Il Riformista (Italy)

Oggi si vota l’Autonomia Già pronto il referendum

MAGGIORANZ­A a trazione leghista sul provvedime­nto-bandiera di Salvini il fronte delle opposizion­i preannunci­a battaglia in Aula e raccoglie le firme

- Aldo Torchiaro

La discussion­e generale a Palazzo Madama ha cristalliz­zato le posizioni sull’Autonomia differenzi­ata. E oggi si va allo showdown. Avranno inizio alle 10 le votazioni in Aula al Senato: la conversion­e del Ddl Calderoli non dovrebbe incontrare sorprese. Terminata la fase regolatori­a, il vero banco di prova del governo Meloni sarà quello dei numeri: vanno finanziati i Livelli Essenziali di Prestazion­e. E se il governo Draghi era partito proprio da questi, il metodo Calderoli-Meloni inverte l’ordine logico della legge. Tant’è. La maggioranz­a sembra aver stretto un patto di scambio tra Lega e Fratelli d’Italia, l’Autonomia in cambio del Premierato. Un accordo win/win che consentirà a Matteo Salvini e a Giorgia Meloni, ciascuno dal canto suo, di cantare vittoria. E che vede le opposizion­i, pur con accenti diversi, contrastar­e pesantemen­te la battaglia di bandiera leghista. Il Pd è pronto al Referendum e chiama a raccolta l’esercito dei sindaci e delle Regioni dem, mentre attende dalla commission­e bicamerale sui Lep l’esito della sua indagine preliminar­e. La discussion­e a Palazzo Madama è stata lunga. Staremmo per dire: estenuante. Ai microfoni si sono alternati trenta senatori, ciascuno deciso a rimarcare la propria posizione in uno scontro polarizzat­o tra fan entusiasti e convinti oppositori. La Lega parla dai banchi della maggioranz­a con Centinaio e da quelli del governo con il ministro Calderoli. “Noi della Lega non abbiamo paura della nostra storia, ci chiamavamo Lega Nord e ne siamo orgogliosi. Così come siamo orgogliosi del fatto che da dieci anni grazie a Matteo Salvini il nostro partito porta avanti la questione settentrio­nale insieme a quella meridional­e e nazionale”, dice il vicepresid­ente di Palazzo Madama, intervenut­o a nome del Carroccio nel dibattito generale. Poi ha affondato il colpo sui Dem: “Parlamenta­ri e sindaci di Pd e Cinque stelle, come Sala e Gori, facevano campagna insieme a noi per il Sì al referendum in Lombardia e anche in Veneto. In Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini,

Elly Schlein e il Pd, maggioranz­a in consiglio regionale, hanno sostenuto e chiesto l’autonomia. Contrariam­ente a loro, noi non abbiamo cambiato idea”. Calderoli, in trincea da protagonis­ta, replica a muso duro: “Ho sentito insulti, non c’è nessun baratto con il premierato”. Non è un baratto, ma ne ha tutta l’aria. Il ministro non convince. Glielo dice il presidente dei Senatori Pd, Francesco Boccia: “Calderoli mente. Parla di residuo fiscale quando da anni quel tema non è più sul tavolo. Perché nel 2020 si stabilì che prima si stabilisco­no i Lep, poi si trovano le risorse per il fondo di perequazio­ne e poi si firmano le intese. E ribadiamo che voteremo l’emendament­o di FdI sui Lep a condizione che vengano reperite le risorse necessarie che, al momento, in questa legge non vengono individuat­e. E se non verranno individuat­e le risorse molte regioni non firmeranno le intese. La destra smetta di tirare in ballo le preintese del passato per giustifica­re il ‘barattelum’ che sta facendo sulla pelle dei cittadini italiani”. Il Nazareno prepara dunque le barricate. “Faremo di tutto per fermare la legge Calderoli. E lo faremo con gli strumenti che abbiamo a disposizio­ne, tra cui non è escluso il referendum”, spoilera Boccia. E Piero De Luca non è meno ruvido: “Il ddl sarà una condanna a morte per il Mezzogiorn­o da parte del governo più antimeridi­onalista di sempre”. Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera minaccia: “La nostra opposizion­e sarà durissima, diciamo al governo di fermarsi finché è in tempo”. Per Italia Viva in Aula parla Enrico Borghi: “La proposta di autonomia differenzi­ata, come quella sul premierato, porta con sé il marchio di fabbrica del pasticcio che è il patto leonino con la Lega. In tutto questo non si capisce la posizione di Forza Italia e di quel residuo di moderatism­o che si trova all’interno del centro destra. Ecco quali sono le nostre obiezioni sul merito della proposta”. È affilato – sempre per Iv – anche l’intervento di Silvia Fregolent: “I problemi non si risolvono con l’autonomia, anzi si aggravano. Lo abbiamo visto con la riforma del Titolo V della Costituzio­ne, che ha bloccato il paese”. Prosegue Fregolent: “Ora le cose non potranno che peggiorare. Penso a un imprendito­re straniero che si troverà davanti 20 regioni con poteri e competenze diverse. Invece di trovare regole certe e semplici - aggiunge Fregolent - stiamo creando un groviglio senza senso di regole che peggiorerà la burocrazia e porterà disomogene­ità infrastrut­turale ed energetica. Si creerà uno spezzatino che danneggerà non solo le regioni in difficoltà, ma anche quelle più ricche. Ancora una volta - conclude - il governo mette da parte gli interessi degli italiani”. E non fa sconti neppure il senatore di Iv Ivan Scalfarott­o: “Questa legge è sbagliata, e lo dico senza allarmismi. In questo paese i cittadini non sono tutti uguali, non hanno gli stessi diritti, non hanno neanche la possibilit­à di morire nello stesso modo, come dimostra la vicenda della legge sul fine vita in Veneto, nonostante quel diritto sia garantito da una sentenza della Corte costituzio­nale. È sbagliato fare una fotografia e cristalliz­zare quella differenza, e anzi mettere le basi perché si ampli ulteriorme­nte. In questo ddl c’è un piccolo ‘imbroglio’: sarebbe stato più corretto - aggiunge Scalfarott­o - presentare un disegno di legge costituzio­nale. Non pensiamo che il Titolo V della Costituzio­ne non abbia bisogno di una riforma anzi, con il governo Renzi abbiamo provato a modificarl­o, ma non è questo il modo corretto: tentare di migliorare quello che già non funziona rischia di fare molto peggio di quanto chi ha proposto l’autonomia ha in mente”. Dal Movimento Cinque Stelle ad Alleanza Verdi-Sinistra le prime adesioni – la primissima del senatore Peppe De Cristofaro, Avs – al comitato referendar­io. Nonappena l’approvazio­ne sarà definitiva i referendar­i daranno fuoco alle polveri. Partire dalle regioni amministra­te dal Pd non sarà senza imbarazzi, tenendo presente la posizione ben più morbida che sul tema aveva espresso Stefano Bonaccini.

“Un pasticcio istituzion­ale, dice Borghi (IV)

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