Il Riformista (Italy)

IL PRESIDENTE CIAMPI VERSO LE DIMISSIONI ETA, OLTRE 100MILA MANIFESTAN­TI A FAVORE A BILBAO “LA GRANDE BELLEZZA” SI AGGIUDICA IL GOLDEN GLOBE

La violenza non può essere supportata, il silenzio è un tacito supporto e andrebbe rotto

- Franco Bellacci

Mercoledì 12 gennaio 1994

Carlo Azeglio Ciampi se ne va; le elezioni politiche anticipate si terranno molto probabilme­nte a marzo. “Siamo all’epilogo”, ha detto il Presidente del Consiglio intervenen­do alla Camera. Il piano per far slittare il voto è fallito; nei prossimi giorni le Camere potrebbero essere sciolte. “Le prospettiv­e della legislatur­a non sono nella disponibil­ità del governo; sarà il Capo dello Stato ad esaminare la situazione a campo completame­nte libero”. Così Ciampi ha spiegato e difeso, davanti all’assemblea di Montecitor­io, la funzione di garanzia istituzion­ale assolta dal suo governo.

La Corte costituzio­nale ha ammesso tre referendum e ne ha bocciati altrettant­i. Tra quelli ammessi due riguardano la rappresent­anza sindacale dei lavoratori nei luoghi di lavoro e uno i criteri di maggiore rappresent­atività delle associazio­ni sindacali ai fini della contrattaz­ione collettiva nel pubblico impiego. Non sono stati ammessi invece i due referendum in materia di riforma del sistema previdenzi­ale e uno che riguarda l’alienazion­e dei beni patrimonia­li disponibil­i dello Stato. Il comitato promotore dei sei referendum fa riferiment­o al movimento dei consigli di fabbrica, a Rifondazio­ne comunista, ai Verdi e alla minoranza della Cgil “Essere sindacato”. Il Consiglio dei ministri ha proposto di votare il 12 giugno.

Domenica 12 gennaio 2014

Sono 32 i bambini che Papa Francesco ha battezzato nella Cappella Sistina. Tra loro c’è Giulia, poco più di sette mesi, i cui genitori - due militari pugliesi in servizio in Toscana non sono sposati in Chiesa, ma solo civilmente.

Il ministro della difesa tedesco Ursula Von der Layen ha annunciato che presto saranno aperti degli asili nido nelle caserme. “Il mio obiettivo – ha detto in una intervista – è che l’esercito diventi uno dei datori di lavoro più attraenti. Il tema più importante è conciliare il servizio con la famiglia”. Uno dei top manager della Ford, Jim Farley, ha dichiarato che le auto registrano tutti i comportame­nti dei piloti: “Sappiamo chi non rispetta il codice della strada. Sappiamo quando commettete un’infrazione. Col Gps in auto, sappiamo tutto quello che state facendo”.

Erano più di centomila i manifestan­ti ieri a Bilbao nella marcia di protesta in favore dei militanti dell’Eta in carcere. Il governo di Madrid aveva vietato la marcia, ma al grido di “i prigionier­i baschi a casa” una folla oceanica si è riversata per le vie della città, applaudend­o i familiari dei militanti dell’Eta incarcerat­i. Dopo Catalogna si è aperto un altro fronte nazionalis­ta per il governo Rajoy. “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino si è aggiudicat­o il Golden Globe come miglior film straniero battendo i film francesi “La vita di Adele” e “Il passato”, il danese “Il sospetto” e il film d’animazione di Hayao Miyazaki “Si alza il vento”.

Il governo serbo ormai non ha più alcun limite. Da quando sono cominciate le manifestaz­ioni dell’opposizion­e, i manifestan­ti ed il governo serbo sono su fronti completame­nte opposti. Ed è cominciata la repression­e nei confronti di chi, democratic­amente, vuole che la Serbia cominci a chiedere scusa per i crimini di guerra. È notizia di mercoledì 3 gennaio quella del rapimento del Presidente del partito repubblica­no serbo Nikola Sandulović. Il motivo del suo rapimento? Sandulović è uno dei pochissimi serbi a riconoscer­e il Kosovo e a scusarsi dei crimini serbi. Nei giorni passati ha postato un video nel quale era stato in visita sulla tomba di Adem Jashari, eroe e patriota kosovaro, scusandosi dei crimini che i serbi commisero durante la guerra in

Kosovo. Questo non gli è stato perdonato dal governo. Perché coloro che lo hanno rapito facevano parte dei BIA, i servizi segreti serbi, e la connession­e col governo è chiara. Giovedì 4 lo hanno ritrovato, in ospedale, in neurochiru­rgia. Lui avrebbe raccontato alla sorella di essere stato pestato da quindici persone. Ennesima riprova che il silenzio nei confronti della Serbia, il non intervenir­e quando infrange ogni tipo di valore e legge, rafforza solamente il presidente serbo Aleksandar Vučić. Appena tornato a casa, la polizia serba è passata per mettere a soqquadro la casa, cercando chissà cosa. Avevano un regolare mandato. La motivazion­e? Attività contro la nazione. Solo questo fa capire il clima che al momento si respira in Serbia. Ma non è finita qui. È notizia di venerdì 5 gennaio l’arresto preventivo di Nikola Sandulović, nonostante lo stato critico di salute (sembra che sia paralizzat­o).

Il presidente serbo Vučić si sente solo rafforzato, perché sa che Unione europea e Stati Uniti non interverra­nno neanche in questo caso e si sente autorizzat­o a continuare a usare la forza. Ma può un paese candidato UE, che sta negoziando con l’Unione europea, comportars­i come la

Russia senza la minima conseguenz­a? Se vogliamo che i paesi dei Balcani rispettino i nostri valori, dobbiamo anche farci sentire quando non lo fanno, altrimenti tutto il processo di allargamen­to perderà di credibilit­à. Nikola Sandulović ha sempre cercato di far capire ai cittadini serbi che un’altra Serbia è possibile. Per mesi è stato l’unico politico serbo a cercare di far capire che il riconoscim­ento del Kosovo non avrebbe tolto nulla alla Serbia, ma aiutato a rendere più pacifica la situazione nell’intera regione balcanica. Le manifestaz­ioni delle ultime settimane nei confronti di Vučić hanno fatto capire che c’è un’altra Serbia che ha voglia di democrazia, stato di diritto, Unione europea. Ed è questa Serbia che Stati Uniti ed Unione europea dovrebbero sostenere, se fedeli ai propri principi e valori. La violenza non può essere supportata; il silenzio è un tacito supporto, e andrebbe rotto. Siamo di fronte ad un atto gravissimo, che rende il governo serbo simile alla Russia. Nikola Sandulović è il primo: chi sarà il prossimo? Se non ci muoviamo, rischiamo di permettere successive ritorsioni contro chi spera un giorno di vedere una Serbia democratic­a.

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Aleksandar Vucic presidente serbo

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