400 panchine bianconere per Allegri «Un onore raggiungere questo traguardo»
Quattro volte Panchina d’oro e altrettante come miglior allenatore al Gran galà del calcio
Più che per il risultato sportivo in sé, la gara di ieri sera a Torino ha significato per Massimiliano Allegri il raggiungimento della sua 400° presenza sulla panchina della Juventus. Terzo in assoluto alle spalle dell’inarrivabile Giovanni Trapattoni, primo della lista a quota 596, e di un Marcello Lippi ormai a un tiro di schioppo dall’essere agganciato (il tecnico di Viareggio ha collezionato in tutto 405 panchine in bianconero), Allegri è davvero a un passo dall’affiancare un vero e proprio mostro sacro della storia della Vecchia Signora com’è stato l’allenatore del Mondiale di Germania 2006. Allegri, che durante la sua permanenza all’ombra della Mole ha gustato le vittorie più dolci e, al contempo, affrontato la durezza della contestazione dei tifosi, sa bene che essere accostato a Trapattoni e Lippi non è cosa da tutti. Non lo è sotto il profilo strettamente professionale, non lo è per chi non ha mai temuto di mettere in piazza i suoi convincimenti, anche quando farlo significava andare ostinatamente controvento.
“Un onore raggiungere questo traguardo”, queste le parole che l’uomo d’ordine della Juve s’è lasciato scappare alla vigilia della partita col Frosinone, cui non ha fatto mancare una valutazione – “Ha un valore importante”, ha detto – che, in estrema sintesi, spiega molto più di tanti altri giri di parole il suo attaccamento al club. Restare alla guida della squadra più titolata d’Italia, ed è facile intuirlo, porta con sé pressioni non da poco. Si stimano in otto milioni i sostenitori della compagine bianconera nel Bel Paese, numero che sale a quota 27 milioni se si allarga lo spettro all’intero mondo. A un tal numero di appassionati coincidono altrettanti allenatori mancati, considerazione che specie in Italia fa sì che le scelte tecniche adottate in campo divengano perennemente motivo di discussione e di critica, specie quando non si tramutano in successi e conseguenti punti da mettere in cascina. È questo il destino degli allenatori più in vista, questa è la quotidianità di un tecnico che ha saputo vincere cinque scudetti di fila alla Juventus e, nonostante questo, sa bene di finire sulla graticola ogni qualvolta l’orchestra non suona tutta la partitura come dovrebbe fare, cioè alla perfezione. Un dominio incontrastato in Italia ha consacrato la sua squadra regina assoluta dal 2014 al 2019, con l’aggiunta di quattro edizioni della Coppa Italia e due di Supercoppa a impreziosire il contributo alla causa. Dopo aver salutato tutti nel 2019, Maurizio Sarri prima e Andrea Pirlo poi gli sono succeduti mettendo in bacheca un altro tricolore, una Supercoppa e la Coppa Italia numero 14 della serie. A due anni dall’addio, il ritorno di fiamma e un primo biennio avaro di soddisfazioni, complice un gruppo ormai ai titoli di coda e le note vicende extra-campo che la scorsa stagione hanno portato all’estromissione dall’Europa. A due punti dalla capolista Inter al termine del girone d’andata, la squadra torinese fa oggi della concretezza la sua arma migliore, in attesa che lì davanti qualcosa si inceppi e, a quel punto, ci sia l’occasione del sorpasso in vetta. Che dire di più, a questo punto, di Max Allegri? Piaccia o meno il suo modo d’interpretare il ruolo, è indiscutibile che la fama del vincente se la sia guadagnata sul campo con il primo scudetto al Milan e, forse ancor prima, con la promozione dalla C del Sassuolo. Quattro volte Panchina d’oro, altrettante miglior allenatore al Gran galà del calcio e un posto nella Hall of fame del pallone nostrano stanno lì a raccontare un passato glorioso e un futuro che a nemmeno 57 anni è tutto fuorché già scritto. L’aver vinto più delle metà delle 802 partite disputate, del resto, vorrà pur dir qualcosa, con il picco del 66% con i colori bianconeri a ricordare ai tutti che i numeri nel calcio contano, e contano davvero.*