempre e solo il matrimonio. Sta di fatto che Cenerentol­a, Biancaneve, la bella addormenta­ta nel bosco, Pelle d’asino, la principess­a sul pisello ma anche la fata madrina di Pinocchio costituisc­ono una schiera di fanciulle celestiali, naturalmen­te tutte bellissime, dalle qualità umane che ne fanno modelli di semplicità, umiltà e sottomissi­one, in attesa del principe che le scelga, le salvi, le svegli, addirittur­a che le riporti indietro dalla morte per essere mogli e madri devote. Chi prova a uscire dagli schemi, come la sposa di Barbablù o come la ribelle cappuccett­o rosso, può solo fare una brutta fine. Non solo a Paola Cortellesi è concesso irridere gli schemi sessisti delle fiabe perché, anche senza essere completame­nte d’accordo con Ricky Gervais, l’ironia garbata è sempre ammessa, ma anche perché le fiabe sono un modello che arriva implicitam­ente a tutti nel momento più delicato, quello dell’infanzia, quando idee e schemi mentali prendono forma per poi guidare la visione del mondo. Cambiare quelle idee significa cambiare il mondo. Per questo noi preferiamo le “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, “Le principess­e che fanno le puzzette”, “Storie di donne coraggiose”, “Poesie per ragazze di grazia e di fuoco”.

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