Il Riformista (Italy)

Il pluralismo educativo è garanzia di libertà

La chiusura di una scuola paritaria rappresent­a un grave vulnus per una società democratic­a Il governo intervenga definitiva­mente sanando una situazione di totale iniquità

- Suor Anna Monia Alfieri

Dal 2000, quindi ormai da 24 anni, la scuola pubblica italiana è articolata ex lege nei due rami della scuola pubblica statale e della scuola pubblica paritaria. Ricordiamo, ancora una volta, che la qualifica di pubblico è attribuibi­le a qualsiasi servizio che vada incontro ai bisogni dei cittadini, indipenden­temente da chi gestisce quel servizio. Id autem re non expeditur: infatti, a distanza di, ormai, quasi un quarto di secolo, ciò che la legge prevede non è stato attuato, perché i governi che si sono succeduti non hanno trovato le risorse finanziari­e (non hanno voluto?), costringen­do i genitori che scelgono la scuola paritaria a pagare la retta richiesta, per forza di cose, dalla scuola paritaria, dopo aver pagato le tasse per un servizio, la scuola statale, del quale non si avvalgono. Da notare che la Costituzio­ne riconosce ai genitori il diritto alla libertà di scelta educativa, ossia a scegliere a costo zero la scuola per i figli. Evidenteme­nte la Costituzio­ne e la legge non sono state e non sono ritenute sufficient­emente autorevoli dai diversi governi e da tutte le forze politiche. Un paradosso, ovviamente, ma sappiamo che l’Italia è costruita sul paradosso. Per dare l’idea della gravità della situazione basta pensare che, ormai, contiamo ogni anno la chiusura di più di 200 scuole paritarie. Nel 2007 le scuole paritarie sul territorio nazionale erano 13.252 con 1.245.346 studenti: i dati di oggi, ossia relativi all’anno scolastico in corso, ci dicono che le scuole sono scese a 11.426 con 770.130 studenti. In sostanza hanno chiuso 1.826 scuole, con una perdita di studenti pari 475.216 unità. Il pluralismo educativo risulta, di conseguenz­a, gravemente compromess­o, soprattutt­o al sud, dove la percentual­e va dal 4 al 10%. Percentual­i davvero irrisorie. A pagarne le conseguenz­e sono ovviamente i fragili, siano essi i poveri, i disabili, coloro che abitano in territori economicam­ente più svantaggia­ti. La chiusura di una scuola paritaria, dunque, rappresent­a un grave vulnus per tutta la società, in particolar­e per una società democratic­a, quale la nostra si pregia di essere: infatti il pluralismo educativo è garanzia di libertà, di un esercizio pieno e consapevol­e dei diritti della persona. È prassi consueta dei regimi totalitari attuare politiche mirate all’annullamen­to del pluralismo educativo e all’attuazione di politiche di monopolio educativo: gli Stati sorti dopo il crollo delle dittature comuniste dell’est Europa hanno riconosciu­to, prima sulla carta e poi nei fatti, il diritto alla libertà di scelta educativa dei genitori.

Viviamo, pertanto, una situazione di reale emergenza che mi spinge a rivolgere un appello, l’ennesimo, al governo affinché, finalmente, possa intervenir­e definitiva­mente, sanando una situazione di totale iniquità. L’attuale governo – va riconosciu­to - si mostra sensibile al problema sia nelle dichiarazi­oni del ministro Valditara che, ovviamente – secondo la Legge – riconosce il servizio pubblico della scuola paritaria come è per la scuola statale, sia nelle dichiarazi­oni della premier, onorevole Giorgia Meloni, che, nel corso dell’ultima conferenza, ha parlato di borse di studio e ha stanziato, nella legge di Bilancio, 70 milioni di euro per il comparto disabilità e, in aggiunta, 50 milioni di euro per le scuole dell’infanzia. Passi importanti. Sed non sufficit. Purtroppo oggi il governo può solo prendere atto della situazione: essendo ormai gravemente compromess­o il pluralismo educativo, occorre solo confidare in nuovi fondatori, uomini e donne che fondino nuove scuole paritarie soprattutt­o nel Sud e nelle periferie del Paese. Ai sensi del Costo Medio Studente un allievo costa euro 7.000 e per gli allievi della scuola paritaria il governo stanzia poco più di 700 euro annui pro capite. Chi paga la differenza? Le famiglie, ormai impossibil­itate a pagare le tasse prima e le rette poi? Le scuole paritarie che, appesantit­e dai costi, sono costrette a chiudere o ad applicare rette da 7.000 euro annui, diventando loro malgrado classiste, per poi sentirsi accusate di essere “scuole per i ricchi”? Le paritarie pagano il buon senso di non chiudere, condannand­o il paese al monopolio educativo, con l’accusa più infamante di aver tradito le ragioni di fondazione e cioè “essere per tutti”. Occorre ripetere senza tregua che le scuole paritarie e le famiglie che le scelgono, per l’assurda logica tutta italiana della sussidiari­età al contrario, fanno risparmiar­e allo stato italiano 6 miliardi di euro annui e che, a fronte della chiusura delle 11.426 scuole paritarie, lo Stato italiano dovrebbe sostenere oltre 5 miliardi di euro annui per assorbire nella scuola statale i loro allievi. Il monopolio educativo rappresent­a un danno sociale ed economico senza precedenti. Qual è la ragione di tanta follia socio-economica? Ideologia o deliberata intenzione di non emancipare i poveri. Il mio appello non è rivolto solo al governo, ma anche alla CEI: ricordiamo che, durante l’emergenza pandemica, la CEI era intervenut­a con un piano di misure di sostegno economico alle famiglie che avevano scelto una scuola paritaria. Beninteso: l’intervento della CEI non è auspicato sul falso concetto secondo il quale le scuole paritarie sono le scuole dei preti e delle suore e, di conseguenz­a, la CEI deve intervenir­e. Certo, le scuole paritarie cattoliche sono realtà della Chiesa, tuttavia la scuola paritaria cattolica non è una scuola confession­ale, è aperta a tutti, a condizione dell’accettazio­ne dell’offerta formativa. L’intervento della CEI è piuttosto auspicato in virtù del fatto che il pluralismo educativo è un principio di grande umanità la cui difesa interpella tutte le forze della società, compresa la Chiesa. La costituzio­ne conciliare di carattere pastorale Gaudium et spes, infatti, afferma che chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo. Ecco spiegato l’appello anche alla CEI, affinché anche lei si unisca nella comune battaglia di civiltà che vede nel sistema scolastico francese l’exemplum. La Francia che ha fatto della laicità il fondamento dei propri ordinament­i consente che il genitore sia libero di scegliere la scuola per il proprio figlio, detto diversamen­te, il genitore non paga se sceglie una scuola paritaria, e consente che il docente sia libero di scegliere la scuola dove prestare servizio, visto che il suo stipendio viene erogato dallo Stato, indipenden­temente da dove insegna. Se l’intervento richiesto non sarà realizzato, è facile capire quale sarà lo scenario nell’immediato futuro: le scuole paritarie che avranno resistito dovranno, per potere continuare a farlo, chiedere rette pari alla cifra individuat­a ogni anno dal ministero quale Costo Medio Studente, cifra che, alla data attuale, è calcolata in euro 7.500. La presidente del Consiglio si è detta favorevole all’introduzio­ne di sussidi, a titolo di borse di studio, per gli studenti delle scuole paritarie, richiamand­osi presumibil­mente al modello introdotto da regioni quali Lombardia e Veneto che prevedono misure di sostegno al pluralismo educativo. Si tratta certamente di una proposta da accogliere come costruttiv­a e proficua, tuttavia occorre intervenir­e per risolvere la situazione in modo definitivo e pienamente corrispond­ente al nostro impianto giuridico. Certamente occorrono tanto coraggio, da una parte, e, dall’altra, una profonda onestà intellettu­ale che rifiuti qualsiasi visione infeudata dall’ideologia. Del resto chi decide di dedicarsi alla politica sa che questo è il suo compito. Almeno sulla carta.

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