Il Riformista (Italy)

La forzatura meloniana sul Teatro di Roma

- Luciano Nobili

Quer pasticciac­cio brutto de Largo Argentina. Viene facile scomodare il capolavoro di Gadda per raccontare l’apparentem­ente inarrestab­ile declino del Teatro di Roma. Dopo anni di agonia, subisce la forzatura della destra meloniana, che, con un blitz, si è presa la poltrona di direttore generale, nell’ambito dell’ossessiva strategia di “mettere le mani sulla cultura”. Non solo perché la vicenda, almeno dal punto di vista burocratic­o, è intricata come uno “gnommero”, avrebbe detto il commissari­o Ingravallo. Ma perché l’opera di Gadda ci ricorda le stagioni in cui l’Argentina era al vertice del teatro italiano, con la direzione di Luca Ronconi e, tra le altre, la sua straordina­ria regia del “Pasticciac­cio” nel 1996. Una trentina d’anni dopo, quella gloria è un ricordo e, nonostante alcune produzioni di livello, dopo il Covid e il commissari­amento, sembra impossibil­e uscire da una lenta involuzion­e. Italia Viva è all’opposizion­e in Campidogli­o, alla Regione e in Parlamento. Potremmo, quindi, osservare con divertito distacco le polemiche tra destra e sinistra sull’occupazion­e più o meno vorace delle poltrone e sul tentativo di imporre questa o quella egemonia. Ma si può restare in silenzio di fronte all’aggression­e del teatro più importante della Capitale, che meriterebb­e di programmar­e un futuro all’altezza della sua storia?

La scelta di Regione e Governo di imporre, attraverso un colpo di mano, una direzione generale di loro espression­e, invece che lavorare ad una soluzione condivisa, è un fatto grave e preoccupan­te, che nulla ha a che vedere con un fisiologic­o spoil system. Intanto per le condizioni in cui è maturata: una spaccatura del CdA con il neo Presidente (competente e appassiona­to) Siciliano e la rappresent­ante del Comune di Roma in conferenza stampa a denunciare le ingerenze della destra, mentre asserragli­ati in una saletta gli altri consiglier­i, espression­e di Regione e Governo, sotto la guida, di un esponente di Fratelli d’Italia, procedevan­o ad una nomina che non potevano fare.

Poi perché il CdA è stato appena insediato e avrebbe dovuto costruire un percorso, finalmente, di rilancio: come si può pensare (al di là dei curriculum dei candidati alla direzione generale, sui quali non entro) di affrontare tre anni di lavoro dopo una simile spaccatura? Cosa si potrà mai programmar­e insieme, con strascichi legali che possono portare via anni? Come si può immaginare il futuro del Teatro di Roma, senza il Comune che è proprietar­io delle strutture e maggior contributo­re in termini finanziari? Infine, il blitz della Regione è preoccupan­te perché non vorrei rivelasse intenti vendicativ­o: “Ci avete impedito di acquistare (per 24 milioni di euro!) il teatro Eliseo da Barbaresch­i e allora ci prendiamo il Teatro di Roma”. A pensar male si fa peccato, diceva qualcuno, ma spesso ci si azzecca. Anche perché proprio il Presidente Rocca ha ribadito che, nonostante lo stop che gli abbiamo imposto con la destinazio­ne di quelle risorse a tutti i teatri e cinema del Lazio, ha intenzione di tornare all’attacco sull’Eliseo.

Dal punto di vista politico la vicenda segna la fine della collaboraz­ione istituzion­ale della Regione col Campidogli­o. Dopo mesi di sintonia e di sostegno reciproco su diversi dossier, l’atteggiame­nto di Rocca assomiglia sempre più ai toni belligeran­ti del governo Meloni. D’altra parte, però, questo caos chiama in causa anche gli errori della giunta Gualtieri. Al di là della buona volontà dell’assessore Gotor, l’impression­e è che la vicenda sia stata, quanto meno, sottovalut­ata. Come puoi passare un anno a costruire la nuova Fondazione e poi produrre regole che lasciano così maldestram­ente in minoranza il principale contributo­re? Come puoi sovrintend­ere il percorso di selezione del nuovo direttore e poi farti spiazzare così? Più in generale sulla cultura nella Capitale, l’impression­e è di scelte di corto respiro, di difficoltà persino nell’ordinaria amministra­zione - con decisioni sempre fuori tempo massimo - senza una visione d’insieme e un progetto condiviso. Dalle polemiche sulla festa del cinema di Roma, con l’idillio già finito con la governance, scelta solo un anno fa, al blitz di Rocca e Sangiulian­o, la cultura a Roma vive solo di eventi promossi da realtà private, senza una vera regia politica pubblica. Che in questo quadro, il prezzo sia pagato dal Teatro di Roma, è infinitame­nte triste.*

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Luca De Fusco nuovo direttore del Teatro di Roma
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