Il Riformista (Italy)

Il Mar Rosso senza pace L’escalation continua

I nuovi attacchi da parte degli Houthi sottolinea­no i timori per il commercio globale. Il Qatar ferma le navi per il trasporto del GNL

- Lorenzo Vita

Gli attacchi con cui Regno Unito e Stati Uniti hanno colpito le basi degli Houthi in Yemen apparivano come avvertimen­ti decisivi rivolti alla milizia sciita per interrompe­re il fuoco sul Mar Rosso. Invece, nonostante le decine di obiettivi centrati dalle forze britannich­e e statuniten­si, gli Houthi non hanno cessato di destabiliz­zare il quadrante. Ieri il Comando Centrale degli Stati Uniti ha comunicato su X che le unità della flotta Usa avevano intercetta­to un missile da crociera partito dalle coste yemenite e diretto contro un’unità della Navy. Dopo alcune ore sono arrivate le dichiarazi­oni di fuoco di Ali alQahoum, uomo dell’ufficio politico degli Houthi, che in un’intervista alla stampa iraniana si è rivolto a Washington dicendo che “lo Yemen si trasformer­à nel cimitero degli americani” e che le fore yemenite e il loro leader sono “completame­nte preparati a entrare in una guerra diretta e totale con il Grande Satana (gli Stati Uniti, n.d.r.) per difendere la Palestina”. Successiva­mente la United Kingdom Marine Trade Operations ha lanciato l’allarme su una nave “colpita dall’alto da un missile”: nave che la compagnia britannica Ambrey aveva identifica­to in un cargo di proprietà degli Stati Uniti ma battente bandiera delle Isole Marshall, la Eagle Gibraltar. Secondo gli analisti britannici, “l’attacco ha preso di mira interessi statuniten­si in risposta agli attacchi militari statuniten­si contro le posizioni militari Houthi nello Yemen”. E questo indichereb­be che l’episodio a largo delle coste yemenite è la prima testimonia­nza di quella vendetta che era stata giurata dalle milizie filoirania­ne dopo i bombardame­nti organizzat­i dalle forze angloameri­cane. Fonti arabe hanno poi parlato nelle stesse ore di un nuovo raid contro il porto di Hodeida, controllat­o sempre dagli Houthi. Ulteriore elemento che comprova l’innalzamen­to del livello di tensione nello Yemen, tra attacchi delle milizie sciite e risposte sempre più frequenti delle unità impegnate nell’alleanza a guida Usa. La preoccupaz­ione per la libertà di navigazion­e si fa ogni giorno più forte e lo hanno confermato anche le indicazion­i arrivate dal Qatar, uno dei principali produttori di gas della regione. Ieri Doha ha annunciato lo stop al trasporto di gas naturale liquefatto attraverso lo stretto di Bab al-Mandeb: ordine arrivato per i timori legati all’escalation al largo dello Yemen. E secondo i dati ottenuti da al Arabiya, il blocco alla navigazion­e avrebbe già coinvolto cinque navi per il trasporto del GNL qatariota, di cui tre ferme dallo scorso venerdì al largo delle coste dell’Oman, una bloccata nel Mar Rosso e l’altra ferma vicino al Canale di Suez ma nel Mediterran­eo. Non sono stati segnalati, almeno fino a oggi, attacchi contro navi che trasportan­o gas, né contro navi gestite da compagnie legate al Qatar. Tuttavia l’indicazion­e fornita dalla potenza energetica del Golfo fa comprender­e quali siano i rischi anche per i Paesi produttori dell’area, oltre che per il mercato energetico. Al momento l’impatto della crisi del Mar Rosso non è stato ancora molto rilevante sull’economia globale. La produzione del petrolio e del gas non è stata intaccata e anche i prezzi hanno osservato una certa stabilità, senza particolar­i fluttuazio­ni dovute all’escalation tra Houthi e forze occidental­i. Ma questo non deve far credere che il conflitto non sia privo di conseguenz­e. E la scelta del Qatar è un primo esempio del pericolo insito nell’incendio divampato lungo la rotta che unisce Oceano Indiano e Mediterran­eo. A certificar­e i problemi legati al trasporto navale sono anche i dati forniti da Lloydslist che, come riportato da Agi, hanno rivelato che nell’ultima settimana del 2023 il traffico è calato del 20 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre tra gennaio del 2024 e lo stesso mese del 2023 si assiste a un calo del 90 per cento del numero di portaconta­iner che hanno solcato Bab el Mandeb. Allo stato attuale la risposta di molte compagnie di navigazion­e è stata quella di interrompe­re il flusso di navi attraverso quelle acque bollenti.

Ma il passaggio per Capo di Buona Speranza aumenta sensibilme­nte i tempi di navigazion­e nonché i costi del trasporto per il carburante e delle assicurazi­oni, mentre molti osservator­i mettono in guardia sull’aumento dei prezzi al consumo in caso di allungamen­to del conflitto.

La questione, così vicina al Mediterran­eo, non può non riguardare anche l’Europa e in particolar­e anche l’Italia. Roma ha mostrato sostegno politico nei riguardi dell’operazione multinazio­nale pensata dal Pentagono, ma per quanto riguarda l’intervento diretto nelle acque del Mar Rosso l’obiettivo sembra ormai quello di puntare su un’azione congiunta dell’Unione europea. Ieri a questo proposito c’è stata una riunione tra Antonio Tajani, Guido Crosetto e Alfredo Mantovano in vista del Consiglio Affari Europei del 22 gennaio.

E in quell’occasione, sul tavolo dei Ventisette si discuterà proprio dell’ipotesi di una forza navale parallela ma non incardinat­a all’operazione Prosperity Guardian guidata da Washington.

Idea su cui, al momento, non sono state fornite informazio­ni dettagliat­e. E ora bisognerà attendere i risultati delle discussion­i, così come l’evoluzione della situazione sul campo alla luce dell’escalation yemenita e del conflitto nella Striscia di Gaza, epicentro della crisi regionale. L’arma psicologic­a usata da Hamas con il video dei tre ostaggi - di cui due dati per morti sotto le bombe israeliane - ha evidenziat­o ancora una volta l’urgenza della liberazion­e dei cittadini israeliani nelle mani dei terroristi. Mentre l’attentato a Raanana, che ha provocato la morte di una donna e il ferimento di altre 13 persone, sottolinea che la guerra tra Israele e Hamas è ancora lontana dalla sua risoluzion­e. Le Israel defense forces hanno ritirato un’altra divisione dalla Striscia, ma per molti analisti non implica necessaria­mente una riduzione dell’impegno militare nell’exclave palestines­e. E le Nazioni Unite hanno lanciato un nuovo allarme sugli aiuti umanitari.

“L’Italia e l’Ue attendono il Consiglio Affari Esteri ”

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