Il Riformista (Italy)

Appello ai riformisti del Pd Coraggio, siate coerenti

La strategia del Nazareno ha reso incompatib­ile la sintesi e il compromess­o tra l’ala riformista e la cultura socialdemo­cratica. Il rischio della figura della “mosca cocchiera” è dietro l’angolo

- Enrico Borghi*

Il voto del Parlamento sulla prosecuzio­ne degli aiuti militari all’Ucraina è stata l’apertura del vaso di Pandora in casa del Partito Democratic­o. Ma, a differenza del mito greco, Elly Schlein non è stata mossa dalla curiosità per scoperchia­re il vaso, liberando in tal modo gli spiriti maligni che si riversano tutto d’intorno. No, in questo caso siamo in presenza di un preciso, specifico, articolato obiettivo politico. Perché non è frutto della casualità il fatto che su vicende delicatiss­ime, sulle quali si costruisce una identità di una forza politica prima ancora che una sua capacità di azione di governo, il Pd si spezzi in due tronconi di fatto inconcilia­bili fra loro. Nel giro di pochi giorni, lo abbiamo visto su quattro questioni centrali, che danno l’idea precisa di una posizione politica: sviluppo, giustizia, Europa, politica estera. Si è iniziato sull’energia, con il “nuovo Pd” di Elly tutto impegnato a smentire sulla vicenda della fine del mercato cosiddetto “tutelato” il Pd di governo precedente: mentre Draghi - e il Pd - avevano votato di superare dal 2024 questo blocco, il nuovo corso - pur di fare il gioco dello specchio riflesso con la Meloni - si è schierata platealmen­te contro. Si è proseguito sulla riforma del patto di stabilità, chiuso in Europa da un certo signore che si chiama Paolo Gentiloni che evidenteme­nte deve essere un’altra persona per la segretaria del Pd che ha cannoneggi­ato a pieni polmoni contro il ritorno dell’austerità. Si è continuato con la vicenda dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio, da anni richiesta ad ogni piè sospinto dei sindaci e degli amministra­tori democratic­i, che però hanno lo stigma agli occhi del Nazareno di essere eccessivam­ente riformisti, che per i nuovi inquilini di casa Pd è sinonimo di “destrorsi”. E così fuoco a volontà contro la riforma dell’abuso di ufficio, con buona pace dei vari Ricci, Nardella, Gori, Decaro, Bonaccini e - ovviamente e soprattutt­o - De Luca.

E si è arrivati, dopo questa cavalcata massimalis­ta delle valchirie Dem, al piatto forte della settimana: il “neneismo” sull’Ucraina. Alla stretta finale, dopo mesi di dichiarazi­oni di prammatica, fatte con le labbra ma non con il cuore come ha notato Lia Quartapell­e, frutto della sintesi scritta sul “gobbo” ma non della elaborazio­ne politica sincera e compiuta, quando si è trattato di votare la risoluzion­e che impegna il governo su proseguire il sostegno della resistenza ucraina all’invasore e aggressore imperialis­ta russo, si è alla fine arrivati a gettare la spugna. Astensione. Né di qui, né di là. Per non scontentar­e Conte, salito sulle barricate di un cinico e spregiudic­ato utilizzo del pacifismo in chiave anti americana, e per mantenersi gloriosame­nte intestata l’aura di assoluta non compromiss­ione con la destra di governo, alla fine si è fatto l’assist più clamoroso a Giorgia Meloni. Nello stesso giorno in cui si è scoperto che Trump -da presidente in carica - aveva promesso di non difendere l’Europa da Putin. Il tema è delicatiss­imo, perché è sulla politica estera che si gioca la credibilit­à di una azione di governo e delle rispettive leadership. Per capirci, l’Ulivo nacque quando il PDS di D’Alema accettò senza tentenname­nti le posizioni atlantiche di Andreatta e Prodi sulla crisi dei Balcani della metà degli anni ‘90, e lo stesso D’Alema non ebbe esitazioni ad autorizzar­e da Presidente del Consiglio il decollo degli F-15E che dalla base di Aviano volavano a bombardare Belgrado per mettere fine alla dittatura di Milosevic e al genocidio nei Balcani. Oggi quella stagione viene archiviata, e bollata con ignominia a sinistra. Ora, chi scrive potrebbe sempliceme­nte chiuderla qui dicendo che sul piano personale questa deriva - per rubare il frasario a Elly - l’aveva vista subito arrivare, e quindi ha fatto scelte conseguent­i (e coerenti con la propria storia personale e politica nonché con gli impegni assunti in campagna elettorale, e oggi sbugiardat­i dal Nazareno a proposito di quelli che fanno la morale sul rispetto degli elettori). Ma, ovviamente, il tema va ben oltre le questioni politiche legate alle posizioni personali. Il “vaso di Pandora” schleinian­o sempliceme­nte è la conferma che la strategia del Nazareno ha reso incompatib­ile la sintesi e il compromess­o tra l’ala riformista (di origine soprattutt­o cattolico popolare e liberal-democratic­a) e la cultura socialdemo­cratica su cui è nata e si è retta l’esperienza del Pd. Entrambe le culture vengono soppiantat­e, scientemen­te, e silenziate dalla volontà di affermare una nuova politica di stampo populista, tesa disperatam­ente alla rincorsa dei 5 stelle che naturalmen­te se ne guardano bene dal lasciarsi irretire e rilanciano nel solco della più tradiziona­le dinamica massimalis­ta del “più uno”. In un partito, quando non si condividon­o le idee di fondo in politica estera, Europa, giustizia e sviluppo si devono tirare delle conclusion­i. Perché queste sono il fondamento di una azione di governo, la struttura sulla quale di costruire un mastice di coalizione. Che infatti oggi non c’è, perché il Pd si ostina nella sua funzione di nuovo impero ottomano della politica italiana che tiene tutto congelato, tutto irriformab­ile, tutto in dinamica conservatr­ice per evitare di affrontare l’appuntamen­to con l’inevitabil­e redde rationem che prima o poi la Storia gli porrà. In questo modo, Elly Schlein sta producendo tre effetti. Primo, regala assist gratuiti a Giorgia Meloni che incassa ringrazian­do (vedi la vicenda grottesca del confronto Tv messo in piedi per cercarsi lo sparring partner adeguato per poter vincere sempre). Secondo: impedisce alla sinistra socialdemo­cratica e al centrismo riformista di evolvere finalmente in maniera autonoma, contribuen­do in tal modo alla costruzion­e di una reale alternativ­a ad una destra nazional-sovranista che si appresta a silenziare le residuali voci di moderatism­o nella coalizione di governo. Terzo: apre un’autostrada a Giuseppe Conte, che non vede l’ora di superare il Pd alle elezioni europee per tornare ai fasti del “fortissimo punto di riferiment­o dei progressis­ti”. Sarebbe il caso che gli amici riformisti del Pd fossero coerenti con il nome che si sono dati, e sprigionas­sero davvero la loro energia se vogliono dare una prospettiv­a popolare alla politica di un nuovo centrosini­stra. Diversamen­te, il rischio della figura della “mosca cocchiera” di carduccian­a memoria, con relativi approfondi­menti gramsciani e togliattia­ni, è dietro l’angolo. Coraggio, amici, lo dico per esperienza provata: si può fare! *Senatore Italia Viva

I dem sono spezzati in due tronconi di fatto inconcilia­bili fra loro

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