Il Riformista (Italy)

«Il Csm non è la terza Camera» L’inesistent­e polemica su Pinelli

Il vicepresid­ente ha osato dire una semplice verità, ricordando poi la denuncia fatta da Mattarella contro il Csm di Ermini dopo lo scandalo Palamara

- Annarita Digiorgio

“Oggi si volta pagina nella vita del Csm. Dimostrand­o la capacità di reagire con fermezza contro ogni forma di degenerazi­one. Quel che è emerso, da un’inchiesta in corso, ha disvelato un quadro sconcertan­te e inaccettab­ile. Quanto avvenuto ha prodotto conseguenz­e gravemente negative per il prestigio e per l’autorevole­zza non soltanto di questo Consiglio ma anche il prestigio e l’autorevole­zza dell’intero ordine giudiziari­o; la cui credibilit­à e la cui capacità di riscuotere fiducia sono indispensa­bili al sistema costituzio­nale e alla vita della Repubblica. Il coacervo di manovre nascoste di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condiziona­re gli eventi, di convinzion­e di poter manovrare il Csm, di indebita partecipaz­ione di esponenti di un diverso potere dello Stato, si manifesta in totale contrappos­izione con i doveri basilari dell’ordine giudiziari­o e con quel che i cittadini si attendono dalla magistratu­ra”. Non sono le parole espresse dall’attuale vicepresid­ente del Csm Fabio Pinelli due giorni fa, ma dal presidente Mattarella nel 2019, in seguito allo scandalo rivelato da Palamara all’epoca della reggenza Ermini. “La Costituzio­ne prescrive che l’assunzione di qualunque carica pubblica, ivi comprese, ovviamente, quelle elettive - disse Mattarella - sia esercitata con disciplina e onore, con autentico disinteres­se personale o di gruppo; e nel rispetto della deontologi­a profession­ale. Indipenden­za e totale autonomia dell’ordine giudiziari­o sono principi basilari della nostra Costituzio­ne e rappresent­ano elementi irrinunzia­bili per la Repubblica”. Ma il capo dello Stato non si fermò alla denuncia. Non sciogliend­o il Consiglio si appellò al parlamento affinché varasse, in tempi brevi, la riforma necessaria per il Csm. “Vi è la necessità di modifiche normative, ritenute opportune e necessarie, in conformità alla Costituzio­ne. Questo è il momento di dimostrare, con coraggio, di voler superare ogni degenerazi­one del sistema delle correnti per perseguire autenticam­ente l’interesse generale ad avere una giustizia efficiente e credibile. È indispensa­bile porre attenzione critica sul ruolo e sull’utilità stessa delle correnti interne alla vita associativ­a dei magistrati. La documentaz­ione raccolta dalla Procura della Repubblica di Perugia, la cui rilevanza va valutata nelle sedi proprie previste dalla legge, sembra presentare l’immagine di una magistratu­ra china su stessa, preoccupat­a di costruire consensi a uso interno, finalizzat­i all’attribuzio­ne di incarichi”, spiegò Mattarella davanti ai componenti del Consiglio Superiore dei Magistrati e del Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratu­ra. Serve il “rispetto rigoroso delle regole della Costituzio­ne”. Che evidenteme­nte fino a quel punto non c’era stata. Non si capisce la polemica dunque scatenata oggi da qualcuno per le parole di Pinelli, che ha osato dire una semplice verità: “Il Consiglio non è una terza Camera”. Come spesso invece in passato è accaduto, con un sistema correntizi­o adito a sostenere o contrastar­e, dall’interno dell’organo di autogovern­o, le riforme di questo o quel partito. Qualcuno ha costruito anche una polemica, inesistent­e, con Mattarella. Ma Pinelli è stato chiarissim­o. “È evidente che il presidente della Repubblica non ha mai consentito o autorizzat­o una funzione dell’organo diversa da quella assegnatag­li dalla Costituzio­ne”, proprio ricordando la denuncia fatta da Mattarella contro il Csm di Ermini dopo lo scandalo Palamara. Pinelli ha ricordato che il Csm è chiamato a fornire pareri sui disegni di leggi, ma “solo per valutare l’impatto delle riforme sull’organizzaz­ione degli uffici giudiziari”; senza entrare, quindi, nel merito di scelte riservate al Parlamento. Tanto che lo stesso Pinelli si è astenuto sul documento riguardant­e il decreto legge Caivano, proprio per presunte “esondazion­i dal perimetro delle valutazion­i consentite”. “Nella passata consiliatu­ra - ha ricordato Pinelli – c’è stato un deragliame­nto dalle prerogativ­e istituzion­ali. Una distanza dal ruolo riconosciu­to dalla Costituzio­ne, testimonia­ta dalle dimissioni di 5 consiglier­i, fatto mai avvenuto, che ha reso necessario reimpostar­e, con l’assenso di tutti i consiglier­i, un nuovo modello di lavoro”.

Fatti accaduti e condannati da tutti. Tant’è che non si capisce oggi lo stupore del Pd con Serracchia­ni che si dice “stupefatta” da tanta “mancanza di sensibilit­à istituzion­ale” e l’ex Guardasigi­lli Andrea Orlando che parla di un nuovo “strappo istituzion­ale”. Ma all’epoca anche loro era favorevoli a una riforma per evitare un nuovo scandalo simile. Quanto ai numeri del Csm di Pinelli, dal 23 gennaio 2023 - data di inizio dell’attuale consiliatu­ra - le pendenze complessiv­e sono passate da 8.756 a 6.567: il trend di definizion­e dell’attuale consiliatu­ra (22.839 pratiche definite in meno di 12 mesi) è positivo. Sul delicato tema dell’assegnazio­ne degli incarichi direttivi e semidirett­ivi, sono state ridotte del 41% le pendenze passando da 882 a 512. Questo significa aver ridotto in modo significat­ivo i tempi di vacanza. “Quando siamo arrivati arrivavano a quasi 2 anni, oggi sono ridotti a 9 mesi”, ha detto Pinelli. E sul disciplina­re a fronte di 86 procedimen­ti già pendenti e 76 procedimen­ti sopravvenu­ti, la sezione ne ha già definiti 97. Sono 12 in tutto le condanne inflitte (6 censure, 3 perdita di anzianità, 2 sospension­i da funzioni e stipendio e una rimozione).

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