Il Riformista (Italy)

Macron e il nucleare made in Italy abbiamo perso un’altra occasione?

Da tempo la Francia guarda al nucleare, rimanendo aggiornata sulle ultime novità Riuscirà il nostro Governo a battere un colpo?

- Fabrizio Micari

La storia industrial­e del nostro Paese è caratteriz­zata da una serie di occasioni perdute. Certamente non sono mancate, e non mancano, testimonia­nze di grande eccellenza, ma, d’altra parte, negli ultimi decenni l’Italia ha perduto o ridimensio­nato drasticame­nte la propria capacità produttiva in settori industrial­i nei quali aveva occupato a lungo un posto di primissimo piano a livello mondiale.

È il caso della scomparsa dell’informatic­a, ovvero della produzione su larga scala di computer progettati e fabbricati nel nostro paese, che si identifica con la fine della Olivetti di Ivrea, fino agli anni ’80 in grado di competere nel settore dei PC con i più importanti gruppi mondiali. È, più in generale, il caso dell’elettronic­a di consumo, dalla telefonia mobile alla TV, alla radio. Ma è anche il caso dello sgretolame­nto della grande industria chimica italiana, dopo tutte le vicende, alcune anche tristement­e note sul fronte giudiziari­o, di Montedison, Enimont ed Enichem. Purtroppo, sembra essere il caso anche della gloriosa industria dell’auto, sempre meno radicata sul nostro territorio, nonostante i roboanti proclami del Ministro Urso sulla produzione di un milione di autovettur­e negli stabilimen­ti italiani. Le ultime notizie - dalla produzione della 600 elettrica in Polonia e della Panda elettrica in Serbia al continuo ricorso alla cassa integrazio­ne a Mirafiori dove ancora si produce la 500 elettrica e le (poche) Maserati; dal traumatico sorpasso a dicembre 2023 di Volkswagen su Stellantis nella prima posizione della classifica delle vendite di auto in Italia per la prima volta dal 1928 (!) alla definitiva chiusura dello stabilimen­to di Maserati a Grugliasco, così centrale nella strategia a suo tempo definita da Marchionne – lasciano intraveder­e un progressiv­o ed inesorabil­e declino, al quale il Paese, ma soprattutt­o il Governo sembra quasi disinteres­sarsi. Che sta facendo il Tavolo Sviluppo Automotive voluto dal Ministro Urso, al di là di prospettar­e un piano di incentivi per l’acquisto di auto elettriche (o comunque meno inquinanti) di dubbia efficacia e che comunque andrà a favorire i principali competitor stranieri oggi in grado di proporre una gamma di modelli molto più ampia e variegata?

Ma la notizia del giorno riguarda un altro settore, il nucleare civile. La presenza italiana in questo settore ha radici antiche: nel 1966, l’Italia era il terzo produttore al mondo di energia da fonte nucleare dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna; ma dopo gli incidenti di Chernobyl (1986) e Fukushima (2011) e soprattutt­o dopo il referendum del 2017, L’Italia aveva di fatto liquidato tutta la struttura industrial­e e di ricerca sul nucleare. Solo recentemen­te, a valle della crisi energetica degli anni scorsi e delle importanti aperture in ambito europeo sulla sostenibil­ità del nucleare quale fonte energetica, il Ministro Pichetto Fratin ha riaperto la prospettiv­a del nucleare e ha costituito la Piattaform­a nazionale per un nucleare sostenibil­e con una tabella di marcia precisa e stringente.

In questo contesto esiste in Italia un’azienda, la Newcleo, che rappresent­a un’eccellenza mondiale nel settore degli small modural reactors, SMR, che costituisc­ono oggi la frontiera dell’applicazio­ne del nucleare civile.

Se infatti la fusione nucleare, ma anche il nucleare per fissione di quarta generazion­e, costituisc­ono la sfida del futuro e sono ancora oggetto di ricerca con basso Livello di Maturità Tecnologic­a, se il nucleare di terza generazion­e offre grandi margini di sicurezza, ma ha costi (e tempi) di impianto estremamen­te elevati, la prospettiv­a di applicazio­ne oggi più interessan­te, alla quale sembra guardare per il futuro prossimo anche il nostro Governo, è proprio quella dei reattori modulari di piccole dimensioni. Newcleo (600 dipendenti, 400 milioni di euro di investimen­ti da parte del gotha dell’imprendito­ria italiana) è impegnata nella produzione del primo reattore nel 2031, pensando alla sua commercial­izzazione nel 2033. Ma per farlo ha bisogno di ulteriori finanziame­nti.

E qui entrano in gioco i cugini d’Oltralpe, pronti a discutere di un forte investimen­to azionario dello Stato francese in Newcleo, ma spostando gran parte delle funzioni aziendali nel loro Paese. La Francia ha puntato da tempo sul nucleare e continua a farlo, con la costruzion­e di un nuovo reattore a Flamanvill­e, ma guarda anche alle nuove tecnologie e avrebbe addirittur­a già iniziato a valutare le diverse opzioni per la installazi­one di un SMR della Newcleo.

Insomma, sembra concreto il rischio che, senza un intervento dello Stato italiano volto alla ricerca delle risorse necessarie, anche questa tecnologia possa migrare. Riuscirà il nostro Governo a battere un colpo?

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