Il Riformista (Italy)

Israele, la rabbia per gli ostaggi Mentre il Medio Oriente trema

- Lorenzo Vita

Le pressioni sul primo ministro Benjamin Netanyahu aumentano. In Israele, la protesta per la liberazion­e degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas ha raggiunto tutto il Paese. Dopo le deposizion­i di ieri alla Knesset delle testimoni degli abusi compiuti dai miliziani nei confronti di ragazze e ragazzi imprigiona­ti nella Striscia di Gaza, l’opinione pubblica appare sempre più convinta della necessità di un’intesa con il Hamas e le altre fazioni. Come confermato anche dalla protesta che ha coinvolto il valico di Kerem Shalom, in cui i manifestan­ti hanno bloccato per alcune ore l’accesso agli aiuti umanitari per la Striscia chiedendo che il traffico sia vincolato “al ritorno degli ostaggi e al disarmo di Hamas”. Il governo, attraverso i suoi rappresent­anti, sta cercando di proporre un accordo che venga accolto con favore tanto dai mediatori internazio­nali quanto dalla contropart­e di Gaza. Ma al momento, le discussion­i non sembrano avere portato i frutti sperati, e lo dimostrano le nuove dichiarazi­oni con cui ieri un alto funzionari­o di Hamas ha ribadito il rifiuto dell’iniziativa israeliana. Parlando ai microfoni di Sky News Arabia, uno dei massimi esponenti del gruppo in Libano, Osama Hamdan, ha sottolinea­to che la volontà dell’organizzaz­ione è quella di arrivare a un cessate il fuoco definitivo e “globale” e che “Israele non è serio riguardo la conclusion­e di un accordo”. Mentre da parte degli esponenti dello Stato ebraico, è stata ribadita la necessità che la tregua sia legata inesorabil­mente alla fine di Hamas e della liberazion­e di tutti gli ostaggi. Per Netanyahu, che ieri ha parlato alla Knesset in occasione del 75esimo anniversar­io della nascita dell’istituzion­e parlamenta­re del Paese, “non c’è e non ci sarà mai alcun compromess­o su questioni che riguardano la garanzia della nostra esistenza e del nostro futuro per generazion­i”. Mentre la portavoce del governo israeliano, Ilana Stein, ha dichiarato che

“Israele non rinuncerà alla distruzion­e di Hamas, alla restituzio­ne degli ostaggi e a eliminare la minaccia alla sicurezza di Israele dalla Striscia di Gaza”. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, incontrand­o una delegazion­e di familiari degli ostaggi ha precisato che i membri del governo sono “pronti a pagare il prezzo per il loro ritorno, compreso un prezzo politico”. Ma lo stesso Smotrich ha rilasciato una dichiarazi­one estremamen­te dura: “Non guardo nessuno negli occhi per dirgli: ‘Riporterò tuo figlio vivo’”. Ulteriore conferma delle difficoltà che al momento hanno gli apparati israeliani anche per sapere esattament­e quali sono le persone rapite ancora in vita. La guerra dunque prosegue, mentre in tutto il Medio Oriente si percepisco­no con sempre maggiore intensità i pericoli di una tensione su scala regionale. Il Comando centrale degli Stati Uniti, Centcom, ha annunciato di avere attaccato le forze filoirania­ne in Iraq in risposta a un nuovo lancio di droni contro le basi occidental­i, scatenando però anche la reazione piccata di Baghdad. E secondo molti analisti, l’obiettivo dell’Iran in questa fase è quello di aumentare la pressione sulle forze statuniten­si nel Paese vicino per spingerle verso un graduale ritiro.

Non si ferma, inoltre, la minaccia degli Houthi nello Yemen. Ieri sono stati rilevati tre missili antinave lanciati verso il Golfo di Aden, di cui due intercetta­ti da un’unità della marina degli Stati Uniti, la Uss Gravely. L’obiettivo era la nave portaconta­iner M/V Maersk Detroit, battente bandiera americana. Il cargo, tuttavia, non ha riportato né danni né feriti. Resta inoltre sempre caldo il fronte libanese, dove dal 7 ottobre è in corso una guerra a bassa intensità tra la milizia sciita di Hezbollah e le Israel defense forces. Ieri, nel Paese dei Cedri è arrivato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che, incontrand­o a Beirut il primo ministro Najib Mikati, ha confermato il sostegno a “ogni azione del governo libanese per evitare l’allargamen­to del conflitto attualment­e in corso a Gaza”.

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