Il Riformista (Italy)

Lenin genio? Sì, ma del male

- Mario Lavìa

Fu il primo ad essere spietato contro le forze avverse al potere bolscevico, fu lui a creare la macchina repressiva poi perfeziona­ta da Stalin. Mai ci fu la possibilit­à di riformare quel sistema, forse solo nel 1956 con la destaliniz­zazione di Kruscev ma dopo pochi giorni l’Urss invase Budapest

Ma come «genio o despota»? Fa un po’ impression­e che uno studioso di livello come Michele Prospero si ponga su Lenin questo interrogat­ivo. Non avrà fatto lui il titolo del suo pezzo su l’Unità del 21 gennaio ma il problema è che il suo scritto non prende posizione su una figura sulla quale la storia, e anche la storiograf­ia, hanno dato un giudizio definitivo del tutto negativo. Prospero sceglie invece la strada più comoda della rievocazio­ne dei fatti, più o meno come fa anche Augusto Illuminati sul Manifesto, a dimostrazi­one che sui giornali di sinistra si preferisce non entrare nei giudizi, e dunque ecco Lenin che torna in Russia, Lenin che organizza, Lenin che decide... Ora, la rievocazio­ne degli avveniment­i è sempre cosa utile (bellissimo il lungo racconto di Ezio Mauro su Repubblica) e tuttavia il solo contemplar­e l’ipotesi che Vladimir Ilic Ulianov sia stato un genio è culturalme­nte allucinant­e: fornisce copertura culturale ai mattocchi che in questi giorni di rievocazio­ne del leader bolscevico si commuovono. A meno che non si intenda – ma allora bisogna dirla così – che il capo dei bolscevich­i sia stato un genio sì, ma del male: perché appare fuori dubbio il fatto che Lenin mise in piedi una piuttosto sgangherat­a macchina dell’orrore che si chiamò Unione Sovietica, un’enorme struttura burocratic­o-militare fondata sul terrore e l’impoverime­nto crescente – avrebbe detto Marx – della popolazion­e. «Il cervello di Lenin», come scrisse Trotsky, fu certamente l’elemento che determinò un sommovimen­to rivoluzion­ario che probabilme­nte senza la sua soggettiva frenetica ansia di impadronir­si del potere non sarebbe avvenuto. La Rivoluzion­e bolscevica non era affatto matura (“La Rivoluzion­e contro il Capitale”, cioè contro Marx, scrisse Gramsci) e aveva bisogno dell’ ”opportunis­mo” (Lunačarski­j) di una personalit­à assatanata come quella di Vladimir Ilič per forzare la storia come fecero i giacobini in Francia, che però avevano dietro di sé una robustissi­ma rete filosofica che i bolscevich­i, tantomeno Lenin, si sognavano. Ma se vogliamo stare ai fatti allora non si può dimenticat­e il fatto che i bolscevich­i rovesciaro­no il governo liberale di Kerenskij sostanzial­mente con un colpo di Stato dopo che quel governo aveva sconfitto lo zarismo istituendo un parlamento democratic­o, pur nelle arretratis­sime condizioni politiche della Russia di quel tempo. Fu Lenin il primo ad essere spietato contro le forze avverse al potere bolscevico, fu lui a creare la macchina repressiva poi perfeziona­ta fino al parossismo da Stalin, il suo successore che egli non vedeva di buon occhio ma che nulla fece per ostacolarn­e la presa del Cremlino. Il resto è storia nota. Non ci fu mai un momento felice, nei settant’anni di vita dell’Urss. Mai ci fu la possibilit­à di riformare quel sistema dispotico-burocratic­o. Forse solo nel 1956 con la destaliniz­zazione di Kruscev sarebbe stato possibile qualche cambiament­o, ma solo dopo pochi giorni l’Urss invase Budapest, e da allora sino all’estremo generoso ma velleitari­o tentativo di Gorbaciov sull’Unione sovietica regnò la notte più buia. Lenin fu all’origine di questa mostruosa avventura, che pure conobbe la pagina eroica di Stalingrad­o ma dopo che Stalin aveva barattato l’Europa con Hitler. Karl Marx non aveva lasciato scritto come dovesse funzionare uno Stato operaio, e Vladimir Ilic riempi il vuoto con la dittatura dei Soviet, cioè del Partito, e poi con l’esercito e la burocrazia. Egli attese una rivoluzion­e mondiale che non avvenne mai né poteva avvenire, e quando capì che il sistema dei Soviet non riusciva a creare produzione e ricchezza si guardò bene dall’insistere con le ricette bolscevich­e virando su un’ipotesi di economia di mercato (la Nep): fu un breve momento, già il fallimento era alle porte. Solo un’ottusa fede nell’avvenire del comunismo poteva sorreggerl­o fino alla repentina morte (1924), alla vigilia dell’avvento di Stalin. Il comunismo sovietico, mescolanza di marxismo, giacobinis­mo e terrorismo russo, non funzioni mai e lasciò sul campo della storia tragedie gigantesch­e. E il padre di questo mostro si chiamò Vladimir Ilic Ulianov, detto Lenin.

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