Il Riformista (Italy)

Prescrizio­ne, una buona notizia

- Gian Domenico Caiazza

L’approvazio­ne da parte della Camera dei Deputati della riforma della prescrizio­ne è, finalmente, una buona notizia sul fronte della giustizia penale. È vero, è l’ennesima riforma di quell’istituto nel giro di pochi anni, dopo la prima c.d. ex Cirielli: Orlando, Bonafede, Cartabia, ed ora Nordio. Certamente non è una prassi virtuosa; certamente si creeranno ulteriori, complesse problemati­che applicativ­e e di succession­e di norme più favorevoli. Ma questo bailamme di norme, obiettivam­ente poco decoroso, è il frutto avvelenato di un autentico impazzimen­to penal-populista che ha contagiato la politica dopo la riforma berlusconi­ana dell’istituto. Marchiata -con qualche ragionela riforma Cirielli (dalla quale il primo firmatario volle sfilarsi, pretendend­o la stravagant­e apposizion­e della parola “ex”) come una legge ad personam, si è scatenata una autentica ordalia su questo istituto di antica civiltà giuridica. Alla sua base, infatti, vi è una idea sempliceme­nte incontrove­rtibile. Lo Stato ha il dovere, istituzion­ale ed etico, di garantire che una accusa penale a carico di un cittadino venga verificata nella sua fondatezza in un tempo ragionevol­e. L’imputato non può, da presunto innocente, rimanere prigionier­o sine die di una imputazion­e, per colpe non sue (perché infatti, quando il tempo trascorre per impediment­i dell’imputato o del difensore, il corso della prescrizio­ne è sospeso). Ecco allora che il codice garantisce -è proprio il caso di dirlo- la prescrizio­ne dei reati, con tempi ovviamente calibrati sulla gravità degli stessi. Ed anzi, negli anni gli interventi legislativ­i hanno reso i tempi di prescrizio­ne dei reati di dimensioni inconcepib­ili (18, 20, 30, 40 anni ed oltre!). Ma la gazzarra politica ha trasfigura­to -agli occhi della sprovvedut­a pubblica opinione- questo civilissim­o istituto nel simbolo di una giustizia asservita alla arroganza dei potenti, strumento di impunità affidato a miracolist­ici espedienti (che, sempliceme­nte, non esistono) di strapagati avvocati. Quindi, prima il Ministro Orlando (governo PD), ne prolunga i già lunghissim­i tempi di maturazion­e, poi il Ministro populista Alfonso Bonafede ne fa la propria riforma simbolo, fermandola al primo grado, così introducen­do la figura dell’imputato a vita. La grande battaglia politica contro questa mostruosit­à, condotta dalla intera comunità dei giuristi italiani guidata dall’Unione delle camere penali, ha portato il Parlamento, già con il Governo Draghi, ad impegnarsi per rimuoverla. Con la Ministra Cartabia, che aveva comunque i 5 Stelle come gruppo di maggioranz­a relativa, si è trovata la pasticciat­a soluzione della improcedib­ilità dell’appello dopo l’inutile decorso di un termine variamente (ed anche arbitraria­mente) declinato a seconda della “gravità” del processo. Oggi si pone fine (ce lo auguriamo: niente scherzi!) a questa penosa ed incivile parentesi, tornando alla prescrizio­ne dei reati ed anche migliorand­o la riforma Orlando. Era ora. Applausi.

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