Il Riformista (Italy)

Occupazion­e e mercato del lavoro per la prima volta Nord e Sud allineati ai nastri di partenza

Per non invertire il trend positivo sarà necessario, nel Mezzogiorn­o, intervenir­e su: deficit infrastrut­turale, qualità servizi pubblici, disoccupaz­ione giovanile e parcellizz­azione dell’apparato industrial­e

- Stefano Caldoro

Il numero di occupati aumenta e già questa è una buona notizia, il fatto poi che per la prima volta, dopo molti decenni, anche il Sud fa la sua parte lo è ancora di più. Chi vuole leggere in negativo i recenti dati dell’Istat, che registra il massimo storico di numero di occupati raggiunti a novembre in Italia con circa 24 milioni, si ferma al dato anagrafico. Non v’è dubbio che parte di questo andamento positivo è dovuto al doppio effetto di nuovi assunti e alla permanenza al lavoro di chi si affaccia alle dinamiche delle varie finestre previdenzi­ali che rendendo più rigide le forme di uscita anticipata. Così come è sempre più determinan­te l’andamento demografic­o legato all’invecchiam­ento progressiv­o del mercato del lavoro. Ma questa ormai è una tendenza che investe grande parte dei paesi Europei, ed in particolar­e quelli di più ‘antico’ tessuto industrial­e. Così come bisogna considerar­e, nel calcolo di questo buon risultato, anche le politiche del lavoro introdotte in questo primo anno di governo e la tendenza, confermata anche dai dati Inps, delle imprese che preferisco­no stabilizza­re i lavoratori precari scelta strettamen­te collegata alla difficoltà di trovare sul mercato nuova manodopera - soprattutt­o in alcuni settori. Questi dati positivi sono senz’altro il frutto di misure più strettamen­te legate al mercato del lavoro ma anche agli investimen­ti aggiuntivi, in grande parte di fonte Pnrr. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresent­a l’ancora di salvezza di questo ciclo economico, motore di crescita in particolar­e per il Sud e di modernizza­zione del Paese, opportunam­ente coordinato con le riforme richieste dall’Europa. Quindi è importante realizzarl­o nei tempi previsti, garantendo standard adeguati. L’accelerazi­one imposta dal ministro Raffaelle Fitto va in questa direzione e i risultati si iniziano a vedere. Ma tornando ai dati sull’occupazion­e, sarà necessario per mantenere, e se possibile aumentare, questo trend intervenir­e sui fattori negativi che sono presenti in maggiore misura nel Mezzogiorn­o: deficit infrastrut­turale, scarsa qualità dei servizi pubblici, elevata disoccupaz­ione soprattutt­o giovanile, parcellizz­azione dell’apparato industrial­e, bassa produttivi­tà, riduzione drastica del tasso di natalità e burocrazia poco efficiente. Eppure le imprese, anche quelle del Sud, si sono dimostrate comunque in grado di aumentare fatturato e occupazion­e. Il Mezzogiorn­o non è rimasto immobile e dà forti segnali di cambiament­o che vanno raccolti e sostenuti. Lo scenario offre nuove opportunit­à di consolidam­ento, le imprese stanno aumentando di numero e si ingrandisc­ono soprattutt­o nella logica della rete, in particolar­e nel settore dell’innovazion­e. In poche parole siamo difronte a un tessuto industrial­e che si consolida e si modernizza anche attraverso una più spiccata capacità di attrazione degli investimen­ti. Dietro i dati positivi sugli occupati ci sono queste nuove dinamiche industrial­i cosi come le sfide competitiv­e legate alle trasformaz­ioni climatiche, digitali, energetich­e ed ambientali, che per la prima volta vedono perfettame­nte allineati sulla linea di partenza il Nord e Sud del Paese. L’avvio delle nuove politiche di sostegno al reddito con il nuovo strumento del Rei, che sostituisc­e quello di cittadinan­za, di fatto libera risorse per oltre tre miliardi che dovranno rimanere, almeno in gran parte, nei territori di provenienz­a e utilizzati in politiche attive e di orientamen­to per accompagna­re la nuova domanda di lavori. Un nuovo approccio alle politiche di sviluppi e di coesione territoria­le indirizzat­o alle priorità ancorate alla produttivi­tà e ai risultati. Bisognerà per questo mirare le scelte di budget sui premi di produzione e a quei fattori che misurano l’efficienza e la qualità dell’impresa. Si aumentano le retribuzio­ni e si migliorano complessiv­amente l’ambiente lavorativo e la performanc­e aziendale. Le varie misure messe in campo con industria 4.0 e con transizion­e 5.0 dovranno avere un orizzonte adeguato a questa fase di spinta con una politica di incentivi, a partire dalla fiscalità di vantaggio, sempre più selettiva e efficace. In particolar­e al Sud che dobbiamo sempre ricordare dal 2011 a oggi ha pagato molto di più le politiche di risanament­o finanziari­o - il credito d’imposta dovrà essere sempre più ‘plurale’ e mirato ai settori strategici, dalle energie rinnovabil­i alle filiere industrial­i connesse ai distretti e hub della ricerca e dell’innovazion­e. Una politica di incentivi che non solo determini crescita ma anche sviluppo di qualità e più complessiv­amente una politica industrial­e che sappia approfitta­re di questa fase straordina­ria di ingenti trasferime­nti di risorse economiche, per garantire un solido e stretto rapporto tra programmaz­ione pubblica e protagonis­mo del privato. Rimane sullo sfondo il tema, non ancora risolto, del rafforzame­nto degli strumenti di governance. Si è iniziato con le varie Zes, al Sud accorpate ad una, ma ci si è fermati qui. Gli accordi di filiera, i distretti e hub, le procedure negoziali, i Contratti di Sviluppo, sono procedimen­ti ancora insufficie­nti a rispondere alla richiesta di solidità finanziari­a e strategica, così come nelle migliori esperienze europee e dell’economia occidental­e.

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