Macchie di colore al Palazzo Martinengo
Il mare, la campagna, gli animali. Ma soprattutto la luce, i colori, il chiaroscuro penetrante: sono questi gli elementi che catturano l’occhio nei dipinti dei Macchiaioli, gruppo di pittori che nella seconda metà dell’Ottocento a Firenze rivoluzionarono l’arte accademica proponendo una rappresentazione vivace e immediata, costruita attraverso cromatismi giustapposti per pennellate, “macchie di colore” appunto. Fino al 9 giugno è aperta una grande esposizione al Palazzo Martinengo di Brescia, curata da Francesca Dini e Davide Dotti, di oltre cento capolavori dei protagonisti di questa avanguardia: Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Odoardo Borrani e altri ancora.
Ultimo baluardo della figuratività prima del dissolvimento impressionista della forma nel colore, i macchiaioli dipingono un mondo raffinato e pacato, lirico per situazioni e sfumature, una sorta di canto alla borghesia che si andava affermando e alle idee progressiste che portarono all’unificazione del Paese. Così nel dipinto “Cucitrici di camicie rosse” di Borrani, quattro donne sono riunite non più semplicemente per ricamare come avveniva un tempo per passare il tempo, ma per cucire quelle che erano un simbolo politico - e se non fosse stato sufficientemente chiaro l’artista ha appeso a una delle pareti del salotto in cui si trovano un ritratto di Garibaldi -, in una rappresentazione affatto sentimentale ma lucidamente impegnata, intenzionalmente realizzata per ispirare e trasmettere idee patriottiche, in cui anche le donne hanno un ruolo fondamentale; nell’opera di Fattori “L’appello dopo la carica”, il drappello di soldati è rappresentato non nella gloria dello scontro ma nel momento della stanchezza, della raccolta prima del ritorno; o ancora nella “Caccia alle anatre” di Angelo Tommasi la serenità delle tre ragazzine è espressione di una quotidianità di valore. Nonostante le sfumature di ciascuna personalità, i lavori dei Macchiaioli trasmettono la poetica della campagna, del legame con la natura, la bellezza degli spazi aperti, sottolineata dai tagli lunghi delle rappresentazioni, l’importanza della vita quotidiana, del lavoro, la solidità della comunità. Come scrive nel catalogo la curatrice Francesca Dini: «I Macchiaioli seppero dunque inserirsi nel processo di democratizzazione dell’arte avviato dalla comunità di pittori operosa nel villaggio di Barbizon (...): alla rappresentazione degli eroi e dei grandi avvenimenti della storia passata, tutti questi artisti preferivano la realtà domestica e quotidiana delle comunità rurali e dei vicini pascoli, colti dal vero, en plein air».
Il nome “Macchiaioli” era stato affibbiato ai pittori del gruppo nel 1862 da un giornalista della Gazzetta del Popolo di Firenze, che in questo modo intendeva criticare i modi del loro fare pittura per macchie di colore, giocando peraltro sul doppio senso di “darsi alla macchia” con il significato di agire illegalmente; ma gli artisti brillantemente rilanciarono facendo loro il nomignolo, divenuto in seguito riferimento fondamentale per le principali comunità artistiche europee.
Allestita in dieci sezioni che si focalizzano sulle tematiche principali degli artisti e sui luoghi in cui si trovavano - in primis i caffè fiorentini e la costa toscana - oltre che sulle tecniche e sull’evoluzione stilistica che seguono i primi e i secondi esponenti della corrente, la mostra racconta l’intero percorso seguito dai pittori del gruppo per trovare la propria strada in opposizione alla paludata pittura accademica: come scrisse Ugo Ojetti di Fattori: «Fu innovatore non per moda, ma perché il suo spirito precorreva i tempi, tanto che ai giovani artisti che egli stimava, non indicava mai la maniera di dipingere, il che avrebbe voluto dire, secondo lui, combattere un’accademia per crearne un’altra».
Gran parte delle opere in mostra provengono peraltro da collezioni private, quindi abitualmente inaccessibili, cosa che fa di questa esposizione un’occasione piuttosto rara di vedere tutti insieme tanti dipinti della corrente toscana.