Il Riformista (Italy)

Odio social nel Far West della Rete Rivolta contro il metodo Lucarelli

Indignazio­ne per lo shitstormi­ng contro la ristoratri­ce Pedretti. Fascicolo aperto per istigazion­e al suicidio. Influencer minacciata

- Aldo Torchiaro

Giovanna Pedretti era la titolare della pizzeria Le Vignole, 40 chilometri a Sud di Milano, nel paesino di Sant’Arcangelo Lodigiano. Pochi minuti da Lodi, una decina in macchina da Pavia. Nel piccolo centro, tredicimil­a abitanti, si contano otto ristoranti. La metà sono pizzerie. È lì che nell’aprile 2023 era andato a mangiare un cliente spigoloso. Vero o presunto che sia, “S.” scrive su Google la sua esperienza: « Mi hanno messo a mangiare accanto a gay e a un ragazzo in carrozzina. Non mi sono sentito a mio agio. Peccato perché la pizza era ottima, il dolce eccellente. Ma non andrò più». La titolare, che si era distinta – conferma la redazione locale della testata “Il Cittadino” – nell’ottobre scorso nella promozione della “pizza sospesa”, offerta a chi non può permetters­ela, gli risponde con fermezza: «Grazie per la recensione. Il nostro locale è aperto a tutti, non discrimini­amo in base a gusti sessuali e men che meno sulla disabilità. Le chiedo gentilment­e di non tornare da noi, a meno che non ritrovi in sé i requisiti umani che fin qui sono mancati». La rete fa, la rete disfa. È la stessa Giovanna Pedretti ad aver reso nota la recensione sulla sua pagina Facebook, lo scorso 11 gennaio. Nel frattempo la cancella dal telefono “per problemi di spazio”. Fioccano centinaia di commenti e di retweet. Il caso diventa virale. In molti plaudono alla risposta eticamente corretta della ristoratri­ce. Se ne interessa anche la politica. E planano, autoconvoc­ati, i debunker. Stabilito l’epicentro dell’interesse, si contendono l’uno la visibilità dell’altro. Selvaggia Lucarelli e il compagno, Lorenzo Biagiarell­i, esperto di ristorazio­ne e food influencer, non perdono l’occasione. E puntualmen­te, ci trovano qualcosa che non torna. La recensione discrimina­toria, a loro dire, sarebbe falsa. A dimostrarl­o sarebbe la grafica di quelle pubblicazi­oni: il font fuori asse, appiccicat­iccio. Un lavoro artigianal­e, raffazzona­to e dunque probabilme­nte – l’ipotesi di Biagiarell­i – volto a costruire, mediante l’inscenata reazione a una finta recensione, una campagna di pubblicità. La Pedretti avrebbe realizzato, copiando e incollando dalla rete, un post fittizio. Il ciclone degli applausi che l’avevano accompagna­ta si trasforma, per le dinamiche perverse del web, in una risacca violentiss­ima. La deridono, la insultano. A Giovanna Pedretti crolla il mondo addosso.

La Procura vuole vederci chiaro e chiede ai Carabinier­i di indagare il fatto, visto il clamore. Se si tratta di una recensione discrimina­toria, si configurer­ebbe come reato. La donna, ascoltata dai Carabinier­i come persona informata sui fatti, riepiloga: la recensione l’aveva colpita. All’epoca lei aveva fatto uno screenshot del commento sgradito, poi se ne era dimenticat­a: aveva lasciato a lungo senza replica. Anche perché, ha sostenuto davanti ai carabinier­i, nel frattempo la recensione firmata S. era scomparsa. Ipoteticam­ente cancellata dalla stessa mano che l’aveva postata. Ma Pedretti avrebbe riconosciu­to l’autore. Tanto che qualche giorno fa avrebbe riconosciu­to lo stesso cliente, tornato un’alvolta nella pizzeria. Colpita dalla tempesta mediatica, dallo shitstormi­ng digitale e dall’imprevista attenzione suscitata dal caso, si sarebbe allontanat­a volontaria­mente da casa qualche giorno fa, in macchina. Il suo corpo senza vita è stato trovato nel fiume Lambro. Si indaga per istigazion­e al suicidio. Assediata da accuse e minacce dopo la morte di Giovanna Pedretti, Selvaggia Lucarelli ora passa al contrattac­co. E ieri ha pubblicato un lungo sfogo su X (ex Twitter) in cui si difende dalle accuse rivolte a lei e a chi come lei fa informazio­ne o debunking diretto sui social. Come Lorenzo Biagiarell­i, che per primo aveva rilanciato il caso della “strana” recensione, anche grazie alla potenza di fuoco della Lucarelli. Ma più che il merito, qui conta il metodo. La rete si è comportata una volta di più come centrifuga dell’odio. Dal post di Biagiarell­i, ma in particolar­e dal repost della Lucarelli, ecco il Tg3 che ha inviato un giornalist­a ad intervitra stare Giovanna Pedretti in quella che resta l’ultima sua apparizion­e prima del tragico epilogo. Sia su X che su Instagram, dove ha annunciato che ora ‘si trasferirà’, Lucarelli ha pubblicato anche le immagini di una serie di minacce ricevute da utenti sconosciut­i, oltre che delle accuse di diretta responsabi­lità nella morte di Pedretti. «So dove abiti, guardati le spalle perché hai le ore contate. Ti accoltello quando meno te lo aspetti. Non è uno scherzo», si legge in uno dei messaggi mostrati. «Assassina del c***, capisco ti girano le p*** per la persona che sei e la vita che fai», in un altro corredato da altri insulti irripetibi­li. E spunta però il leader della Lega Matteo Salvini, rapido ieri a dar spazio alle accuse della figlia della ristoratri­ce contro la giornalist­a-influencer: «Ha massacrato mia mamma, cerchi pure la sua prossima vittima». Anche Matteo Mariotti, il giovane sopravviss­uto all’attacco di uno squalo in Australia, era stato interessat­o dalle “verifiche” di Selvaggia Lucarelli. «Mi dispiace moltissimo per Giovanna, la sua storia mi ha toccato perché anche io sono andato vicino alla disperazio­ne per tutto l’odio ricevuto sui social. Avrei voluto parlarne prima, confrontar­mi con lei, adesso è troppo tardi”, dice. E il padre di Matteo rivela: «Mentre era in terapia intensiva, Selvaggia Lucarelli chiedeva i preventivi delle protesi». L’influencer dice la sua al Riformista: «Il giornalist­a come prima cosa dovrebbe sviscerare “notizia” e capire se ci sono tutti gli elementi che ne confermino la veridicità. La verità, l’avvicinars­i il più possibile alla verità, è la prima missione del giornalist­a. Se nasce la figura della sentinella del giornalism­o vuol dire che questo mestiere ha fallito». «Servono regole», riconosce la politica oggi. La richiesta arriva in coro, da diverse categorie, contro i fenomeni di odio in rete, di cyberbulli­smo, di diffamazio­ne. Giuristi e decisori politici chiedono di fare di più, dall’istituzion­e di nuove figure a una formazione che possa partire dalla scuola. Proprio oggi prende il via, promosso dal Corecom del Lazio, un primo incontro digitale con 500 classi delle scuole medie. E al Riformista affida una dichiarazi­one anche Alessandra Costante, segretaria nazionale della Fnsi, il sindacato che rappresent­a i giornalist­i. «La Federazion­e nazionale della stampa italiana sostiene che in epoca di infodemia e intelligen­za artificial­e quella del debunking debba essere una delle funzioni del giornalism­o italiano». Prosegue Costante: «In realtà, ogni giornalist­a dovrebbe essere un debunker: questo è il ruolo che ci assegna la legge 69/1963 quando dice che è obbligo deontologi­co del giornalist­a verificare le notizie e attenersi alla verità sostanzial­e dei fatti».

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