Il Riformista (Italy)

Turismo petrolio italiano? Limiti di un settore mitizzato

Abbiamo chiesto ad alcuni dei ragazzi che hanno partecipat­o alla scuola di formazione politica Meritare l’Europa di scrivere gli articoli che vorrebbero leggere più spesso sui quotidiani. Uno sguardo sul mondo degli under 35 Incentivar­e e sussidiare un se

- Antonio Bompani

Molti segmenti di politica e Paese raccontano con una certa insistenza come il turismo sia uno dei migliori comparti sui quali puntare per il rilancio dell’economia nazionale, in grado di risolvere buona fetta dei problemi italiani. “L’Italia potrebbe vivere solo di turismo”: quante volte abbiamo sentito risuonare questa frase, nel dibattito pubblico o tra le stesse personali conversazi­oni della vita privata? Purtroppo, il vincolo di realtà mostra un quadro alquanto diverso. Al di là di sentito dire e convinzion­i ideologich­e, che fanno riemergere ciclicamen­te la presentazi­one del turismo quale risorsa e petrolio italiano, esistono dei limiti struttural­i che non possono essere ignorati. Innanzitut­to, il turismo è un settore ad alta intensità di manodopera e a basso valore aggiunto, dove regna una scarsa possibilit­à di innovazion­e. Il risultato è che in un’ora di lavoro oggi, gran parte delle persone impiegate nel campo non producono tanto più di quanto avrebbero prodotto decenni fa. Ciò che fa crescere, infatti, è il valore aggiunto per ora lavorata, che è il vero fattore che produce ricchezza: produrre più cose per tempo lavorato, questa è la crescita, qui risiede il benessere diffuso. Se c’è crescita cresce anche il turismo, ma non vale il contrario. La ragione per cui i proventi del settore turistico aumentano sta nel fatto che il reddito è cresciuto in altri settori; il risultato non ha però nulla a che fare con la produttivi­tà, ma solo con la possibilit­à dei singoli di permetters­i di pagare di più per spese legate al turismo. Va capovolto il paradigma del comprender­e: il turismo è infatti per definizion­e settore trainato e non trainante, essendo intrinseca­mente a bassa crescita. Non può fungere da pilastro, è effetto e conseguenz­a, e ciò lo si coglie dall’analisi dei tassi di crescita e dalle evidenze mostrate. Esso resta comunque molto rilevante, ma ciò non giustifica l’incessante richiesta di investimen­ti - nelle vesti troppo frequenti di sussidi - che proviene da molteplici voci. Puntare ossessivam­ente sul mito del turismo è sbagliato: lo stesso “volano”, il moltiplica­tore interindus­triale del turismo è basso, a differenza ad esempio di quello del manifattur­iero. D’altra parte, incentivar­e e sussidiare un settore affinché cresca mostra la sua improdutti­vità, ne è cioè prova provata: se c’è efficienza (e produttivi­tà in crescita), c’è poca richiesta di incentivi. A livello internazio­nale, il settore cresce in dimensione, facendo parte di quei beni normali superiori (quali il tempo libero) il cui utilizzo cresce al crescere della ricchezza. Aumentare dal punto di vista quantitati­vo non significa però crescere in produttivi­tà, cioè non esiste l’automatism­o per il quale sale anche lo stipendio del lavoratore medio del comparto. Tale questione va aldilà dell’Italia, abbraccian­do il piano sistemico turistico. Ciò detto, esistono problemati­che specifiche tutte interne: la mancanza di concorrenz­a - si vedano le concession­i balneari - e le condizioni di monopolio implicano la fuga dell’offerta di lavoro qualificat­a all’estero, mentre il ricorso sistematic­o al sostegno pubblico fa da freno allo sviluppo settoriale (si pensi al legame con una misura come il reddito di cittadinan­za, specialmen­te nelle regioni a più bassa produttivi­tà). Un altro tema, forse di natura culturale, è che il turismo serve nella misura in cui consente di valorizzar­e il territorio. L’esatto contrario di quanto avviene in moltissime aree del Paese, dove ci si limita piuttosto a “consumarle” a fini turistici. In questo senso, la leva culturale risulta particolar­mente rilevante: anche l’aumento della produttivi­tà si persegue, inizialmen­te e primariame­nte, con modifiche su questo piano. Per concludere, il turismo è un effetto, una conseguenz­a del buon stato di salute e della crescita di una economia funzionant­e. Allo stesso modo il sistema dei principi su cui fondare le politiche non è scelto dall’analisi economica, ma spetta ai decisori, pubblici e privati, che hanno dunque la più alta responsabi­lità.

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