I limiti alla circolazione dei beni immobili: la prelazione urbana
Il diritto del proprietario di un immobile di vendere a chi desidera e per il prezzo che ritiene opportuno, non è assoluto ma, in certi casi, può essere limitato dal diritto di prelazione di determinati soggetti. Il diritto di prelazione consiste nel diritto di “essere preferito”, a parità di condizioni e di prezzo, nell’acquisto di un immobile. In altri termini, il proprietario potrà scegliere se vendere o meno il suo bene ed a quali condizioni ma, laddove il titolare eserciti il suo diritto di prelazione, dovrà preferire quest’ultimo ad altri potenziali acquirenti. La prelazione può essere volontaria, cioè nascere da un accordo tra le parti o legale. Laddove la prelazione sia riconosciuta dalla legge, determinando una compressione della libertà del proprietario, è giustificata dalla necessità di tutela di particolari esigenze e diritti.
Un’ipotesi di prelazione legale ricorre nel caso di vendita di bene locato (prelazione urbana). Occorre preliminarmente operare una distinzione tra prelazione urbana abitativa, se oggetto di vendita è un’abitazione, e commerciale, se oggetto di vendita è un locale commerciale. La prelazione abitativa sorge quando il locatore -che non sia proprietario di altri immobili abitativi- volendo vendere il bene libero dal contratto di locazione in corso, ne comunichi preventivamente la disdetta al conduttore. In detta ipotesi, il proprietario ha l’obbligo di comunicare al conduttore, a mezzo di ufficiale giudiziario, la propria intenzione di vendere, indicando il corrispettivo e le condizioni della compravendita (denuntiatio). Entro i 60 giorni successivi al ricevimento della notifica, il conduttore dovrà, nella stessa forma, comunicare la volontà di esercitare o meno il diritto di prelazione e, nei successivi 30 giorni, versare il prezzo. In caso di mancata risposta nei termini, il diritto di prelazione si intende rinunciato. Il mancato rispetto di questa procedura espone la parti a conseguenze molto gravi: il conduttore potrebbe infatti esercitare il diritto di riscatto nei confronti dell’acquirente (e dei suoi aventi causa), privandolo dell’immobile acquistato.
La prelazione de quo non opera nel caso in cui il proprietario non comunichi alcuna disdetta trasferendo l’immobile con il contratto di locazione in corso (in quanto il conduttore, rimanendo all’interno dell’immobile in forza del contratto di locazione, non subirebbe alcun pregiudizio dalla vendita), nel caso di vendita al coniuge o a parenti entro il secondo grado o di vendita di quota di bene ereditario (operando, in questo caso, un altro tipo di prelazione, in favore del coerede).
La prelazione commerciale, invece, sorge in tutti i casi di vendita di locale commerciale locato, indipendentemente dalla disdetta. Anche in questo caso, il proprietario ha l’obbligo della denuntiatio ed il mancato rispetto della procedura attribuisce al conduttore il diritto di riscattare l’immobile, versandone il corrispettivo, nei confronti dell’acquirente (anche se in buona fede ) e dei suoi aventi causa.
Come per la prelazione abitativa, la prelazione commerciale non sorge nel caso di vendita al coniuge o a parenti entro il secondo grado o di vendita di quota di bene ereditario.