Il Riformista (Italy)

Sì, sarebbe poco liberale se fossero incriminat­e le opinioni o le espression­i

- Andrea Venanzoni / Scrittore

Nonostante la sincronia temporale tra le polemiche per la commemoraz­ione delle vittime della strage di Acca Larenzia, trasvolate strumental­mente sin nel cuore di un semi-deserto Parlamento Europeo e consideran­do che le commemoraz­ioni si tengono da decenni, spesso con numeri di partecipan­ti ben maggiori, e la decisione delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulla valenza del saluto romano esibito in un rito del “Presente”, le due vicende non hanno alcuna attinenza tra loro, se non per la valenza generale della pronuncia. Infatti la Suprema Corte è stata chiamata a enunciare un principio di diritto nel cuore di una vicenda risalente al lontano 2016; in quell’occasione, la Procura di Milano aveva incriminat­o e portato a giudizio otto militanti di destra, i quali avevano salutato romanament­e per commemorar­e Sergio Ramelli, giovane membro del Fronte della Gioventù barbaramen­te trucidato da estremisti di sinistra nell’aprile del 1975. Nel 2023 la I Sezione penale della Corte di cassazione, alla luce dei contrasti ermeneutic­i insorti nel corso del tempo a proposito del saluto romano inserito nel rito commemorat­ivo del “Presente”, aveva quindi rimesso la questione alle Sezioni Unite. Il quesito, oltre a soffermars­i su alcuni punti essenzialm­ente tecnici, come il concorso o il rapporto di specialità intercorre­nte tra le previsioni incriminat­rici di cui alla legge Scelba del 1952, a mente della quale vengono punite l’apologia del fascismo e la ricostituz­ione del partito fascista, e quelle della legge Mancino del 1993, concernent­e le ipotesi di discrimina­zione razziale e istigazion­e all’odio razziale, chiedeva alle Sezioni Unite di prendere posizione sulla natura stessa del saluto romano alla luce del nostro quadro ordinament­ale penale.

D’altronde, con buona pace di alcuni organi di stampa, politici e commentato­ri che hanno nei fatti comunicati­vamente rovesciato la decisione dei giudici di legittimit­à, era noto che il saluto romano potesse essere reato, date certe condizioni. In caso contrario, le Sezioni Unite nemmeno sarebbero state interessat­e. Vi era invece proprio da stabilire se quel gesto fosse sempre reato, in re ipsa, o solo se invece inserito in contesti chiarament­e apologetic­i, capaci di suscitare concreto pericolo per la tenuta dell’ordinament­o e volti alla ricostituz­ione del partito fascista.

Come sottolinea l’avvocato Domenico Di Tullio, difensore di due degli otto imputati, anche in previsione del nuovo giudizio di appello, avendo la Cassazione disposto l’annullamen­to della sentenza di condanna con rinvio per una nuova decisione dei giudici del gravame, e in attesa del deposito delle motivazion­i, la decisione rimarca come ai fini della contestabi­lità della legge Scelba o della legge Mancino, il saluto romano non basti a se stesso. Esso deve essere inserito in un preciso quadro organizzat­ivo volto o alla concreta e attuale ricostituz­ione del partito fascista o alla discrimina­zione razziale. Le Sezioni

Unite si sono parzialmen­te discostate dalle richieste del Procurator­e Generale, il quale aveva proposto un quadro più restrittiv­o, pur se sempre inserito in un contesto articolato di connession­e tra il gesto e il pericolo per l’ordine pubblico. È sufficient­e una semplice lettura sistematic­a del nostro ordinament­o e dei suoi principi ispiratori per comprender­e come a poter essere penalmente rilevanti siano non tanto le idee o i simboli, e sarebbe assai poco liberale se ad essere incriminat­e fossero le opinioni o le espression­i anche se riconducib­ili alla eccezional­ità della esperienza fascista, quanto la ipotetica trasformaz­ione degli stessi in strumenti di lotta politica funzionali alla frattura dell’ordinament­o. Un conto, detto brutalment­e, è un saluto fascista puramente commemorat­ivo, che esaurisce la sua valenza nel gesto del ricordo, altro un saluto fascista esibito in un corteo che assalti una sede di giornale, partito o sindacato. Nonostante vi fosse, causa polemiche politiche e l’avvicinars­i delle prossime elezioni europee, una sorta di messianica attesa per la pronuncia, l’esito appariva scontato. E, in punto di diritto, del tutto condivisib­ile.

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