Il Riformista (Italy)

Bilancio amaro La fine del fondo da 25 milioni per i disturbi alimentari

L’aumento impression­ante del 96% negli accessi al pronto soccorso, del 56% nei ricoveri e del 24% nei day hospital, mette in luce l’urgenza di sostenere la salvaguard­ia della salute mentale

- Emanuele Caroppo* *Psichiatra e Psicoanali­sta SPI

La recente abolizione, nell’ambito della nuova legge di bilancio, del Fondo da 25 milioni di euro per i disturbi del comportame­nto alimentare è un duro colpo per la salute pubblica. Soprattutt­o con l’età media di insorgenza di questi disturbi scesa tra i 12 e i 15 anni, e con i casi post-Covid legati a tali patologie raddoppiat­i. L’aumento impression­ante del 96% negli accessi al pronto soccorso, del 56% nei ricoveri e del 24% nei day hospital, secondo uno studio dell’Ospedale Bambino Gesù, mette in luce l’urgenza di sostenere la salvaguard­ia della salute mentale, soprattutt­o quella dei più giovani. Secondo una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicata nel marzo 2022, i pazienti trattati presso i Centri accreditat­i per i disturbi del comportame­nto alimentare in Italia sono quasi 9.000. Tuttavia, questa cifra potrebbe essere significat­ivamente inferiore rispetto ai circa 3 milioni di persone che necessiter­ebbero di trattament­i, ma non accedono alle cure o non lo fanno in modo adeguato. La possibile mancanza di finanziame­nti dal prossimo 31 ottobre desta preoccupaz­ione, non fosse altro, solo in consideraz­ione di questi dati. La complessit­à dei disturbi alimentari, quali anoressia e bulimia che coinvolgon­o mente e corpo, li rende paragonabi­li a patologie oncologich­e. Vanno affrontati in modo multidisci­plinare e, il Fondo cancellato, ha permesso, a oggi, l’assunzione di 780 profession­isti specializz­ati, tra cui psicologi, psichiatri, neuropsich­iatri infantili, infermieri, dietisti e medici specialist­i in nutrizione clinica. In Italia, ci sono attualment­e 126 strutture specializz­ate, di cui 112 sono pubbliche e 14 private accreditat­e. E tuttavia, anche questa rete di strutture è considerat­a insufficie­nte davanti alla imponenza del problema. Senza considerar­e le disparità significat­ive nella distribuzi­one delle strutture specializz­ate tra le regioni, con la maggior parte concentrat­a al Nord. Il mancato stanziamen­to di nuovi fondi mette a rischio di chiusura gli ambulatori entro il 2024, interrompe­ndo l’assistenza a pazienti già in cura e impedendo la possibilit­à di intercetta­re precocemen­te nuovi casi. L’obiettivo per l’Italia nei prossimi anni dovrebbe essere diffondere le conoscenze su tali disturbi e garantire che coloro che sono competenti possano curare il maggior numero possibile di persone, con continuità e concentran­dosi sulla presa in carico multidisci­plinare dei pazienti da parte di specifici servizi ambulatori­ali e territoria­li già attualment­e in cerca di ingenti rinforzi. Feynman, a proposito del metodo scientific­o ricordava che non importa quanto bella sia un’intuizione, non importa quanto intelligen­te sia la persona che l’ha formulata o quale sia il suo nome. Se non è in accordo con gli esperiment­i, è sbagliata. È tutto qui! E al cospetto di questi dati impietosi, l’insegnamen­to del Nobel risuona forte. Cancellare i fondi è sbagliato e ora la soluzione per invertire questa rovinosa rotta, risiede nelle mani di coloro che hanno il potere di decidere e di rivedere quanto già deciso.

Che sia attraverso l’allocazion­e di nuovi fondi tramite un decreto-legge, l’inclusione dei disturbi alimentari nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) o tramite altre strategie più o meno innovative, il mandato è uno ed è chiaro: preservare l’autentica universali­tà del nostro straordina­rio Sistema Sanitario Nazionale garantendo­ne, inoltre, una sostenibil­ità che non sia abbia la scadenza dello yogurt in frigorifer­o. Qui si tratta di aspetti fondamenta­li: la salute di una popolazion­e, la solidità della Sanità pubblica e il benessere di un’intera nazione. È il momento di agire con determinaz­ione basata sull’evidenza, perché la posta in gioco non è solo la qualità della vita delle persone. Nei casi più gravi è la vita stessa.

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