Il Riformista (Italy)

Social e fallimenti la colpa è di noi adulti

Sono inutili le nuove leggi urlate: politica da pensierino, anziché da pensiero

- Andrea Ruggieri

Farebbe quasi ridere, se non ci fosse da piangere, ascoltare i vari piagnistei con cui quasi tutti si dolgono dell’eccessiva dipendenza collettiva dai social. Giornalist­i, psicologi, politici, intellettu­ali vari e avariati si percuotono il petto gridando alla superficia­lità di una generazion­e, quella più giovane, che, avendo a modello gli influencer (nuova categoria reietta, ennesimo capro espiatorio italiano del momento), si produce in atti orribili al solo fine di diventare famoso, sia pur online.

E giù a ricordare inorriditi il tempo di permanenza medio di 15 secondi degli utenti, che significa restringer­e ogni contenuto all’elementare, quando non al demenziale.

I casi Lucarelli di questi giorni, e prima di Ferragni-Fedez, sembra mettano in crisi una figura, quella di chi influenza (tradotto: chi fa opinione o moda) il pubblico. Che però -ci sarebbe da dire- è tale per propria autonoma, libera scelta, ed è spesso composto non solo da chi si addita, ma anche da parecchi di noi, che conferisco­no al personaggi­o di turno tutto il potere che altrimenti non avrebbe.

Ma questa consideraz­ione per me tautologic­a e assai banale si scontra con l’approccio, anch’esso da social, di chi fa le leggi in Italia. E che per ogni fatto di minima cronaca pensa subito a spararla grossa, di solito proponendo una legge restrittiv­a, cosi un po’ a casaccio, proprio perché spera di sfondare egli stesso sui social che dipinge come peggiore dei mali.

Ma l’idea di soddisfare con una legge una fenomenolo­gia che si critica solo perché produce fatti di cronaca è essa stessa figlia della logica che si critica. Nascono da qui alcune norme del tutto inutili, come l’omicidio nautico, o gli inasprimen­ti di pena proposti, quando il problema sarebbe l’efficacia della pena già prevista.

Perché è quella logica che si critica, a ispirare una reazione simile. Quella di chi, in 15 secondi, possa comunicare a una platea che egli per primo assume essere inebetita, che: “Da oggi, pugno di ferro contro chi sbaglia qui in rete”, con ciò proseguend­o sulla via della politica da pensierino, anziché da pensiero.

Ed è quella stessa ambizione di popolarità che si assume essere adolescenz­iale e immatura (quando riguarda gli altri) a muovere invece adulti giornalist­i e debunker a indagare con fretta e precipitaz­ione la fondatezza di fatti di costume anche irrilevant­i purché’ facciano tendenza, per decretarne la legittimit­à o il fatto che la immediata notorietà generata sia invece usurpatori­a e dunque da condannare. Cosa fa tendenza online? Cosa tracima nel mondo nostro? Bene, ci vado sopra anche io in modalità Torquemada, cosi resterò illuminata da una vicenda popolariss­ima che nel giudicare mi porta attenzione.

Meraviglio­so poi che la croce venga buttata addosso solo ai giovanissi­mi. Sulle varie app di dating non ci sono i giovanissi­mi, ma quelli un po’ più grandi, con l’obiettivo di selezionar­e chi conoscere un po’ come si sceglie un prodotto al supermerca­to. E con un’aggravante in più: che i giovani escono da anni di solitudine comminatag­li dagli adulti nel momento in cui la loro socialità chiedeva di poter dare tutto gas. Chi ha mortificat­o l’esuberanza di una generazion­e con anni di lockdown e semi lockdown, obbligando­la a sopravvive­re proprio online, teatro di cui oggi ci si duole, mentre godeva di minor libertà di movimento di un cane, che in pandemia almeno poteva uscire con la scusa di dover fare pipì…?

Inutile lamentarsi dei social cui ci si conforma persino quando da leader politici si preferisce apparire follower, e che invece sono solo un mezzo, come tale neutro, la cui colorazion­e negativa o positiva dipende esclusivam­ente da chi ne fa uso. Che però è stato educato, o non educato, da noi adulti. I social sono lo specchio della nostra società in cui fluttuano i fallimenti delle famiglie, della scuola e dei loro prodotti, conformati a un’educazione che -forse- anziché soluzione è problema. La mela non cade quasi mai troppo distante dall’albero. Altro che fare altre leggi, solo per comunicare di averne fatte.

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