Sapere e saper fare per essere capitano
L’esempio di Aslam, nata nel 1996 come Associazione Scuole Lavoro Alto Milanese per rispondere alle necessità di formazione professionale del territorio
Apensarci bene non ci dobbiamo inventare niente, dobbiamo solo riscoprire ciò che è utile per i ragazzi. Siamo il paese in cui nelle “botteghe” del rinascimento i maestri insegnavano l’arte agli allievi, in cui Don Bosco parlava dell’“intelligenza nelle mani” e il paese che faceva terminare il percorso di apprendistato con il “capolavoro” ovvero l’esame finale pratico dei giovani. Poi c’è stato – e forse c’è ancora – un lungo periodo in cui abbiamo teorizzato e messo in pratica un sistema che ha voluto limitare se non eliminare questi percorsi in cui competenze pratiche ed insegnamenti sul campo stavano insieme, teorizzando che “l’ascensore sociale” dovesse essere per forza il liceo, magari sottoforma del biennio degli istituti professionali. Molti decenni dopo queste scelte ci troviamo a dover constatare di essere in presenza di una disoccupazione giovanile sempre molto alta, abbandoni scolastici preoccupanti e che riguardano soprattutto alunni delle scuole professionali, un record europeo poco invidiabile ovvero quello dei cosiddetti Neet, coloro che non studiano né lavorano e sono giovani che un percorso di studi lo hanno anche terminato. Tutti segnali preoccupanti che devono interrogarci.
Senza giri di parole o schemi ideologici dovremmo oggettivamente dire che conoscenze e competenze possono stare insieme. “Sapere” e “saper fare” possono convivere. La storia della Cooperativa Sociale Aslam ne è un esempio, nata nel 1996 come Associazione Scuole Lavoro Alto Milanese per rispondere alle necessità di formazione professionale del territorio a nord di Milano. Ne racconta bene la storia il libro “Un mestiere per vivere”, edito qualche anno fa dalla Fondazione per la Sussidiarietà. Il suo presidente Angelo Candiani spiega bene cosa cercano di fare tutti i giorni: “Accompagniamo i nostri studenti nella scoperta del loro potenziale, cercando di trasmettere competenze tecniche ma soprattutto passione per la professione. Non ci inventiamo niente, partiamo dalle esigenze dei territori, siamo in stretto contatto con le comunità per capire le esigenze e cerchiamo di formare le figure professionali insieme a chi quei mestieri li conosce a fondo. Aiutiamo il sistema produttivo, certo, ma soprattutto aiutiamo i ragazzi a trovare la propria vocazione”. Candiani ci racconta come è nata Aslam. “Nel 1996 ero direttore della CDO (Compagnia delle Opere) della zona e molti imprenditori mi chiedevano: ‘Non hai un bravo ragazzo da presentarmi per inserirlo in azienda? Perché cerchiamo ma non riusciamo a trovare’. Una situazione paradossale visto che la disoccupazione era altissima. Così abbiamo tentato di fare corsi per macchine utensili: fresatori e tornitori. Siamo partiti così e continuiamo così. La nostra sfida è che la formazione sia una prima scelta e non una scelta residuale”. I percorsi sono tanti, perché diverse sono le esigenze e sempre in movimento. Dalla meccanica, all’automazione industriale, dalla manutenzione di aeromobili, ai servizi logistici, operatore del legno e tanto altro. Insieme a FederLegnoArredo nasce il polo formativo del legno. “Gli imprenditori del legno domandavano giovani che potesse conoscere il prodotto, i materiali, le modalità di lavorazione, ma anche i mercati di sbocco e le dinamiche della distribuzione - spiega Candiani - e soprattutto non volevano disperdere la tradizione, l’esperienza e il gusto per il bello”. Un’esperienza che nel 2022 ha preso il nome di Artwood Accademy, un luogo dove si realizza tutta la filiera formativa, dalla formazione professionale fino all’ITS. Esperienza analoga, non per tema ma per caratteristiche, è quella avviata a Malpensa, dove vengono formati i manutentori di aeromobili, con sbocchi occupazionali molto interessanti. Anche qui sono proposti diversi percorsi ITS, è la formazione post-diploma che funziona e dove scuole, enti di formazione, aziende ed università collaborano insieme. Nel 2021 apre la sede anche a Milano, una bella sfida. Logistica, pelletteria, elettromeccanica, manutentori di ascensori, conduzione trasporto pubblico e ferroviario. Una sfida anche educativa, in questa sede su 138 ragazzi iscritti si contano 23 etnie diverse. Si deve tenere conto dell’attenzione culturale ed è una provocazione continua per gli educatori. E chi lavora con i ragazzi non finisce mai di sorprendersi quando qualche ex allievo torna, magari con la famiglia, i figli un bel lavoro, spesso arrivano con la divisa da lavoro e ringraziano del percorso, professionale ed umano. Il Bilancio Sociale del 2022 è una fotografia che esprime nei numeri tutto il potenziale in opera: 66 corsi attivati, 836 iscritti ai corsi, più di 32mila ore di formazione in aula e laboratorio, 351 aziende coinvolte. Ma i numeri non raccontano realmente tutto, molto di più fanno i ragazzi. Samuele ha 19 anni e si lascia alle spalle un paio di storie di fallimenti scolastici, insuccessi che sono acqua passata tanto che racconta: “Quando ho realizzato il mio primo pezzo ero fiero di me stesso: questo l’ho fatto io con le mie mani e con le mie capacità”. Un ex allievo, Lorenzo detto Lollo, uscito 11 anni fa dal corso e adesso capo officina in una azienda, è tornato e ha chiesto se poteva insegnare e da ottobre ha iniziato. Alessia ha terminato il percorso da manutentore aeronautico che ha sede a Malpensa, è entrata in una grande impresa di aeromobili e tutte le volte che fa un turno di notte in azienda - che si trova vicino alla sede dei corsi - stacca e viene ad insegnare. Lo fa su sua richiesta per portare la sua esperienza lavorativa e umana ai nuovi studenti. Quello che hanno ricevuto, le competenze ma anche il rapporto umano e di amicizia, lo vogliono trasmettere ed è il segno che i giovani non sono svogliati, disimpegnati, con la testa chissà dove. Hanno bisogno di trovare la loro strada e hanno bisogno di adulti veri. Io capitano di Matteo Garrone ci ha entusiasmato – ci dice Candiani - e a breve cercheremo di fare una proiezione con tutti i ragazzi. “Ci ha entusiasmato questo film perché descrive bene la storia di tanti nostri ragazzi. A modo loro ognuno si sente la responsabilità di essere ‘capitano’ della sua vita e non solo, perché si sentono parte di una comunità, di un gruppo di amici. Senti la responsabilità su te stesso ma anche sugli altri, su chi ti è prossimo”. Si parte da un tornio, insieme ad un maestro che ti insegna, e si finisce per essere “capitano”.