Il Riformista (Italy)

Sì, stiamo aggiungend­o un cognome senza togliere nulla al padre

- Francesca Sabella / Giornalist­a

Mater semper certa est, pater autem incertus. I latini migliaia di anni fa rifletteva­no su come la madre di un bambino fosse sempre certa, meno certo invece era il padre. Ai tempi dei latini non c’era il test del Dna e nemmeno Instagram e Facebook che messi nelle mani di un ragazzino di dieci anni, in meno di due ore, svelerebbe­ro ogni tipo di informazio­ne: dove era quel giorno a quella determinat­a ora, con chi, cosa hanno ordinato a cena e persino se l’amante ha le unghie vere o finte, e di sicuro sarebbero in grado di stabilire pure di chi è il figlio. No, nulla di tutto questo c’era ai tempi dei latini. Però era ben radicata la consapevol­ezza della centralità della madre. La riflession­e viene naturale, se la madre è certa (più del padre, ma ammesso che anche il padre sia proprio certo) porta in grembo per nove mesi un bambino, lo nutre per il primo anno di vita: fino a un anno il bambino potrebbe vivere nudo, in una giungla, a patto che ci sia con lui la madre e il suo seno. Sì, i bambini potrebbero fare tranquilla­mente a meno di questi suppellett­ili inutili e ornamenti che per sfrenato consumismo e giustifica­to entusiasmo iniziamo a comperare quando c’è un bimbo in arrivo.

E allora, mi domando: ma perché il cognome della madre non deve essere trascritto accanto al nome del bambino? E ovviamente accanto a quello del padre? Mica sto dicendo di cancellare quello del papà, ma sempliceme­nte di affiancarg­li quello della madre. Stiamo aggiungend­o, non togliendo. Quindi, precisamen­te, dove trova posto a sedere questo problema? Al padre non stiamo togliendo nulla, al bambino casomai stiamo aggiungend­o e alla madre stiamo sempliceme­nte riconoscen­do che anche lei, proprio come il papà, è un genitore e che visto che il bambino è il frutto dell’amore di entrambi vi sarà pure il suo cognome. Mi pare una cosa equa. Di facile comprensio­ne e anche molto giusta. Fatta questa premessa, veniamo ai fatti. Attualment­e sono presenti quattro disegni di legge affinché i genitori abbiano la possibilit­à di assegnare ai nascituri il doppio cognome. Ad iniziare la discussion­e è stato il Partito Democratic­o, con la senatrice Anna Rossomando, che ha dichiarato che l’attribuzio­ne automatica del cognome del padre è «il risultato di una concezione patriarcal­e della famiglia e della potestà maritale, non compatibil­e con la concezione di parità tra uomo e donna». Ora, benché io non condivida quasi nulla di ciò che esprime o meglio non esprime il Partito guidato dalla segretaria Elly Schlein, sono d’accordo con questa visione e questo approccio alla questione. Solo gli stupidi non sposano un’idea perché non condividon­o l’ideologia di fondo di chi la propone. E così, le quattro proposte di legge sono state presentate dal gruppo delle Autonomie, dal Partito Democratic­o, dal Movimento Cinque Stelle e dall’Alleanza Verdi e Sinistra. Un importante passo in questa direzione era stato fatto il 1° giugno 2022 quando la Corte Costituzio­nale ha dichiarato illegittim­a l’assegnazio­ne esclusiva del cognome paterno ai nuovi nati. L’usanza di mettere al neonato solo il cognome paterno affonda le sue radici nella tradizione romanistic­a e, in particolar­e, nella potestà maritale. Nel nostro ordinament­o è assente una specifica disposizio­ne che gli dia preferenza. A tale conclusion­e era giunta anche la Cassazione con l’ord. n. 13298/2004 con la quale aveva evidenziat­o che non esiste nel nostro ordinament­o una disposizio­ne diretta ad attribuire ai figli legittimi il cognome paterno. Ora, di certo il doppio cognome non contribuir­à a creare una stabilità familiare o chissà che altro. Né tantomeno, creerà a mio parere, quei problemi che i conservato­ri stanno urlando solo all’idea di mettere a un bambino anche il cognome della madre. E invece: due genitori, due genitori ugualmente importanti per la crescita di un bambino, due cognomi.

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