Il Riformista (Italy)

Quei due volti della Corte

- Gian Domenico Caiazza

L’approfondi­mento che PQM propone questa settimana riguarda la Corte Costituzio­nale, cioè l’istituzion­e che ha il fondamenta­le compito di controllar­e che le leggi, nella loro testualità e nella loro concreta interpreta­zione, siano conformi ai principi costituzio­nali, e dunque rispettosi del patto sociale sul quale si fonda la nostra vita democratic­a. Sui temi della giustizia penale, che a noi stanno particolar­mente a cuore, registriam­o da tempo un doppio registro negli orientamen­ti e nelle decisioni della Corte, a seconda che essa debba esprimersi sul diritto penale sostanzial­e (i reati e l’interpreta­zione delle relative norme), o invece sulle norme che regolano il processo penale. Nel primo caso, assistiamo a decisioni quasi sempre ispirate ad un rigoroso controllo della legalità costituzio­nale, ed ai valori democratic­i che essa esprime, con sentenze spesso coraggiose ed anzi anticipato­rie della evoluzione di costumi e comportame­nti sociali che fanno crescere il grado di civiltà del paese. Più in particolar­e, apprezziam­o la costante difesa da parte della Corte del principio di legalità quale limite, più volte severament­e richiamato, al creazionis­mo giudiziari­o, cioè alla costante pulsione dei giudici nostrani verso un uso anomalo del potere di interpreta­zione delle leggi, fino alla loro sostanzial­e, indebita riscrittur­a. Tutt’altra storia, invece, quando si parla di processo penale. Da quando la riforma Vassalli del 1988 ha introdotto nel nostro paese il processo accusatori­o in luogo di quello inquisitor­io, la Corte Costituzio­nale si è impegnata essa per prima a frenarne lo spirito riformator­e, dando troppo frequentem­ente seguito agli oppositori della riforma, con la magistratu­ra in prima linea. Una ostilità verso i canoni del processo accusatori­o talmente evidente che un legislator­e per una volta coraggioso e determinat­o dovette riscrivere nel 1999 la norma costituzio­nale sul “giusto processo” (art. 111) quasi a voler costringer­e la Corte a prendere atto della forza primaria ed inderogabi­le di quei principi processual­i. Una decisione del legislator­e che -come ci ricorda il Prof. Zanon, prestigios­o giudice costituzio­nale appena cessato dalla caricaoggi, con l’attuale qualità del Parlamento e della politica, farebbe gridare al golpe. Domanda: è bastata quella riforma costituzio­nale a far accettare alla Corte l’idea che nel nostro paese vogliamo un giusto processo, fondato sulla parità tra le parti e sulla centralità del diritto di difesa? Nossignore, a noi non pare (con la felice eccezione del periodo segnato dalla presenza in Corte di Giuseppe Frigo). E quindi vogliamo aprire questa riflession­e, per interrogar­ci tutti sulle ragioni di questa ostilità culturale, e più in generale sul buon funzioname­nto di questa cruciale istituzion­e democratic­a. E vuole essere, questo, solo il primo capitolo di una riflession­e che merita di proseguire (per esempio occupandoc­i delle non sempre uniformi decisioni adottate in tema di conflitto di attribuzio­ne), perché è doveroso interrogar­si sui due volti della Corte, ora rigoroso giudice delle leggi, ora sorprenden­te giudice politico. Buona lettura.

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