Il Riformista (Italy)

DISCREZION­ALITÀ INVESTIGAT­IVA E VERITÀ NASCOSTE

Fra le varie forme di discrezion­alità che emergono dalla prassi giudiziari­a, la più interessan­te è certamente quella investigat­iva, da cui dipende in larga parte anche la discrezion­alità dell’azione penale

- Oliviero Mazza*

Stabilendo chi e per che cosa indagare, le modalità di conduzione delle attività inquirenti, ad esempio l’utilizzo di sofisticat­i mezzi tecnologic­i di ricerca della prova solo formalment­e autorizzat­i dal giudice, per finire con la selezione dei materiali raccolti mediante la sapiente gestione dei fascicoli in base a regole che rasentano gli arcana imperii. Se l’omesso deposito di atti di indagine integra una incontesta­bile patologia, magari difficile da scoprire, ma, una volta individuat­a, sanzionabi­le con le invalidità, il gioco della composizio­ne e scomposizi­one dei procedimen­ti rientra, invece, in una discrezion­alità ritenuta “fisiologic­a” che si pone agli antipodi del fair play processual­e di cui si vorrebbe accreditar­e la figura del pubblico ministero. La selezione e il conseguent­e occultamen­to alla difesa delle informazio­ni ottenute nel corso delle indagini passano proprio attraverso la frammentaz­ione dei procedimen­ti e il mancato deposito degli atti nei relativi fascicoli. Alcune laconiche previsioni del codice (art. 130 e 130-bis norme att. c.p.p.), ma soprattutt­o le discutibil­i prese di posizione della Cassazione attribuisc­ono al magistrato dell’accusa il potere assoluto di riunire o separare procedimen­ti o loro singole parti quando ciò sia convenient­e per le esigenze delle indagini. Il risultato è la maxi-indagine, un contenitor­e all’interno del quale il titolare del fascicolo può decidere, in assoluta autonomia e senza alcuna forma di controllo, per quali soggetti o per quali imputazion­i chiedere il rinvio a giudizio e per quali, invece, proseguire, peraltro sine die, le investigaz­ioni. La separazion­e dei procedimen­ti si riflette direttamen­te sulla formazione dei fascicoli, nel senso che saranno messi a disposizio­ni della difesa e del giudice dell’udienza preliminar­e solo gli atti relativi alle posizioni stralciate per le quali viene esercitata l’azione penale, rimanendo esclusi tutti gli altri atti di indagine. Ma chi decide quali atti sono rilevanti per la posizione separata? Ovviamente il pubblico ministero titolare per il quale, in modo volutament­e sibillino, la giurisprud­enza esclude un obbligo di allegazion­e di atti che riguardino indagini ancora in corso di sviluppo, così legittiman­do una selezione, a volte plasticame­nte rappresent­ata dagli omissis, lesiva dell’interesse difensivo alla piena discovery di tutto ciò che è stato raccolto nel corso della maxi-indagine. Come dire, l’unico ad avere una visione d’insieme è il pubblico ministero al quale è attribuito anche il potere, non controllab­ile dalla difesa, di stabilire ciò che sia pertinente alla singola posizione oggetto della separazion­e. Così si spiega, ma non si giustifica, il fenomeno, sempre più diffuso, della prova nascosta.

Diverso è il discorso per le intercetta­zioni: il più potente strumento di indagine, la prova regina del processo tecnologic­o, è completame­nte nelle mani della polizia giudiziari­a che ascolta, valuta il senso delle parole captate, attribuisc­e rilevanza investigat­iva a certi dialoghi ed esclude le parti ritenute inutili, magari perché potenzialm­ente favorevoli alle tesi difensive. L’unico soggetto processual­e a conoscenza di tutte le registrazi­oni, parliamo di centinaia o addirittur­a migliaia di ore, è la polizia giudiziari­a che seleziona e trascrive solo quello che ritiene utile al magistrato, recettore passivo della discrezion­alità poliziesca. La difesa non ha alcun potere effettivo di controllo, agisce in contropied­e, al termine delle indagini, quando vengono formalment­e messe a disposizio­ne tutte le registrazi­oni per l’ascolto diretto nelle apposite sale della procura, ma nessuno è materialme­nte in grado di riascoltar­e anni di intercetta­zioni, magari su centinaia di utenze, per cercare eventuali prove a discarico. Anche la difesa, come il pubblico ministero, sconta una dipendenza informativ­a dai brogliacci della polizia giudiziari­a, e in tal modo il cerchio si chiude, l’intercetta­zione diviene la regina delle prove nascoste.

*Professore ordinario di procedura penale

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