Lombardia, inaccettabili i tagli ai fondi per le persone con disabilità grave
Tagli che riteniamo non solo immotivati, ma anche devastanti per le vite di circa 10mila famiglie lombarde e non solo
Il 28 dicembre 2023 è stata emanata la delibera n. 1669 della Regione Lombardia sul programma regionale relativo ai fondi nazionali della non autosufficienza per le persone con disabilità grave (misura B2) e disabilità gravissima (misura B1). Le misure B1 e B2, corrispondenti agli assegni di cura di altre regioni, sono contributi economici (assistenza indiretta) con i quali le persone con disabilità e più spesso i rispettivi caregiver familiari, acquistano servizi sanitari, sociosanitari e sociali ai quali pur avendo diritto, non riescono ad accedere col sistema pubblico e sono pertanto costretti a rivolgersi ad enti e professionisti privati. Tali misure inoltre sempre più spesso, vanno a compensare il lavoro di cura e assistenza del caregiver familiare, che a causa della totale mancanza di sostegno e supporto è costretto a lasciare il lavoro per occuparsi H24 del proprio figlio, fratello, genitore. Questi contributi, che vanno da un massimo di 900 euro a un minimo di 650 euro mensili, a seconda della patologia disabilitante e del conseguente carico assistenziale, con la delibera 1669 verranno tagliati dal 1 giugno 2024 mediamente del 35% con punte del 47% a seguito di una interpretazione praticamente univoca della Regione Lombardia che afferma di essere obbligata (come le altre regioni) a recepire il Piano Nazionale Non Autosufficienza 2022-24. E allora facciamo un passo indietro. Il 3 ottobre 2022 con un DPCM, il Governo Draghi emana il piano nazionale in questione su proposta del Ministro Orlando e della Ministra Stefani. Tale piano, che ogni tre anni stabilisce le regole con le quali le somme stanziate del fondo nazionale non autosufficienze, vengono ripartite ed erogate alle regioni, così come i criteri con i quali questi stessi fondi devono poi essere distribuiti agli aventi diritto. Ma, stavolta, si impone un ulteriore vincolo alle Regioni. Quello di implementare i cosiddetti Leps (livelli essenziali di prestazioni sociali) attraverso lo spostamento di una quota del FNA spettante alla Regione - che nel 2024 è di circa 115 milioni - con una percentuale decisa da ogni regione nel primo anno (2022) che andrà poi ogni anno aumentata del 10% nel primo anno e del 20% nel secondo. Ciò che afferma chiaramente il PNNA però, oltre all’implementazione dei Leps, che famiglie e associazioni ritengono sacrosanta attendendo da anni servizi adeguati e soprattutto personalizzati e non standardizzati, è che tale spostamento di risorse non deve essere raggiunto con alcun taglio dei contributi di assistenza indiretta, ma che sono le stesse regioni, che nella fase di implementazione – o meglio di costruzione vista la totale assenza di determinati servizi - a poter e dover implementare le risorse con stanziamenti propri per non lasciare le persone con disabilità e le rispettive famiglie senza nessun tipo di sostegno. Pertanto non si comprende il perché la giunta lombarda, peraltro unica nel panorama nazionale, abbia voluto fare questa scelta che non solo è inaccettabile, ma ci pare anche illegittima sotto il punto di vista normativo. E un passaggio del piano nazionale a pag. 29 pare confermarcelo: “Giova ripetere il fatto che i LEPS, così come declinati nella Legge di
Bilancio 234/2021, si riferiscono principalmente alla platea degli anziani non autosufficienti, ma garantiscono l’accesso ai servizi sociali e socio sanitari, attraverso i PUA, a tutte le persone non autosufficienti, mentre è la legge n 227/2021 (“Legge delega in materia di disabilità”) che prevede che siano definite le procedure volte alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni specifici”. E ricordiamo che la legge delega 227 andrà in vigore, se tutto va come previsto, non prima del 2025. Le associazioni di familiari che si occupano di disabilità e/o di malattie rare, tra cui in prima linea “Nessuno è Escluso” che ho l’onore di rappresentare quale vicepresidente, hanno immediatamente contestato duramente questi tagli che riteniamo non solo immotivati, ma anche devastanti per le vite di circa 10mila famiglie lombarde e non solo. Il grossissimo rischio è che se tale progetto lombardo non sarà fermato, tante altre regioni potranno seguire questo scellerato esempio. Ma tutto quanto detto fin ora forse non avrebbe molto senso se non spiegassi chi è un caregiver e perché la valorizzazione di tale figura è così importante. Innanzitutto, anche io stesso lo sono, di una bambina con una malattia rarissima (unico caso in Italia) e nonostante l’arrivo di Roberta 7 anni fa mi abbia stravolto e arricchito l’esistenza, vi assicuro che reinventarsi ogni giorno, riconsiderare tutte le priorità e vivere in un perenne stato di stress psicofisico dovuto certamente alle preoccupazioni ma anche alla totale mancanza di supporto, è una condizione complicatissima. Il caregiver è un lavoro totalizzante e non solo quantitativamente ma anche qualitativamente visto che siamo praticamente costretti a diventare infermieri, educatori, terapisti, psicologi e pure avvocati. Perché nonostante l’Italia sia l’unico paese europeo a non essersi ancora dotato di una legge che riconosca questa figura, un caregiver è praticamente un gemello siamese del proprio caro assistito e lo rimane per sempre.