Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer
Era arrivata in Italia per fotografare l’arte del posto, i monumenti di Roma e Firenze che andavano catalogati e studiati dai suoi colleghi storici dell’arte. Però ha finito per innamorarsi del Belpaese e rimanerci più del dovuto, immortalando non solo le bellezze storico artistiche ma soprattutto le persone, gli angoli popolari, le tradizioni e le abitudini di paesi interi. Ora parte del lavoro di testimonianza di Hilde Lotz-Bauer (1907-1999) è esposto al Museo di Roma in Trastevere fino al 5 maggio 2024 nella mostra “Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer”. Un centinaio di scatti realizzati dalla fotografa tedesca, per la prima volta esposti insieme, che raccontano la qualità del suo lavoro e allo stesso tempo l’Italia degli anni Trenta, quando Lotz-Bauer attraversò tutta la penisola fino alla Sicilia raccogliendo immagini in un centinaio di paesi e città e arrivando così a collezionare circa 7000 immagini del Paese. La sua fotografia, ovviamente in bianco e nero, realizzata con macchine fotografiche Leica a lastra di vetro, è una sorta di fotogiornalismo, poiché spesso Hilde catturava scene e persone senza che queste nemmeno se ne accorgessero, cogliendo l’attimo più significativo e liricamente narrativo e tramandando in questo modo immagini uniche, che altrimenti sarebbero andate perdute, una storiografia della gente comune fondamentale per capire i grandi eventi.
Con una formazione di storica dell’arte, Lotz-Bauer aveva cominciato a fotografare disegni per il suo primo marito Bernhard Degenhart, celebre studioso di disegno italiano. La qualità del suo lavoro la rese ricercata da molti studiosi d’arte; sbarcata a Roma nel 1934, grazie ad una borsa di viaggio presso la Bibliotheca Hertziana, cominciò a eseguire fotografie su commissione come quelle per il progetto sui Castelli di Federico II nell’Italia meridionale diretto dallo storico dell’arte Leo Bruhns o come le fotografie dei monumenti medievali e rinascimentali di Firenze, commissionate dal direttore dell’Istituto Storico di Firenze Friedrich Kriegbaum nel 1939 che ci consegnano un’immagine della città unica, prima delle bombe naziste della seconda guerra mondiale, con edifici e ponti ancora intatti.
Molte delle immagini in mostra raccontano il suo lavoro in Abruzzo: qui Lotz-Bauer rimase incantata dalle tradizioni, dalle feste condivise da tutti gli abitanti dei piccoli centri così come dalla loro vita quotidiana, in cui le donne sono immortalate nei costumi tradizionali fatti a mano, al punto da sembrare piccoli dipinti, sicuramente opere d’arte. La fotografa curava ogni dettaglio delle proprie immagini, realizzando lavori davvero unici.
È la narrazione di un’Italia lontana nel tempo e nei modi, in cui le automobili praticamente non esistevano, le donne trasportavano legna e panni da lavare sulla testa e costituivano una comunità compatta, attiva e collaborativa; vedute dei mercati cittadini in cui si vendono prodotti impensati, di metodi di lavoro nei campi affascinanti e perduti con l’arrivo della strumentazione automatica, di una Roma ancora romana, senza turisti ad affollare le strade, le vedute affascinanti sui fori e sui monumenti interrotte solo occasionalmente da ragazzine e innamorati. Le immagini esposte furono presentate per la prima volta a fine anni Settanta in mostre sia a Firenze che a Bonn e Londra - sede dell’archivio ufficiale della fotografa -, a cui seguirono numerose esposizioni sia nel nostro paese che all’estero. L’amore di Hilde per l’Italia, che lei considerò sempre come la sua prima casa, fu tale che è sepolta a Roma, nel cimitero acattolico di Testaccio; questo doveroso omaggio espone l’opera della fotografa realizzata nel decennio 1934-1943 che proviene da quattro archivi differenti ed è stata curata da Federica Kappler in collaborazione con la figlia di Hilde, Corinna Lotz, mettendo in dialogo i lavori su commissione e la fotografia di reportage, sua espressione più spontanea e autentica.