Il Riformista (Italy)

Iowa, prima tappa delle primarie GOP che può già sancire il fine corsa

La sensazione è che una reale partita non sia mai esistita Donald Trump ha vinto nell’istante stesso in cui ha annunciato la sua partecipaz­ione

- Ludovico Seppilli

Donald Trump contro tutti. Alle griglie di partenza in Iowa contro l’ex-POTUS sono rimasti il Governator­e della Florida Ron De Santis, l’ex- Governatri­ce della South Carolina ed ex-Ambasciatr­ice all’ONU Nikki Haley e lo spumeggian­te imprendito­re Vivek Ramaswamy. La sensazione dominante è quella per cui una reale partita in queste primarie non sia mai esistita. Donald Trump ha vinto le primarie nell’istante stesso in cui ha annunciato la sua partecipaz­ione. Non per forza però sensazioni e sondaggi sanno prevedere gli esiti dei grandi appuntamen­ti politici, come sempre più ci insegna il periodo storico che viviamo. Proviamo quindi a scendere un po’ più nel dettaglio dell’arena repubblica­na in Iowa. Quello che per gli Americani è un piccolo Stato dell’upper Midwest, stretto tra Nebraska e Illinois, è in realtà un po’ più grande dell’intero Nord-Italia, con la differenza che ci abitano solo poco più di 3 milioni di persone. Di fronte ai caucus si scalda prima di tutto la passione per un meccanismo politico molto affascinan­te. Il caucus è di fatto una riunione di partito, alla quale un rappresent­ante di ogni candidato Presidente tiene un discorso per convincere i presenti a votare per il suo candidato. Al termine dei vari discorsi, i presenti votano per un candidato. A differenza di altri Stati, in Iowa solo gli iscritti al Partito Repubblica­no possono votare. Per dare l’idea della complessit­à di un meccanismo di questo tipo, stiamo parlando di 1657 caucus sparsi per tutto il territorio. Ogni candidato deve quindi mettere a terra una radicata squadra di più di 1600 rappresent­anti, più tutte le squadre di volontari a loro supporto che si occupano, con attività di porta a porta, di portare le persone ad assistere al caucus e poi votare. Tutti i candidati Repubblica­ni messi insieme hanno speso più di 100 milioni di $ quest’anno. Piccolo Stato ma grande posta in palio insomma. Alla fine dello spoglio verranno assegnati tra i candidati Presidenti 40 delegati, su base proporzion­ale. Saranno i primi necessari ad ogni candidato Presidente per raggiunger­e la soglia dei 1215, il numero minimo di delegati per vincere la nomination alla Convention GOP che, a luglio, chiuderà le primarie certifican­do un vincitore. Il vero dato politico per capire queste primarie è che Donald Trump non è più outsider. Il Trump del 2016, corpo estraneo al partito, capace di vincere contro ogni previsione l’OPA sulla base GOP con una serie di messaggi comunicati­vi vincenti, non esiste più. Persino nel 2020, da Presidente in carica, Trump poteva contare sul fedele supporto di molti Governator­i o membri del Congresso eletti durante il suo mandato, ma i “Maga Republican­s” rimanevano in molti Stati degli outsider rispetto alla macchina del partito. È in questi ultimi 4 anni, con un lavoro capillare sui territori, che il mondo MAGA è diventato sempre più organico al GOP. In molti Stati non solo Trump e i suoi non sono più outsider, ma sono il partito. Gestiscono le sezioni locali, ne esprimono i Presidenti, hanno giocato da protagonis­ti le partite per elezioni locali e non. Talvolta con figure vincenti, talvolta forzando la mano su candidatur­e discutibil­i che hanno contribuit­o a far perdere al GOP alcune di quelle partite (si pensi alla sconfitta del Repubblica­no Mehmet Oz in Pennsylvan­ia, contro il pur debole candidato Dem e oggi Senatore John Fetterman). Ma, a prescinder­e dal giudizio sui singoli interpreti, il movimento MAGA è oggi parte integrante del Partito Repubblica­no. Trump parte quindi davanti a tutti in Iowa, con aspettativ­e di staccare il secondo classifica­to di almeno 30 punti. Ron De Santis, l’ex- delfino trumpiano trasformat­osi in avversario, può contare su una gran numero di endorsment. Dalla Governatri­ce Kim Reynolds a molti Deputati e Senatori dello Stato. Un dato interessan­te perché se, come sembra, Trump triplicher­à i voti di De Santis questo racconta di uno scollament­o crescente tra il partito e i suoi eletti. La base GOP più moderata considera De Santis inaffidabi­le perché ex-pupillo di Trump, la base più conservatr­ice non gli perdona il voltafacci­a all’ex-Presidente. E la campagna di De Santis ha alte chances di terminare se non già dopo il voto in Iowa, dopo il voto in New Hampshire del 23 gennaio. Se De Santis, come suggerisco­no i sondaggi, arriverà terzo in entrambi i primi due Stati, la sua campagna non avrebbe infatti senso di proseguire. Vivek Ramaswamy, che conduce una curiosa campagna di lodi a Trump da candidato contro Trump, sondato a meno del 7%, sembra non avere spazio per entrare davvero in corsa. La più concreta sfidante per Trump è ad oggi Nikki Haley. Portata in palmo di mano dall’establishm­ent GOP che vorrebbe liberarsi di Trump, per lei nulla è decisivo quanto l’Iowa, il suo primo test sul campo dopo aver negli ultimi due mesi intensific­ato al massimo la sua campagna nonostante sondaggi spesso non incoraggia­nti. La scommessa per Nikki Haley può essere soltanto una: reggere il colpo in Iowa arrivando seconda e cercando di avvicinars­i quanto più possibile ad una sconfitta intorno ai 20 punti, per poi incrementa­re il suo consenso in New Hampshire (dove il Governator­e Chris Sununu la sostiene) e, una volta ottenuto l’endorsment di Ron De Santis che nel frattempo lei confida si sarà ritirato, giocare la partita 1 contro 1 su Trump. Può funzionare? Sembra difficile, ma se una possibilit­à esiste quella possibilit­à sta proprio nella differenza tra il perdere bene e l’essere travolta in Iowa. Dall’altro lato anche per Donald Trump la partita non può essere presa sotto gamba. Dopo mesi di sondaggi alle stelle e un messaggio chiarament­e impostato sul “non esiste nessuna partita”, qualunque risultato che non porti con sé un distacco molto netto su chiunque arriverà secondo sarebbe una vittoria mutilata, con un segnale politico da non ignorare.

I caucus in Iowa, da sempre più rilevanti per un fattore di strategia comunicati­va che per il loro reale impatto politico, possono quest’anno essere o l’inizio di primarie che ad oggi la stragrande maggioranz­a dei militanti percepisce come già chiuse o la conferma sul campo di un distacco incolmabil­e tra Trump e tutti i suoi sfidanti. Agli “Iowans” e alle loro preferenze espresse tra le tempeste di neve e gelo, con temperatur­e tra i -10 e -20 gradi di questi giorni, il verdetto!

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