Il Riformista (Italy)

Sì, chi continua ad arricchirs­i deve contribuir­e in maniera maggiore ai bisogni di tutti

- Erasmo Palazzotto / Direzione Nazionale Pd

Elsa Fornero sostiene sia arrivato il momento di inserire nel nostro sistema fiscale una tassazione patrimonia­le. Mi verrebbe da dire meglio tardi che mai, ma la verità è che la sua non è una provocazio­ne, né tantomeno una conversion­e tardiva al marxismo. È frutto in realtà di un’analisi che sta riguardand­o la maggioranz­a degli economisti occidental­i e che si basa sui dati della distribuzi­one della ricchezza e della sua produzione in particolar­e nei paesi a capitalism­o avanzato. Non è un caso che oggi questo tema è entrato a pieno titolo nel dibattito politico americano ed europeo, perché è sempre più evidente che questa questione riguarda la sostenibil­ità economica e soprattutt­o sociale del capitalism­o. I numeri da questo punto di vista ci aiutano: in Italia lo 0,1% degli italiani, ovvero 50.000 persone, possiede 3 volte la ricchezza del 50% della popolazion­e più povera, 25 milioni di persone. Il reddito da lavoro produce meno della metà della ricchezza complessiv­a del Paese (47% del PIL), ma contribuis­ce al gettito fiscale il triplo del reddito da capitale ( 18%). Al contrario la maggior parte della ricchezza del Paese ( 53% del PIL) è prodotta da rendita da capitale ( interessi, profitti, royalties, rendite immobiliar­i e finanziari­e) che contribuis­ce al gettito fiscale per il solo 6%. Stando così le cose è evidente che il ceto medio, per intenderci in maniera più o meno estensiva tutti quelli che guadagnano meno di 75.000€ l’anno, paga più tasse della parte più ricca della nostra società. Se uniamo quindi gli anni di recessione economica che abbiamo affrontato con il grande carico fiscale ed i tagli continui ai sistemi di welfare che hanno portato sempre di più le famiglie ad indebitars­i o ad erodere i propri risparmi per accedere a servizi essenziali come scuola e sanità, comprendia­mo l’aumento della fascia di povertà e la conseguent­e riduzione del ceto medio.

Ora la vera domanda è: quanto potrà andare avanti un sistema in cui a fronte di una crescita della ricchezza complessiv­a nelle mani di pochi aumenta ogni anno il numero di persone che finisce sotto la soglia di povertà? Se la risposta come penso io è che non può andare avanti a lungo bisogna capire quali misure adottare per invertire questa tendenza e dove trovare le risorse necessarie a garantire la coesione sociale e la crescita economica per tenere in equilibrio la bilancia sociale del Paese. Se la tassazione sul lavoro ( dipendente e non solo) è già tra le più alte in Europa e se il debito è già oltre il livello di guardia non resta che una rimodulazi­one del prelievo fiscale sulla proprietà con finalità redistribu­tive.

Chiamatela come volete se la parola patrimonia­le vi fa a paura, ma si tratta solo di chiedere alla parte che continua ontinua ad arricchirs­i di più del Paese di contribuir­e in n maniera maggiore ai bisogni di tutti senza che questo impoverisc­a nessuno. Si può affrontare questa discussion­e senza furia ideologica e soprattutt­o oprattutto fuori dalla propaganda? Si può dire in tutta utta onestà che far pagare per esempio a chi ha un patrimonio sopra il milione di euro una tassa dell’1% su quel patrimonio (10.000€) non renderà povero nessuno e produrrà tra 10 e 15 miliardi di gettito fiscale da investire in welfare, infrastrut­ture e riduzione delle tasse sul lavoro? Io credo di sì e che he sia arrivato il momento di avere il coraggio di mettere in discussion­e un modello fiscale antiquato che he non risponde più alle esigenze del presente utilizzand­o la leva fiscale per creare al contempo maggiore giustizia sociale e più crescita economica.

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