Agricoltura, l’Ue cambi approccio o sarà la fine del green deal
Lotta ai cambiamenti climatici e stabilizzazione del reddito agricolo devono coesistere
L’Europa cambi approccio nelle politiche agricole o il futuro dei nostri agricoltori sarà sempre più a rischio. In agricoltura, mai come ora, siamo “sotto il cielo”. Una immagine, fortemente evocativa, che da millenni si utilizza per esprimere il legame diretto tra produzione primaria e accadimenti che influenzano l’attività agricola di donne e uomini. Gli ultimi anni testimoniano, e rafforzano, questa identificazione tra incertezza e raccolto nei campi. Basta valutare solo gli ultimi tre anni, per capire ancora meglio la portata del fenomeno: dapprima la pandemia, con le conseguenze sociali ed economiche che tutti conosciamo; poi la manifestazione sempre più cruenta della crisi climatica in atto, che ha duramente colpito i raccolti con fenomeni estremi (alluvioni e siccità); infine le guerre, con impatti pesantissimi sui prezzi delle commodity agricole e dell’energia, che hanno reso insostenibili i costi di gestione aziendale per gli agricoltori.
Questa è la prima faccia, complicatissima, della medaglia. Ma esiste anche un’altra faccia della stessa medaglia che aumenta, se possibile, l’incertezza nella vita degli agricoltori. Tra gli enormi problemi climatici, sanitari e di mercato, infatti, all’agricoltura viene anche chiesto di cambiare, di innovarsi, di abbracciare la transizione ecologica e climatica.La protesta dei trattori in Germania, dove migliaia di agricoltori sono scesi in strada per manifestare contro la fine dei sussidi ambientalmente dannosi e il taglio di alcune esenzioni fiscali, è in tal senso emblematica. Attenzione, non lasciamoci ingannare dall’origine di questa protesta, apparentemente legata a questioni fiscali. Il malcontento, non solo in Germania, è molto più profondo, tanto che lo slogan maggiormente evocato dagli stessi agricoltori tedeschi è “Non seminano. Non raccolgono. Però sanno tutto loro”. Queste poche parole sono indicative e ci ricordano due aspetti fondamentali per chi ha a cuore la vita delle donne e degli uomini che spendono la loro esistenza al servizio dell’intera collettività. Il primo è che non si può chiedere alle imprese di attuare un cambiamento epocale senza un’adeguata protezione da parte dello Stato e delle istituzioni europee. Un passaggio necessario, decisivo, ma che non può essere realizzato senza la sostenibilità economica del settore.
Il secondo, che serve un nuovo metodo, a partire soprattutto dall’Europa: un approccio innovativo nei confronti dell’agricoltura, che preveda un coinvolgimento più intenso e profondo degli agricoltori sulla costruzione delle politiche. Non c’è più spazio per sistemi “teorici”, che dipingono in astratto le peculiarità e gli impatti di un settore, come quello agricolo, che gioca un ruolo chiave nella transizione verso un futuro sostenibile. È dunque imperativo assicurare la sostenibilità economica delle aziende agricole, in particolare nelle nostre aree più rurali e più interne. Non farlo significherebbe venire meno proprio ai principi fondamentali del Green Deal, così come della strategia Farm to Fork. Ancora di più: significherebbe venire meno a quello che era il “sogno di Ventotene” che vedeva, a giusta ragione, l’essere umano - il cittadino - al centro di un sogno comune. Innovazione, tecnologie e investimenti. E, aggiungo io, la creazione di un terzo pilastro sociale nella futura PAC a tutela dei lavoratori agricoli, come giustamente sostenuto dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Lotta ai cambiamenti climatici, tutela dei lavoratori e stabilizzazione del reddito agricolo, dunque, devono necessariamente coesistere.