Il Riformista (Italy)

Riforma ritardata, riforma negata

- Francesca Sabella

Giustizia ritardata è giustizia negata, diceva Montesquie­u. Potremmo apportare un piccolo cambio alla citazione del celebre filosofo e giurista francese: riforma ritardata, riforma negata. Perché della Riforma della Giustizia, nella quale liberali e garantisti, avevano finalmente intravisto uno spiraglio di speranza (quella di vivere in uno Stato di diritto e garantista!) pare essere quasi svanita nel nulla. Ogni tanto si riaffaccia, timida, dalle colonne di qualche giornale, dalle dichiarazi­oni del ministro Carlo Nordio. E così ieri mentre al Senato la commission­e Giustizia terminava l'esame degli emendament­i che portano la firma di Nordio, il Ministro ha parlato alla Camera. Ha posto l'accento sulle intercetta­zioni: “Rischiamo di cadere in un nuovo barbaro medioevo reso più sinistro e duraturo da limiti o risorse della tecnologia. Oggi c'è molto di più dei trojan. Per fortuna una sentenza della Corte costituzio­nale ha definito il cellulare qualcosa di molto più importante. Chi sequestra un cellulare, sequestra una vita”. Vero, verissimo. Come intende quindi andare avanti? Non è stato chiarito. Per ora rimane una buona intenzione. Poi il cavallo di battaglia (che pare essersi però azzoppato) del Guardasigi­lli: la separazion­e delle carriere. “I poteri immensi del Pm sono un pericolo, la separazion­e delle carriere è nel programma del governo, è un impegno con gli elettori, intendiamo andare avanti e non andremo alle calende greche”. Mai cosa più giusta fu detta: quindi, quando si fa questa benedetta separazion­e? E basta con questa solfa che così il Pm finirebbe sotto il controllo dell'esecutivo: falso. Lo sa l'esecutivo e lo sanno i Pm. Nel frattempo, mentre si discute siamo al diciottesi­mo giorno del nuovo anno e in carcere ci sono già stati 14 suicidi: quasi uno al giorno. L'anno scorso quasi settanta detenuti che hanno scelto di togliersi la vita dietro le sbarre. Si potrebbe tornare quindi a parlare anche delle pene alternativ­e al carcere? Di quelle questioni prima messe sul tavolo e poi sepolte da faldoni di carta, per lo più da provvedime­nti populisti che solletican­o la pancia dei cittadini con un tempismo quasi impression­ante. Basti guardare i 15 nuovi reati inseriti nel codice penale, l'inasprimen­to del regime delle intercetta­zioni telefonich­e, l'aumento delle pene per reati già esistenti, agli inasprimen­ti del regime penitenzia­rio e quanto questo Governo sia affezionat­o al binomio: pena-carcere. Pare irrinuncia­bile, segno di una cultura che non vuole cambiare e che getta un po' di fumo negli occhi, quel tanto che basta per far credere che in lontananza ci sia ancora quella rivoluzion­e liberale e garantista tanto promessa e tanto sperata. Pare non esserci.

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