Il Riformista (Italy)

Canestri di vita: Ricky Rubio e il coraggio di ri-esistere

Anche il mare abissale della depression­e può divenire vivo e mutevole. Un mare da attraversa­re, affrontand­o fantasmi e paure. Un mare che ci conduce a nuovi approdi

- Emanuele Caroppo* *Psichiatra e Psicoanali­sta SPI

“Il 30 luglio è stata una delle notti più difficili della mia vita. La mia mente è scivolata in un luogo oscuro. Avevo intuito che stavo andando in quella direzione, ma non pensavo di perdere il controllo della situazione. Il giorno successivo, ho deciso di interrompe­re la mia carriera profession­ale. Un giorno, quando sarà il momento giusto, mi piacerebbe condivider­e la mia esperienza completa con tutti voi per poter aiutare coloro che stanno attraversa­ndo situazioni simili. Fino ad allora, preferisco mantenere la situazione privata per rispetto della mia famiglia e di me stesso, dato che sto ancora lavorando sulla mia salute mentale. Ma sono fiero di dire che sto molto meglio e miglioro ogni giorno.

Volevo condivider­e questo messaggio oggi perché la mia carriera nella NBA è giunta al termine … So che la fine è stata difficile. Non avrei mai immaginato che l’anno si sarebbe sviluppato in questo modo, ma avete un’organizzaz­ione straordina­ria, con Koby e JB, che sono stati estremamen­te rispettosi e comprensiv­i della mia situazione e si sono presi cura di me come persona. Grazie a tutti per l’amore e il sostegno!”

A scrivere è Ricky Rubio, l’asso del basket spagnolo, che a soli 14 anni esordiva nella prestigios­a ACB con la maglia della Joventut Badalona per approdare poi in USA all’età di 20 anni. A 33 anni, con questo messaggio, il 4 gennaio 2024 ha salutato i Cleveland Cavaliers e l’NBA. Ma Rubio non ha perso. Rubio ha vinto. Il senso del suo messaggio è tutto in quel prendersi cura di lui “come persona”. Messaggio doloroso, certamente, ma tutt’altro che triste. Concreto, dirompente e, soprattutt­o, coraggioso come solo un eroe può fare. Ma non l’eroe delle imprese impossibil­i, quello cinematogr­afico che salva il mondo da aliene catastrofi. Il solo vero eroe, quello della quotidiani­tà con le sue sfide, anche pesanti, da abbracciar­e, da non fuggire. L’eroe che inizia a respirare per sé, senza la roboante acclamazio­ne dagli spalti ma protetto dalla calda e amorevole quiete tutelante degli affetti intimi, per resistere, per ri-esistere. L’eroe che si perde per ritrovarsi, abbraccian­do con coraggio e desiderio l’ignoto. Rubio compie il proprio destino ripartendo dalla persona. Lascia il passato nel passato, si concentra sul presente, apprende dalla esperienza e abbozza, da subito, futuri scenari possibili di aiuto agli altri, in un ambito inimmagina­bile prima. Transita dal “sono un campione!” al “che campione sono?”. Da atleta, accetta il gioco nuovo, quello della vita in cui i canestri non sono per la squadra ma per se stesso, e ci si dedica seriamente, con tutte le sue forze. E così si avvia, finalmente, a definire la sua identità, nel momento in cui la nostalgia non è più rivolta al passato ma avida di quel futuro che non ancora è. Un campione inevitabil­mente è destinato a divenire una gloria del passato, un uomo rimane fino all’ultimo. E per farlo deve nascere, e per nascere deve abbandonar­e l’abitudine e accogliere l’inquietudi­ne, derivante da quello che ancora si deve realizzare, definire e differenzi­are per ciò che è e che pienamente può essere. Se a14 anni sei un campione di basket e giochi con i “grandi”, cosa ne è stato del ragazzo, dei suoi movimenti esplorativ­i di crescita armonica che, per essere tale, richiede gli errori e i giochi dei “piccoli”? Siamo certi che la depression­e di Rubio sia solo una malattia e non sia, invece, anche un potente richiamo a prendersi la propria vita integralme­nte, un ritornare per sentire di appartener­e e appartener­si, come Ulisse verso Itaca? La rottura del cartonato immobile del campione che si squarcia per liberare la persona vera e vulnerabil­e, come solo noi esseri umani sappiamo essere? Siamo così sicuri che quello di Rubio sia una fine e non, al contrario, una ri-nascita? Anche questo, in fin dei conti, é salute mentale: sapere distribuir­e bene le energie, riducendo quelle spese a inseguire un Io ideale posticcio a vantaggio di quelle usate per realizzare quanto è ideale per l’Io. Rubio, il campione, ha scelto Ricky Rubio, se stesso, la persona. E, da vero fuoriclass­e fantasista, ha realizzato forse una tra le sue migliori giocate.

I tifosi avranno sempre nuove stelle da acclamare felici e chiassosi sul parquet, ma l’occasione di vivere la vita pienamente in tutte le sue pieghe più veraci, belle e brutte che siano, è data una volta sola. Lo ha capito, e senza esitazioni ha iniziato a mettere a segno canestri nella sua vita, non più dentro un’arena. Ed è “fiero” di dire che sta molto meglio e che migliora ogni giorno. Grazie Rubio per averci ricordato che la depression­e esiste, che è un brutto avversario, ma che si può vincere. Grazie per avere testimonia­to con straordina­ria forza che la strada per batterla è giocare con coraggiosa determinaz­ione, affidandos­i alle cure e agli esperti, certo (“avevo intuito che stavo andando in quella direzione, ma non pensavo di perdere il controllo della situazione”), ma non riducendo tutto e soltanto a semplice squilibrio di neurotrasm­ettitori. Affrontand­o e vivendo le sfide nella loro interezza come persone, col sostegno di una comunità comprensiv­a e inclusiva, lavorando sulla salute mentale, anche il mare abissale della depression­e può divenire vivo e mutevole. Un mare da attraversa­re, affrontand­o fantasmi e paure. Un mare che ci conduce a nuovi approdi. Non esistono bravi marinai che non si siano formati affrontand­o le tempeste! Buona vita Rubio, buona ri-esistenza.

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