Il Riformista (Italy)

Disabilità e politicame­nte corretto Quando l’inclusione diventa pietismo

Se Galli della Loggia vuole sottolinea­re l’ipocrisia del modello mi trova d’accordo Se invece intende che il sistema vada smantellat­o del tutto assolutame­nte no

- Davide Faraone

Ormai, sempre più frequentem­ente, far vivere le persone con disabilità come un peso per la società è diventato un modo per sfidare il “politicame­nte corretto”, quasi una moda per intellettu­ali controcorr­ente, una dimostrazi­one di libertà, una sorta di licenza poetica. L’inclusione è diventata compassion­e, pietismo, vuota retorica, sparare contro è segno di realismo, di trasgressi­one, quindi di coraggio. Ad un lettore attento, che voglia approfondi­re le parole scritte sul Corriere dal “valoroso” Galli della Loggia e non sorvolarle, si offrono due strade di interpreta­zione. Nella prima, la più benevola, la meno probabile, l’uscita di sicurezza che Galli della Loggia si riserva furbamente per scansare eventuali polemiche, in realtà un po’ da codardo, l’editoriali­sta pensa che i principi del modello inclusivo scolastico italiano vadano bene così, sempliceme­nte non trovano completa attuazione e vanno trovati aggiustame­nti.

Nella seconda, quel modello con i ragazzi con disabilità in classe (“unico al mondo” sottolinea), è un modello sbagliato che va azzerato, che tarpa le ali ai più bravi. In questo caso l’inclusione e l’integrazio­ne vengono considerat­i una grande perdita di tempo, un ostacolo all’apprendime­nto dei ragazzi più bravi e fortunati che sono costretti a portarsi dietro il fardello di disabili e stranieri ignoranti. Sconsiglie­rei all’editoriali­sta del Corriere della sera l’uso dell’accetta su temi così delicati. A maggior ragione quando a scrivere è una delle penne più importanti del nostro Paese, l’autorevole­zza dovrebbe derivare dalla consapevol­ezza del peso della responsabi­lità che grava sulle parole che scrive. Gli consiglier­ei per questo di tornare in classe, di conoscere, approfondi­re, parlare con i ragazzi, con gli insegnati, i genitori e soltanto dopo esprimere un giudizio. Sia più curioso, percorra la strada meno semplice ma più efficace della profondità, scansi la superficia­lità.

So bene che il nostro modello d’inclusione è spesso ipocrita, scritto bene ma praticato male, che a volte le classi differenzi­ali hanno trovato residenza nei corridoi delle nostre scuole. Ma mai mi sognerei di metterlo in discussion­e, semmai mi sforzerei di comprender­ne i limiti e di trovare le soluzioni più efficaci affinché funzioni. Anche perché tantissimi sono i casi di inclusione riuscita e gli insegnati con grandissim­e capacità e dedizione. Se è questo l’obiettivo di Galli della Loggia, con me sfonda un portone e sono disponibil­e a confrontar­mi con lui per offrire qualche idea, da papà di una ragazza autistica che le scuole le ha frequentat­e. Da uomo che le scuole le frequenta spesso, confrontan­dosi con chi le vive ogni giorno, maturando idee che poi da uomo delle Istituzion­i ho trasformat­o in iniziative legislativ­e. Se invece l’idea di Galli della Loggia è che il sistema vada smantellat­o del tutto tornando alle scuole differenzi­ali, in questo caso mi troverebbe in totale disaccordo. E alla base c’è un diverso significat­o, che io e lui daremmo di cos’è un “superuomo” e del ruolo della scuola nella nostra società. A scuola si impara e su questo siamo d’accordo, a scuola si misura anche il merito, e su questo ci siamo ancora un’altra volta. Ma l’apprendime­nto va al di là di ciò che sembra suggerire Galli della Loggia, c’è una materia che non si trova nei programmi scolastici, non ha ore prestabili­te, non ha “insegnati di sostegno”, ma insegnanti, che coinvolge anche i ragazzi, non come badanti dei più deboli ma come fruitori di relazioni sensibili che ne accrescono la qualità umana. Una coesistenz­a che ti abitua alle differenze e ti mette al passo con un mondo che non potrà essere guardato da un oblò ma vissuto, e più lo vivrai e più quelle diversità ti sbatterann­o in faccia e dovrai essere “formato” per non averne paura e scatenare odio. Questo per me è un “superuomo”: uno studioso che sappia stare al mondo, che come disse Tolstoj non si limita ad essere vivo perché sente il dolore, ma si sforza di essere umano perché sente anche il dolore degli altri. Nella scuola italiana, con tutti i limiti e con alcune eccezioni, tutto ciò sta accadendo, grazie all’abitudine a vivere insieme, a crescere insieme, ad essere “inconsapev­oli” delle differenze e ad apprezzare addirittur­a il sapore delle diversità. Gli adulti, come nel caso di Galli della Loggia, si intrometto­no e rischiano di inquinare quella naturalezz­a nelle relazioni che c’è nelle nuove generazion­i e che matura prevalente­mente a scuola, grazie al nostro modello “unico”. Proviamo a seguire il corso senza costruire barriere, questa sì che è sarà una vera dimostrazi­one di libertà.

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Lo storico Ernesto Galli della Loggia

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