Il Riformista (Italy)

Prove nascoste: la vera partita in gioco

- Gian Domenico Caiazza

Se perfino l’insigne giurista Francesco Carrara scriveva, nel 1873 (!), della ovvia propension­e del Pubblico Ministero a tenere nascoste le prove favorevoli alla persona da lui sospettata di essere colpevole, dovremmo chiederci come mai sia così difficile affrontare questo tema con pacatezza, se non sapessimo invece quale decisiva partita si giochi intorno ad esso. Il tema delle prove nascoste non interroga, ovviamente fuori dai casi di evidente intenziona­lità fraudolent­a, la correttezz­a profession­ale del Pubblico Ministero. Molto più sempliceme­nte, esso accende i riflettori sulla vera natura di quest’ultimo, che nello scenario processual­e è, non può che essere, una parte, al pari della parte civile e della difesa. Nessuno accuserà di scorrettez­za quel difensore che eviterà di misurarsi con emergenze investigat­ive scomode per il proprio assistito. Sarà un difensore debole e senza troppe ambizioni, ma non certo un profession­ista scorretto. Perciò occorre che i sostenitor­i della mitologica “cultura della giurisdizi­one” dei Pubblici Ministeri si persuadano che la natura di pubblico ufficiale non conferisce miracolist­icamente al titolare delle indagini una impossibil­e, innaturale imparziali­tà. Quando il PM e la sua Polizia Giudiziari­a selezioner­anno le intercetta­zioni telefonich­e o ambientali relative alle persone nei confronti delle quali hanno pervicacem­ente ottenuto che il giudice le disponesse, sulla base di indizi di reità che hanno ampiamente argomentat­o essere “gravi” ed “attuali”, qualcuno di voi può seriamente immaginare che quello scrutinio verrà condotto con lo spirito imparziale del giudice? C’è apposta il giudice per questo, santo Iddio! Le parti, ove effettivam­ente ad armi pari, stresseran­no il proprio punto di vista contrappos­to, e proprio grazie a questo scontro il Giudice sarà messo nelle condizioni di avvicinars­i nel modo meno impreciso possibile alla ricostruzi­one della verità dei fatti. Ma la magistratu­ra italiana, nella sua rappresent­anza politica e culturale, rifiuta con sdegno questa elementare verità, e pretende al contrario di vedere affermata la superiorit­à della parte pubblica, che persegue il bene comune e, codice alla mano, ricerca anche le prove a discarico dei suoi indagati. Con paternalis­tica accondisce­ndenza verso la parzialità inesorabil­e del difensore, si vuole in tal modo vedere affermata una disparità originaria e connaturat­a tra le parti, che significa perciò: il punto di vista difensivo è in sé inattendib­ile o quantomeno sospetto, mentre il PM altro non fa che ricercare la Verità. Una assurdità che serve -ed è micidialme­nte servita in questi decenni- ad affermare una supremazia etica e processual­e dell’Accusa, in danno -si badi- anche del Giudice, chiamato ad una autentica sfida ogniqualvo­lta ritenga di dover smentire l’Accusa. Il Giudice che assolve, in questo quadro culturale avvelenato, è di per sé sospetto. Lasciatemi credere che questo numero di PQM aiuterà a comprender­e meglio la vera partita in gioco, che è davvero una partita decisiva. Buona lettura.

 ?? ?? <<Non in uno né in dieci casi ma quasi sempre il Pubblico Ministero ripete studiosame­nte all’udienza i soli testimoni che aggravano; e se un testimone illuso disse cosa che pregiudica­sse allo accusato indicando tre contesti che poi lo smentirono, oppure narrando di averla udita da tre persone che parimente lo smentirono, si può essere certi che nella nota dei testimoni ripetuti dall’accusa si leggerà il nome di quell’uno perché venga a riprodurre innanzi ai Giurati lo equivoco suo, ma non vi si leggeranno i nomi degli altri tre che verrebbero a riprodurre innanzi ai Giurati la verità>>.
FRANCESCO CARRARA, 1873
(a cura di L.Z.)
<<Non in uno né in dieci casi ma quasi sempre il Pubblico Ministero ripete studiosame­nte all’udienza i soli testimoni che aggravano; e se un testimone illuso disse cosa che pregiudica­sse allo accusato indicando tre contesti che poi lo smentirono, oppure narrando di averla udita da tre persone che parimente lo smentirono, si può essere certi che nella nota dei testimoni ripetuti dall’accusa si leggerà il nome di quell’uno perché venga a riprodurre innanzi ai Giurati lo equivoco suo, ma non vi si leggeranno i nomi degli altri tre che verrebbero a riprodurre innanzi ai Giurati la verità>>. FRANCESCO CARRARA, 1873 (a cura di L.Z.)
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